Mario Tronti – morto il 7 agosto a 92 anni – è stato celebrato dai media come intellettuale marxista e teorico dell’operaismo. La sua opera fondamentale è “Operai e capitale” del 1966.

IL NON DETTO

Ma c’è una sua stagione che non è stata ricordata nemmeno dai media cattolici: quella più anticonformista. L’ha menzionata il professore Massimo Borghesi – ordinario di Filosofia Morale all’Università di Perugia – nel suo blog (www.massimoborghesi.com) : “Senatore del Pd, Tronti ha rappresentato il volto di una sinistra profondamente critica dell’orientamento postmoderno, individualistico e relativistico, che segna la storia del progressismo dopo la caduta del comunismo. La sponda, nel suo caso, non era rappresentata dal neocapitalismo liberal ma dalla dimensione religiosa della vita. Al pari di Pietro Barcellona, Tronti ha rappresentato una sinistra che nel confronto con la fede e la pratica cristiana trovava il suo respiro ideale, la passione per la difesa dei poveri e degli emarginati della storia”.

Borghesi, intellettuale molto vicino ad Augusto Del Noce (e a don Giussani), ha così fatto riemergere una pagina particolarmente originale di alcuni intellettuali post-marxisti – fra cui Tronti – di fronte alla trasformazione della Sinistra comunista nel “partito radicale di massa” che Del Noce seppe prevedere e che oggi vediamo nella realtà. La vicenda di quegli intellettuali va ricordata.

MARXISTI RATZINGERIANI

Il 16 ottobre 2011 su “Avvenire” (che sembra averlo dimenticato) uscì una lettera-manifesto firmata da quattro intellettuali provenienti dal marxismo e dalla militanza nel Pci: Mario Tronti (filosofo, parlamentare Pd e Presidente del Centro per la Riforma dello Stato), Giuseppe Vacca (storico e direttore dell’Istituto Gramsci), Pietro Barcellona (giurista, già deputato del Pci e membro del Csm) e Paolo Sorbi (sociologo, proveniente dalla sinistra cattolica).

Quel “manifesto” divenne, nel 2012, un libro: “Emergenza antropologica. Per una nuova alleanza fra credenti e non credenti”.

L’incipit dei quattro intellettuali era sorprendente: “La manipolazione della vita, originata dagli sviluppi della tecnica e dalla violenza insita nei processi di globalizzazione in assenza di un nuovo ordinamento internazionale, ci pone di fronte ad una inedita emergenza antropologica. Essa ci appare la manifestazione più grave e al tempo stesso la radice più profonda della crisi della democrazia”.

Gli autori nel libro riconoscevano che “il passo più criticato della nostra lettera è quello in cui si parla di ‘libertà e dignità della persona umana fin dal suo concepimento’”. Il loro esplicito apprezzamento per l’insegnamento di Benedetto XVI indusse i media a definirli “marxisti ratzingeriani”.

Ma, al di là della semplificazione giornalistica, Tronti spiegava: “La lettura corrente secondo la quale questo sarebbe un pontificato ‘conservatore’ costituisce un completo travisamento del papa teologo. Centrale, in Joseph Ratzinger, è la necessità della dimensione pubblica dell’esperienza della fede. Anziché accontentarsi dei luoghi comuni, le culture della sinistra dovrebbero semmai sollevarsi a questo livello e accettare il confronto sul terreno dei ‘principi irrinunciabili’. Qualsiasi esperimento di trasformazione della realtà non può prescindere dall’elemento spirituale presente in ogni essere umano”.

Alla sinistra i quattro autori imputavano di essersi arresa a “culture falsamente libertarie, per le quali non esiste altro diritto che non sia il diritto dell’individuo”.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 19 agosto 2023

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