DA CHE GUEVARA A CHE LENTANO

Lo smarrimento è totale anche nella Sinistra canzonettara. Paolo Martini (La Stampa 4/5) riferisce quel che è successo al concertone del Primo Maggio, liturgia di massa del sinistrismo.
Il “pezzo forte” dall’estero è stato l’anteprima del nuovo brano di Bruce Springsteen “Long Walk Home” che esalta – udite udite – la bandiera yankee, sì, proprio quella che nei cortei rossi capita da anni di veder bruciare.
Bruce cantava “la bandiera che ci dice che cosa dobbiamo fare” e al concertone prendeva applausi a scena aperta.
Del resto il festeggiato del concertone sindacale (per i 70 anni del cantante) è stato quell’Adriano Celentano che – nota Martini – all’edizione 1970 di Sanremo, subito dopo l’autunno caldo, portò nientemeno “Chi non lavora non fa l’amore”.
Clamoroso sberleffo alla Triplice. Aggiungerei che poi – in tempi di referendum sul divorzio – lanciò “La coppia più bella del mondo” e con ciò il ritratto democristiano del Molleggiato è completo.
Ora la Sinistra ne fa una sua icona. Da “Che Guevava” a “Che Lentano”.
Resta ancora veltroniano Jovanotti che però esordì in un modo che oggi diremmo “berlusconiano”, tale che gli valse i fulmini di Michele Serra.
Il quale Serra, riabilitandolo dopo vari anni, scrisse: “Jovanotti nacque al successo proprio in mezzo a quella deriva etica e politica che chiamammo ‘riflusso’, nei primi anni Ottanta, e ne fu uno degli espliciti cantori.
Esprimeva allegro menefreghismo, voracità vitalistica, disimpegno, discotechismo spensierato, consumismo sfrontato”.
Poi diventò “impegnato”. Ora, al magazine femminile del Corriere della sera (Io Donna, 3/5) ha fatto una rivelazione: il cuore della sua canzone “Mi fido di te”, adottata dal Pd come inno, non è nel titolo, ma nella frase: “cosa sei disposto a perdere?”.
Veltroni e compagni l’hanno fatta sentire in centinaia di piazze d’Italia e gli elettori devono aver riflettuto su quella domanda pensando a Visco.
Si sa poi com’è andata. Non portò bene.

SPOSI NOVELLI

Ma l’intervista si raccomanda per il titolo, “Marcia nuziale rap” e per la rivelazione che Jovanotti, alla tenera età di 41 anni, ha deciso di sposare la sua compagna con cui vive da 14 anni e che gli ha dato una figlia.
Bella decisione, ma così motivata: “se mi succede qualcosa, chi gestisce il mio catalogo? I miei diritti d’autore?”.
Comprensibile, per carità, ma da chi ha appena lanciato “A te”, una bellissima canzone d’amore, ci si aspetterebbe forse (anche) qualcosa di più romantico per motivare un matrimonio.
Invece il Nostro appare preoccupato del patrimonio.
Come un imprenditore brianzolo tiene all’aziendina. Giusto e lecito. Ma viene da pensare a tutti i ragazzi che ascoltano quel suo pontificare sulla “grande Chiesa, che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa”.
C’è qualcosa che non si capisce nell’ “impegno” di questi cantanti-predicatori.
Comunque Jovanotti è un tipo intelligente. All’intervistatrice per esempio ha regalato questa perla: “Se hai il senso del ridicolo questo mestiere non lo fai”.

COMPROMESSI SPOSI

“Sostenere che ‘I promessi sposi’ non sono un romanzo cattolico, ma un’opera pervasa da un radicale nichilismo anticristiano, e che Alessandro Manzoni non è stato mai credente, nemmeno quando si è ‘convertito’, costretto a fingere di esserlo per tutta la vita” è l’intenzione dirompente del volume di Aldo Spranzi: “L’altro Manzoni”.

Un saggio affascinante. E a pubblicare una tale bomba non è il laicissimo editore Kaos, ma la Ares, che edita “Studi cattolici”, ufficiosamente vicino all’Opus Dei.
Che sta succedendo? E’ una rivoluzione della nostra cultura nazionale? Vale la pena discuterne. A meno che, invece, non si preferisca aprire “er dibbattito” sul nuovo libro di Scalfari…

Fonte: © Libero – 6 maggio 2008