Per capire cosa sta accadendo e cosa è necessario fare…

Elezioni 2006
Don Julian Carrón (CL): «Preghiamo la Madonna di Loreto per il popolo e per i nuovi governanti»

All’indomani delle elezioni politiche, don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, ha inviato un breve messaggio a tutti gli aderenti al movimento. Ecco il testo:

«Cari amici, in questi giorni che precedono la Pasqua ricordiamoci di pregare la Madonna di Loreto affinché sostenga il popolo italiano, chiamato a una più intensa fedeltà alla propria tradizione per costruire il futuro.

«I tre principi “non negoziabili” di cui ha parlato il Papa – vita, famiglia, libertà di educazione – sono ancora più urgenti. Speriamo che i nuovi governanti del Paese sappiano tenerne conto. Anche per essi preghiamo in questo momento».

Un interessante commento (una volta tanto) della Compagnia delle Opere

Doveva essere una vittoria clamorosa del centrosinistra con tutto il popolo schierato “finalmente” da una parte, ma, alla prova dei fatti, la vittoria si è giocata su una manciata di voti. Per l’ennesima volta, il popolo si è fatto beffa dei potenti. Come in America sul caso Bush-Kerry e come per il referendum sulla procreazione assistita, non ha eseguito gli ordini prestabiliti da un concentrato incredibile di interessi: una buona parte della stampa estera e della stampa italiana, rappresentanti del mondo dell’economia, intellettuali e registi a la page, cattocomunisti da sacrestia, il partito della rendita e quello del clientelismo, radicali e no global. Il risultato annunciato era quello che sembrava emergere nelle prime ore dagli exit poll viziati dal fatto che la gente, stanca di essere presa in giro, non si è fidata degli intervistatori. E, così, i commenti tronfi e compiaciuti di politici (quantomeno un po’ “imprudenti”), disegnavano le sorti di un’Italia che aveva scelto di “liberarsi della dittatura” che l’aveva bloccata negli ultimi cinque anni.

Invece è stato di fatto un pareggio con un piccolo vantaggio al Senato della Casa delle Libertà che, nonostante
un numero di voti superiore al 50%, ha ottenuto una quota di seggi inferiore determinata dal sistema elettorale, che alla Camera ha trasformato un altrimenti impercettibile vantaggio dell’Unione in una consistente maggioranza parlamentare. Di più: la Casa delle Libertà ha riguadagnato in Piemonte, in Friuli, nel Molise, nel Lazio, in Puglia e ha consolidato la sua maggioranza in Lombardia, in Veneto e in Sicilia. Da notare che nelle aree più sviluppate e popolose del Paese la maggioranza è stata netta, se non addirittura schiacciante. Il consenso deriva da un forte radicamento nel mondo produttivo, nelle realtà sociali, nelle aggregazioni ideali. Queste realtà hanno a cuore la vita, la famiglia, l’educazione, il rilancio economico, l’ammodernamento del Paese, la difesa della libertà e di una pace che non sia un cedimento al terrorismo, la costruzione di un’Europa dei popoli. In poche parole questo consenso nasce dalla libertà e dalla sussidiarietà, che sono urgenti per quel rilancio dal basso di cui l’Italia ha assoluto bisogno. I segni non mancano: Draghi parla di ripresa, c’è fervore in mondi produttivi che disdegnano la rendita, Paesi come la Svezia e la Gran Bretagna abbandonano il welfare state e ci indicano la nuova strada maestra.

Ci vorrebbe subito un accordo tra le componenti realmente riformiste dei due schieramenti (sull’esempio dell’Intergruppo per la Sussidiarietà). Purtroppo, il risultato elettorale non aiuta: nell’Unione la componente riformista ha ceduto ai massimalisti e quasi il 20% del Parlamento sarà composto da esponenti dell’uno o dell’altro estremismo, fatto disastroso per un’Italia che non ne ha certo bisogno. Soprattutto, alcuni leader dell’Unione invece di riflettere sulla difficile situazione che rischia di rendere ingovernabile l’Italia, si sono messi, alle 3 di mattina, a cantare vittoria come se godessero di ampie e solide maggioranze popolari. Sono gli stessi che, a differenza di Schröder, hanno imbarcato le componenti radicali che già li ricattano. Non abbiamo bisogno di loro.

