Nathaniel Hawthorne, autore della “Lettera scarlatta”, è uno dei grandi romanzieri americani dell’Ottocento con Edgar Allan Poe, Mark Twain ed Herman Melville che gli dedicò il suo “Moby Dick”. Hawthorne ebbe tre figli dalla moglie Sophia: Una, Julian e Rose. La storia della più piccola, Rose (1851-1926), è sorprendente.

A vent’anni sposò lo scrittore George Parsons Lathrop ed entrambi, protestanti, si convertirono al cattolicesimo. Rose scrive un paio di romanzi e una raccolta di poesie. Ma la sua vita sarà segnata soprattutto dal dolore perché il suo unico figlio, Francis, nel 1881 morirà a cinque anni per difterite.

La tragedia ebbe effetti molto pesanti su George che scompare nel 1898.Rose si ritrova sola a New York. Già da qualche anno stava cercando di affrontare il dolore della sua vita aiutando altri sofferenti.

Decisivo sarà – un giorno – l’incontro con una donna, una sarta molto povera, ammalata di cancro, che viene mandata a Blackwell Island, in una struttura nell’East River di New York in cui venivano ricoverati i malati di tumore senza mezzi di sostentamento. Un luogo di disperazione per gli incurabili.

Rose annoterà più tardi: “Un fuoco si accese nel mio cuore, dove arde ancora… Concentrai tutto il mio essere sullo sforzo di offrire consolazione ai malati di cancro poveri”.

Così a 45 anni decide di seguire al New York Cancer Hospital un corso per diventare infermiera. Poi affitta delle stanze in un quartiere degradatodella metropoli e lì comincia ad accogliere i malati di cancro poveri e senza speranza di guarigione. Sono i più disperati e abbandonati. Rose vuole dedicare la sua vita a loro, vedendo in questi poveretti Cristo sofferente.

Dunque cerca aiuti da ogni parte. Una giovane studentessa, Alice Huber si unisce a lei nella sua opera di carità. Poi, con l’aiuto di alcune persone benestanti, Rose riesce a comprare un locale dove può ospitare più malati.

Nel frattempo è diventata amica del domenicano Clement Thuente che suggerisce alle due donne di diventare terziarie domenicane. Così, il 14 settembre 1899, Rose divenne suor Mary Alphonsa e Alice prese il nome di suor Mary Rose.

L’anno dopo, con il permesso dell’arcivescovo di New York, indossano l’abito religioso e addirittura fondano la Congregazione di Santa Rosa da Lima con la missione di essere “Ancelle di Sollievo per i malati di Cancro Incurabile”.

Rose morì il 9 luglio 1926 e dal 2003 è in corso il suo processo di beatificazione. La sua opera si ingrandì e tanti malati poterono sfuggire alla disperazione grazie alle cure e alla carità delle suore. La Congregazione continua ancora oggi la sua missione.

Flannery O’Connor rimase colpita da quest’opera e scrisse: “L’attività della figlia di Hawthorne è forse nota a pochi in questo Paese, mentre meriterebbe di essere conosciuta da tutti”.

La O’Connor osservò che nella nostra epoca “siamo governati dalla tenerezza”, ma “una tenerezza che da tempo, staccata dalla persona di Cristo, è avvolta nella teoria” e quando è così – conclude – “la sua logica conseguenza” è tragica.

Secondo padre Antonio Spadaro la scrittrice intendeva indicare “il rischio (che) è la trasformazione della carità in idea o, meglio, in ideologia del bene per l’umanità”. Ideologia ben nota del nostro tempo.

Invece per i santi, radicati in Cristo, si tratta sempre di amore concreto a ogni singola persona in carne e ossa. Dio conta fino a uno, perché ognuno è il suo tesoro infinito. Soprattutto se sofferente e abbandonato Egli lo ama.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 3 dicembre 2022

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