Si può leggere QUI anche l’intervista che Maurizio Caverzan mi ha fatto sul mio libro, “Dio abita in Toscana” e che è stata pubblicata dalla “Verità” il 13 luglio scorso.

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Da esperto di cose ecclesiastiche, al di sopra di ogni sospetto, Filippo Di Giacomo, sul Venerdì di Repubblica, ha commentato la Settimana sociale dei cattolici organizzata dalla Conferenza episcopale e ha ironizzato sull’attivismo dei vescovi italiani ed europei che – durante la campagna elettorale – “hanno dispensato univoci consigli agli elettori” (cioè indicazioni di voto per il centrosinistra).

POPOLO CONTRO ELITE

Poi ha concluso: “La presa d’atto dei risultati comporta l’ammissione che l’elettorato cattolico, qualora ancora esista, in tutta Europa non ha esaudito i desiderata episcopali. Molti elettori europei sembra abbiano voluto punire l’ossessione da Grande Fratello di Bruxelles per i ripetuti tentativi di far tacere il dissenso (bollato come conservazione), motivato da ragioni etiche in materia di vita, famiglia, educazione”.

Dunque i fedeli hanno votato all’opposto dei vescovi e si è riprodotta nella Chiesa la frattura fra popolo ed élite che caratterizza oggi tutta la politica europea.

Non a caso il card. Camillo Ruini, leader della Cei al tempo di papa Wojtyla e, in quegli anni, vera guida dei cattolici, di recente ha sintetizzato così la situazione italiana: “la cultura politica è a sinistra, ma il Paese è a destra”.

Dove “cultura politica” è una definizione benevola con cui s’intende parlare delle burocrazie e degli establishment.

La Cei attuale del card. Zuppi sa bene di essere schierata dalla parte dei Palazzi del potere (a partire da quelli europei che spadroneggiano) contro cui il popolo esprime la sua protesta.

Infatti Zuppi, alle Settimana sociale, se l’è presa con il popolo stesso accusandolo di “populismo”. Ma confondere popolo e populismo è come confondere il polmone con la polmonite.

Usare così l’espressione “populismo” è la tipica abitudine del Pd di “bollare” gli avversari. È un termine vago che significa molte cose diverse e – se considerato seriamente – è un autogol per Zuppi perché finisce per ritorcersi contro la cultura di provenienza dello stesso Papa Francesco.

AUTOGOL

Un vero esperto come il professor Loris Zanatta, docente di Storia dell’America Latina all’Università di Bologna, ha pubblicato Il populismo gesuita. Perón, Fidel, Bergoglio (Laterza), uno studio molto interessante che l’editore presenta così:

Perón, Castro, Chávez, i grandi leader populisti dell’America Latina sono uniti da un filo rosso che attraversa la storia del continente: l’utopia cristiana del Regno di Dio sulla terra. Una teologia politica che ora, con papa Francesco, è arrivata fino al soglio di Pietro. Un filo rosso attraversa la storia latinoamericana. Risale alla Conquista, passa per le missioni del Paraguay, subisce l’espulsione borbonica, incrocia le spade col liberalismo, risorge coi populismi fino ad approdare a Roma, al soglio pontificio. È il filo gesuita, custode di una poderosa visione del mondo che impregna l’universo morale e materiale dell’America Latina. Suo cardine è l’utopia cristiana, il sogno del Regno di Dio in terra, impermeabile alla corruzione del mondo e della storia; suo modello la cristianità coloniale”.

È un libro che spiega il significato storico complesso e contraddittorio del “populismo”. Peraltro il Papa alle Settimane sociali ha fatto un buon discorso dicendo che “nel mondo di oggi la democrazia non gode di buona salute. Il potere” ha aggiunto” diventa autoreferenziale, incapace di ascolto e di servizio alle persone”.

Per me ha ragione. Praticamente una requisitoria contro la Ue e il macronismo. È populismo?

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 13 luglio 2024