Tronti

La macchina propagandistica di Obama ha continuato a lavorare nell’interregno: le foto dei suoi pettorali che hanno mandato in sollucchero le signore, la scuola delle bimbe, il pranzo in una popolarissima pizzeria (per rimediare alle vacanze sul Pacifico mentre divampava la guerra a Gaza).
Tutto fa brodo per costruire il mito messianico del presidente che è “uno di noi”. Poi c’è la realtà. E già con il cagnolino da portare alla Casa Bianca, che doveva essere un bastardino preso dal canile (perché “anche io sono meticcio” aveva ricordato con civetteria il presidente eletto), si è avuta la prima smentita dei fatti: sarà infatti un barboncino.
Ma infine un presidente americano deve perfino occuparsi di politica. E qui Obama non si è ancora insediato e già delude.
La Stampa (12/1) sintetizza così i primi annunci: “Non manterrò tutte le promesse”, “niente riforma di sanità e previdenza. E Guantanamo non chiude subito”. Come dire a quelli che, a sinistra, avevano creduto all’arrivo del Messia: “sorridi, sei su Scherzi a parte”.
Per la verità perfino a sinistra c’è qualcuno che non l’ha bevuta e addirittura ha detto “qualcosa di sinistra”. Qualcosa di simil-marxista e di antiamericano. E’ il filosofo (già teorico dell’ “operaismo”) Mario Tronti di cui sta per uscire “Passaggio Obama” (Ediesse).
Nel quale Tronti tuona: “Il cambio è niente altro che un cambio di leadership, nel tentativo di riacchiappare un’egemonia che scappa. E siccome si tratta di un’egemonia-mondo, ci vuole un global leader”. Segue “er dibbattito”.

De bello Galli

“Il pacifismo impossibile”. E’ il titolo, che riassume il contenuto, dell’editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera (11/1).
Prendendo spunto dalla guerra di Gaza, Galli analizza il comportamento della Chiesa Cattolica e nota che negli ultimi decenni la posizione pontificia si caratterizza per una progressiva delegittimazione della “guerra giusta” (è vero e si spiega soprattutto per la prospettiva della guerra atomica e della distruzione totale, ma tale particolare Galli non lo ricorda).
Lo storico aggiunge che “questo si compendia in pratica (anche se non in teoria: ma finora nella pratica non ricordo che vi siano state eccezioni) nel rifiuto/denuncia della guerra, virtualmente di ogni guerra”.
Cosa che, secondo Galli, schiaccerebbe la Chiesa su posizioni di pacifismo utopico e ideologico che è quanto di meno neutrale e quanto di più impossibile.
Però Galli ricorda male perché eccezioni ce ne sono state e importanti: fu proprio Giovanni Paolo II che coniò la nozione di “intervento umanitario” per legittimare l’intervento Nato per liberare Sarajevo dall’assedio (che il Vaticano addirittura invocò a lungo inascoltato) e, più moderatamente, motivò la “non condanna” per l’intervento in difesa del Kosovo e in favore della Somalia.
Anche la prima risposta americana all’11 settembre, cioè l’attacco all’Afghanistan dei talebani complici di Bin Laden, non ricevette dalla Santa Sede la condanna che ebbe invece la guerra in Iraq (ha rivelato tutti i retroscena l’ex ambasciatore americano presso la Santa Sede in uno scritto pubblicato da “30 Giorni”).
Questi fatti, dimenticati da Galli, confutano obiettivamente la sua tesi. Ma è curioso che un osservatore intelligente e sempre attento come lui – che pure poi fa considerazioni interessanti – abbia potuto avere simili dimenticanze.

Piccolo scherno

Si discute la qualità letteraria dei romanzi che oggi diventano best-seller. Per molti è discutibile (vedi come Carlo Fruttero ha stroncato Stieg Larsson).V Luca Doninelli (Il Giornale 11/1) suggerisce che molta narrativa contemporanea, soprattutto giallista, grida “fin dalla prima pagina una sola cosa: voglio diventare un film!”. Camilleri? Non solo. La Stampa (12/1) c’informa che “La solitudine dei numeri primi” sta già diventando film.

Fonte: © Libero – 13 gennaio 2009