Fioretti

Claudio Sabelli Fioretti intervista il ministro Gelmini (La Stampa 1/12) e le chiede se “il maestro di religione rimane”. Il ministro risponde “sì”.
Replica: “ma non è un po’ anacronistico?”. Poi pone il problema di musulmani e laici. Eppure l’insegnamento di religione cattolica viene attivato a richiesta. Non è affatto obbligatorio. E’ così difficile documentarsi?

Il pretesto islamico

Ma è significativa la domanda di Sabelli: “ipotesi: una classe composta soltanto di bambini musulmani. Gli raccontiamo di Gesù Cristo?”. Qui il problema oltrepassa l’ora di religione.
La Gelmini risponde: “Chi viene nel nostro Paese deve conoscere le radici, la cultura le tradizioni”.
La domanda è sintomo della superficialità della Sinistra così livorosa verso il cristianesimo. Si ritiene che uno studente (musulmano o ateo o buddista) possa capire qualcosa del programma di storia dell’arte o di storia o di letteratura (dal Cantico delle creature alla Divina Commedia, dai Promessi Sposi a Ungaretti) senza sapere niente di Gesù Cristo?
Oltretutto sembra evidente che Sabelli ignori pure l’Islam di cui si improvvisa fervoroso paladino: è proprio il Corano infatti a parlare (e molto) di Gesù. Il quale è menzionato in 15 sure su 114 per un totale di 93 versetti: è considerato dall’Islam un grande profeta.
Il salotto “politically correct” ignora tutto questo, ma da anni usa il pretesto islamico per consumare le sue vendette contro il cristianesimo.

Rossi di vergogna

Poi però, da quello stesso salotto si alzano lamenti e grida, come l’ampia inchiesta di Repubblica (1/12), perché il più grande “giacimento” artistico del mondo, la Toscana, è pieno di preziosi musei desolatamente vuoti.
Per quale motivo? Forse perché la gran parte di questi tesori sono “arte cristiana”, che è impossibile capire, amare e valorizzare se si ignora o si detesta il cristianesimo.
In quell’inchiesta di Repubblica – che punta il dito, con delle ragioni, sui tagli del governo alla Cultura – nessuno si domanda che razza di politica culturale abbiano fatto gli enti locali toscani, da 60 anni dominati dalla Sinistra.
Nessuno si chiede in quali “iniziative culturali” abbiano speso fiumi di soldi. Nella valorizzazione di questo straordinario patrimonio culturale o nell’effimero?
Nessuno si chiede perché il popolo rosso toscano, ritenuto così colto e civile (antropologicamente superiore, in quanto bacino elettorale della Sinistra), sia tanto disinteressato al patrimonio artistico che lo circonda.
Il popolo di Sinistra pensa che la cultura sia Benigni non Dante, pensa che sia Dario Fo, la Dandini, Augias e Fabio Fazio, non Duccio, Giotto, Piero della Francesca, Nicola Pisano o Michelangelo.
Del resto se lo stesso establishment intellettuale da decenni (pure Sabelli con la Gelmini evoca Zapatero) pretende di strappare il crocifisso dalle scuole, dopo averlo strappato dall’anima popolare, e se da decenni ha spazzato via dalla scuola il “reazionario Dante” (che ora accetta solo come “spalla” comica di Benigni), come si può pretendere che la gente comune (“guidata” da questi maestri e frastornata dalla televisione) conosca e visiti in massa la Maestà di Duccio, Cimabue, o la Madonna del parto di Piero della Francesca?
Non saranno proprio gli intellettuali (dagli insegnanti di scuola ai grandi nomi) i primi a snobbare e ignorare queste meraviglie cristiane e il loro significato?

Un’idea

L’inchiesta di Repubblica inizia descrivendo com’è deserto il museo della “Madonna del parto” a Monterchi. Ma perché Repubblica allora non appoggia la Diocesi di Arezzo che chiede da anni al Comune di Monterchi (Avvenire, 29/11) di riportare quell’opera in una chiesa, dove i cristiani, che conoscono il significato di quella icona e la amano, possano pregare davanti ad essa? In fondo fu dipinta per questo.

Fonte: © Libero – 2 dicembre 2008