I GATTI DI TOGLIATTI

Non si potrà più dire che, dopo le ultime elezioni, i comunisti in Italia sono ormai quattro gatti. Infatti, ci fa sapere il Giornale (22/8), erano ben cinque, il 21 agosto scorso, alla commemorazione di Togliatti, al cimitero del Verano, per l’anniversario della morte del leader del Pci.
Precisamente due dirigenti nazionali del Pdci (Marino e Tibaldi) e tre nuove leve della Fgci (la notizia è ghiotta: esiste ancora la Fgci).
Si può ironizzare all’infinito sui congressi da fare nelle cabine telefoniche o in una cinquecento, ma la sparizione dei comunisti dal parlamento italiano avvenuta con le ultime elezioni, un avvenimento storico, non è stata accompagnata da uno straccio di riflessione vera della cultura italiana, che tanto conformisticamente subalterna al Pci è stata dal 1945 in poi.

Quando, come e perché gli intellettuali italiani hanno smesso di essere comunisti?
Nessuno l’ha mai detto. E nessuno l’ha mai saputo.
Uno dei pochi che se ne andò esplicitamente (nel 1951, quando il Pci era all’apice della forza) fu Elio Vittorini. E Togliatti, con l’arrogante sarcasmo di chi comandava la più formidabile organizzazione di massa del Paese, commentò: “Vittorini se n’è ‘ghiuto’, e soli ci ha lasciato! ”.
Ora, nell’agosto 2008, la commemorazione del Migliore fatta da cinque gatti segna la storica rivincita di Vittorini.

Tutti se ne sono “ghiuti” e Togliatti solo è stato lasciato. Se si pensa alla folla oceanica dei suoi funerali (forse un milione di persone), nell’agosto 1964, viene da ricordare il motto della Chiesa: “Sic transit gloria mundi”.
Togliatti era il “Sol dell’avvenire”. Ma nel senso di “solo”.

CHE DIRA’ GRAVAGNUOLO ?

Quando altri (pochi coraggiosi) avevano proposto quella equazione (cioè nazismo = comunismo) erano volati fulmini, saette e scomuniche dai giornali di Sinistra.
Ma stavolta l’Unità ha dovuto fare buon viso a cattiva sorte, perché quella “famigerata” equazione era contenuta nell’articolo che, per la stessa Unità (31/8), ha scritto un importante leader socialista europeo come Mario Soares, già primo ministro e poi presidente portoghese.
Soares parla di Solzenicyn spiegando che rivelò “al mondo l’orrore dei campi di concentramento sovietici, simili a quelli del nazismo”. E poi conclude: “Nessuno meglio di Solgenitsin – e Hannah Arendt – mise in evidenza l’identità dei due totalitarismi, quello nazista e quello sovietico”.
Che poteva fare l’Unità? Solo nasconderlo in ultima pagina, come ha fatto.

Chissà se il guardiano dell’ortodossia di quel giornale, il simpatico Gravagnuolo, impartirà lezioni di antifascismo anche a Soares, che portò il suo Paese fuori dalla dittatura salazarista (e gli evitò una dittatura rossa).
Dubito che all’Unità abbiano abbracciato l’idea dell’equiparazione di nazismo e comunismo.
La Sinistra italica ci mette del tempo ad aprire gli occhi. Ma siamo certi, con Ligabue, che “ci vediamo da Mario, prima o poi…”.

SOARES COMUNISTA ?

C’è però un infortunio strano nell’articolo del leader portoghese.
Soares scrive, giustamente, che quando lo scrittore russo fu espulso dall’Urss “diventò un dissidente vilipeso da tutti i partiti comunisti del mondo”.
Poi aggiunge una frase confusa: “Ricordo chiaramente la polemica che ebbe luogo in Portogallo dopo la Rivoluzione dei Garofani (1974) che ci liberò dalla dittatura e in cui noi comunisti portoghesi, dal nostro credo socialdemocratico, ci ostinammo a difendere Solgenitsin”.
Cosa? “Noi comunisti portoghesi”?
Ha scritto proprio così, Soares? Possibile che non ricordi di essere stato il leader dei socialisti portoghesi, in durissima polemica proprio con i comunisti di Alvaro Cunhal?
Cara Concita De Gregorio, quando è che Soares sarebbe diventato comunista? E’ uno scoop dell’Unità? Urge chiarimento della direttrice.

Fonte: © Libero – 02 settembre 2008