Nel giugno 1952, per volontà di Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, si svolse nella città toscana il primo Convegno internazionale per la pace e la civiltà cristiana sul tema “Civiltà e pace”, a cui parteciparono i rappresentanti di trentatré Stati con l’adesione di altri sedici.

Per le straordinarie iniziative lapiriane – anche i successivi Colloqui mediterranei con arabi e israeliani – occorre tener presente il rapporto di La Pira con Enrico Mattei, la presenza dell’Eni in quell’area e la politica estera del governo italiano e del Vaticano negli anni della guerra fredda. Ne comprenderemmo la lungimiranza e il realismo.

La Pira vedeva Firenze al centro del suo mosaico di pace e fratellanza. Un mese prima, il 23 maggio, commemorando Savonarola nel V centenario della nascita, sottolineò questo ideale: “La vocazione di Firenze: essere in certo modo la città di Dio, come un riflesso della Gerusalemme celeste: avere perciò una funzione irradiatrice di vita cristiana e di civiltà cristiana e di rinnovazione cristiana per l’Italia, per la Chiesa e per il mondo intiero”.

DA GERUSALEMME…

Il richiamo di Firenze a Gerusalemme in realtà è antichissimo, risale addirittura alla prima crociata e ce lo ricorda la festa più importante, più antica e più famosa della città.

Infatti, il 15 luglio 1099, l’assedio crociato a Gerusalemme occupata dai musulmani, si concluse con la conquista della città. Si narra che il capitano fiorentino Pazzino dei Pazzi sia stato il primo a salire sulle mura e a farvi sventolare il vessillo crociato. Per questo gesto eroico il comandante Goffredo di Buglione gli donò tre schegge di pietra del Santo Sepolcro. Al festeggiatissimo ritorno di Pazzino a Firenze, nel 1101, le tre reliquie furono custodite in alcune chiese fiorentine.

Da allora, a imitazione della cerimonia del fuoco che si celebra il sabato santo a Gerusalemme, nella Chiesa della Resurrezione, a Firenze – il sabato santo, in cattedrale – si accendeva il fuoco benedetto con le scintille provocate dallo sfregamento delle tre pietre. Poi, con le torce e cantando laudi, si portava in processione quel fuoco in tutte le case per accendere il focolare domestico. Era il dono del fuoco benedetto, cioè la luce di Cristo risorto, che – idealmente – veniva dal Santo Sepolcro.

…A FIRENZE

Con il tempo si cominciò a trasportare il fuoco su un carro (diverso da quello attuale). È probabilmente nel Trecento che si escogitò lo “scoppio del carro” che forse voleva rappresentare in modo teatrale l’evento della resurrezione. Infine nel Cinquecento – sotto il pontificato di Leone X (1513-1521) della famiglia Medici – fu introdotta la colombina come miccia per incendiare il carro.

Oggi la cerimonia, che comincia la sera del sabato santo, segue un lungo rituale, con il corteo storico della Repubblica fiorentina che coinvolge diversi luoghi della città. Il carro viene infine collocato tra il Duomo e il Battistero e, al momento del “Gloria in Excelsis Deo” del giorno di Pasqua, quando si fa memoria della resurrezione, la colombina meccanica corre su un filo lungo 150 metri fino a far incendiare il carro e poi tornare all’altar maggiore del Duomo. Non è folklore, come credono i tanti turisti che ad ogni Pasqua assistono al rito.

“Lo ‘scoppio del carro’, al di là dell’episodio di mimesi liturgica rispetto alle tradizioni gerosolimitane” scrive lo storico Franco Cardini “sembra ricondurre a un fatto più profondo e importante nella spiritualità civica fiorentina: il culto cioè di Firenze nova Jerusalem”.

 

Antonio Socci

 

Da Libero, 8 aprile 2023

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