Il principale collaboratore di Benedetto XVI, Mons. Georg Gänswein, ha raccolto, nel libro “Testimoniare la Verità. Come la Chiesa rinnova il mondo” (Edizioni Ares, pp. 272, euro 19), alcuni suoi interventi pubblici, testi di conferenze, interviste e omelie.

E’ un libro ricco di spunti e prezioso da leggere per capire la grandezza del pensiero e del pontificato di Benedetto XVI. Inoltre c’è una “perla nascosta” a pagina 59.

Sotto il titolo “Il papato rinnovato”, mons. Gänswein pubblica il testo della clamorosa conferenza che tenne, all’Università Gregoriana di Roma, il 20 maggio 2016, in occasione della
presentazione del volume di Roberto Regoli
”Oltre la crisi della Chiesa”.

In quella conferenza il segretario particolare di Benedetto XVI cercò di esplicitare la riflessione di Joseph Ratzinger a proposito della “rinuncia” e della scelta del “papato emerito”.

Nel libro si ritrovano certi passaggi importanti della conferenza: dove definisce “irrevocabile” per Benedetto XVI “l’accettazione dell’ufficio di Pietro nell’aprile 2005” o dove dice che “il ministero papale non è più quello di prima” perché Benedetto XVI lo “ha profondamente e durevolmente trasformato nel suo pontificato d’eccezione”. O dove afferma che la Chiesa “continua ad avere un unico Papa legittimo. E tuttavia, da tre anni a questa parte, viviamo con due successori di Pietro viventi tra noi”.

PAGINA MANCANTE

Ma nel libro manca la parte più “esplosiva” di quel discorso (reperibile in rete su Acistampa), quella dove Gänswein parlava del “munus petrinum” affermando: Prima e dopo le sue dimissioni Benedetto ha inteso e intende il suo compito come partecipazione a un tale ‘ministero petrino’. Egli ha lasciato il Soglio pontificio e tuttavia, con il passo dell’11 febbraio 2013, non ha affatto abbandonato questo ministero. Egli ha invece integrato l’ufficio personale con una dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune”.

Poi proseguiva:

“Dall’elezione del suo successore Francesco il 13 marzo 2013 non vi sono dunque due papi, ma de facto un ministero allargato – con un membro attivo e un membro contemplativo. Per questo Benedetto XVI non ha rinunciato né al suo nome, né alla talare bianca. Per questo l’appellativo corretto con il quale rivolgerglisi ancora oggi è ‘Santità’; e per questo, inoltre, egli non si è ritirato in un monastero isolato, ma all’interno del Vaticano – come se avesse fatto solo un passo di lato per fare spazio al suo successore e a una nuova tappa nella storia del papato”.

Nel libro poi c’è un finale, che non compariva su Acistampa, in cui si parla di “ministero petrino allargato intorno ai successori dell’apostolo Pietro”.

PRECISAZIONE

In una successiva intervista, riportata nel libro, Gänswein, “poiché da molte reazioni ho dedotto che mi sono state attribuite cose che non ho detto”, precisa che “ovviamente papa Francesco è il legittimo Papa, legittimamente eletto. Chi parla di due Papi, uno legittimo e uno illegittimo, di conseguenza sbaglia. Quel che ho detto in realtà – e che anche Benedetto dice – è che egli continua a essere presente nel ‘recinto di san Pietro’ (cioè nel Distretto Vaticano) con la preghiera e il sacrificio, ciò che porta frutti spirituali al suo successore e alla Chiesa. Questo è ciò che ho detto. Da tre anni abbiamo due Papi viventi… è chiarissimo che papa Francesco detiene la plenitudo potestatis (i pieni poteri). Egli è colui che detiene la successione di Pietro”.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 28 gennaio 2022

 

 

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