Occorre qualcuno che compatti le parti più responsabili di maggioranza e opposizione, che riunifichi il Paese e, sulla base di ciò che è più urgente, sappia affrontare la crisi economica, politica e, soprattutto, ideale che l’Italia attraversa.

Occorre guardare alla risorsa più grande che resta all’Italia: un popolo che ha dimostrato, ancora una volta, di essere vivo.
Questa è la vera speranza: l’esperienza di novità che si pone nella vita quotidiana, nelle opere che si costruiscono, nelle proposte politiche che si fanno. Il resto, prima o poi, crolla senza lasciare traccia.

11 Aprile 2006

Il peso dei cattolici sulla rimonta del centrodestra

S e r di Massimo Introvigne

A Torino, da sempre, c’è una straordinaria istituzione di carità che è anche un barometro degli umori elettorali dei cattolici. Il Cottolengo ha un seggio interno dove votano suore, infermieri, volontari e qualche ammalato. Feudo della Democrazia cristiana, nella seconda Repubblica il Cottolengo ha votato a sinistra, convinto che lì si trovassero orecchie più sensibili alle esigenze degli «ultimi». Ma stavolta al seggio del Cottolengo l’Udc con il 56,2% ha conquistato la maggioranza assoluta dei voti e Berlusconi con il 68% ha nettamente battuto Prodi.

Il fatto è che al Cottolengo curano i malati terminali di tutte le età, compresi quelli affetti da deformità irrimediabili che in Olanda la legge sopprime con l’eutanasia. Quando il ministro Giovanardi – ripetendo peraltro le parole di un documento vaticano – ha definito l’eutanasia all’olandese «nazista», dall’Unione si è levato un coro di insulti. Né si tratta solo dell’eutanasia. In Piemonte la governatrice della Regione, la diessina Mercedes Bresso, in pochi mesi si è mossa per sopprimere il buono scuola, prospettare l’introduzione di unioni civili anche omosessuali, battagliare perché in Piemonte si continui a sperimentare la pillola abortiva RU-486. Contro la Bresso è sceso in campo in materia di libertà di educazione anche il cardinale di Torino – difficilmente classificabile come un simpatizzante della destra – accolto in un’imponente manifestazione da cori da stadio dei militanti cattolici. Così il Piemonte, che sembrava un feudo inespugnabile della sinistra, è passato a sorpresa alla Casa delle Libertà.

E il voto cattolico è stato certamente decisivo anche nel Lazio.
In quella che – qualunque sia il governo che si potrà o non si potrà formare – rimane la più incredibile rimonta della storia politica italiana non c’è solo la giustificata paura delle lacrime e sangue fiscali dell’Unione. C’è anche il timore, del tutto giustificato e alimentato sia dalle ambiguità del programma di Prodi sia dai proclami dei vari Capezzone, Diliberto e Luxuria, che per i cattolici il governo dell’Unione avrebbe portato un lungo venerdì santo alla Zapatero: unioni civili per gli omosessuali, volontari cattolici fuori dei consultori per l’aborto, RU-486, bioetica selvaggia, guerra alle scuole private e inizio della lunga marcia verso l’eutanasia all’olandese. Ci vorranno settimane perché le analisi dei sociologi confermino quello che il sensibile barometro del Cottolengo e le prese di posizione mai così esplicite di voci tra le più ascoltate dal popolo cattolico profondo – dalla Compagnia delle Opere a Radio Maria e al mensile Il Timone – lasciano già intuire con chiarezza: i cattolici praticanti hanno votato in maggioranza per la Casa delle Libertà. Quest’ultima non deve rimpiangere il mancato arruolamento dei radicali della Rosa nel Pugno che, se ha fatto perdere voti apparentemente decisivi, ne ha fatti guadagnare molti altri di cattolici spaventati da Capezzone. Perde, ancora una volta, la cupola cattolica progressista che – dagli appelli via Internet di padre Sorge alle minacce dei banchieri grandi elemosinieri di Prodi e alla discesa in campo di Famiglia Cristiana – ha provato a far pesare la sua vecchia egemonia di potere e di danaro, che non si è però tradotta in consenso. Alla Casa delle Libertà i cattolici italiani hanno consegnato un grande patrimonio di voti e di simpatie. Si sarebbe forse potuto coltivarlo ancora meglio prima del voto; ora si tratta di non disperderlo.

Da Il Giornale, 12 aprile 2006

Fonte: AntonioSocci.it

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