DISTRAZIONI
Il 15 ottobre l’Unità dedica una pagina all’anniversario della Rivoluzione d’ottobre: “1917, cronaca del giorno in cui nacque il Novecento”. Ma – nota maliziosamente Gianni Gennari sull’Avvenire – “in 350 righe fervide di memorie, Stalin è nominato solo una volta, alla fine e di sfuggita! Che dire?”. Si può ricordare l’Unità del 6 marzo 1953 che titolava a tutta pagina: “Stalin è morto. Gloria eterna all’uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso dell’umanità”. Non c’è gratitudine a questo mondo per un così stupendo benefattore e filantropo. Prima gli si promette “gloria eterna”, poi lo si dimentica come un Togliatti qualsiasi.

FASCETTA ROSSA
La Garzanti pubblica “Guerra e Pace” di Tolstoj confezionato con una fascetta rossa che recita: “Dal capolavoro di Tolstoj la fiction di Raiuno”. Secondo il corsivista del “Sole-24 ore” (inserto domenicale), “sarebbe un po’ come strillare sulla copertina della Divina Commedia: da questo libro le recite in piazza di Roberto Benigni”.

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La fiction “tolstoiana” è stata realizzata dalla Lux di Ettore Bernabei, mitico direttore generale della Rai dal 1960 al 1974. Egli spiega al “Venerdì” (19/10) che il pubblico di oggi finalmente “ha acquistato senzo critico”, perciò “può apprezzare in Guerra e pace il grande affresco dell’umanità di tutti i tempi”. Mentre una volta “il pubblico aveva un
cultura pari a quella di un ragazzo di dodici anni”. A dire il vero il pubblico di una volta sapeva apprezzare grandi sceneggiati televisivi come “I Promessi sposi” e “I fratelli Karamazov”, ma Bernabei sembra averlo dimenticato. Per lui i telespettatori di allora erano bamboccioni che vedevano le gambe delle Kessler e vivevano felici e contenti: “i mariti rimanevano ammirati e si riconciliavano con le gambe storte e la cellulite della moglie”.

Dopo aver spiegato la “politica familiare” diccì (le gambe delle Kessler per tenere unite la famiglie), Bernabei aggiunge che la famosa frase secondo cui a guardare la tv erano “venti milioni di teste di cazzo”, lui l’ha detta e non l’ha detta. Qualcuno l’avrà formulata “e io avrò risposto: Anche!”.

GARLASCO
Ma oggi Bernabei cosa censurerebbe? “Questa cronaca nera di cui la tv abusa. Garlasco… Dicono che fa ascolti. Direi che cancella tutto il resto”. Saggio. Anche Mario Capanna in una lettera aperta a Bruno Vespa (l’Unità, 22/10) racconta di aver telefonato al conduttore chiedendogli di fare una puntata sugli Ogm: “Mi rispondesti di no ‘perché non fa audience e io ho bisogno di ascolti’ ”. Quando poi Capanna ha obiettato che il servizio pubblico “ha il dovere di informare, cosa ben diversa dal ravanare sui delitti di Cogne e di Garlasco, dopo una sequela di improperi mi hai sbattuto giù il telefono”. Urge replica di Vespa.

AMICI MIEI
“E’ morto qualcun altro?”. Il grande Dino Risi, 91 anni, risponde così a Michele Anselmi (Il Giornale 19/10) che gli telefona per la Festa del cinema di Veltroni. Al quale Risi manifesta simpatia (se le gambe lo reggevano lo avrebbe pure votato), “ma è uno di quei politici che non mollano la poltrona. Non sembra mai sazio”. E la sua Festa “non mi piace”. Sistemato Veltroni, passa all’amico Monicelli: “Mario sta bene in salute, appena sente odore di fotografi corre. Se ci sono i pasticcini, meglio ancora. Gli basta morire dopo di me”. Infine, a chi ipotizza che l’anno prossimo festeggino lui, risponde: “Spero di essere già morto. Altrimenti troverei una scusa”. Grandioso. Merita un premio.

MAESTRO A ME?
A chi gli punta il dito contro, Vasco Rossi risponde: “Io non sono mai stato un cattivo maestro. Non sono proprio un maestro, semmai sono cattivo, ma maestro no” (Avvenire 17/10).

Fonte: © Libero – 23 ottobre 2007

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