“L’universo può essere finito e nello stesso tempo fare a meno del bordo… L’idea di Einstein è che lo spazio potrebbe essere una tre-sfera… Questo lavoro [di Einstein del 1917, ndr] inizia la moderna cosmologia, lo studio dell’intero Universo visibile, osservato a scala larghissima. Da qui scaturiranno la scoperta dell’espansione dell’Universo, la teoria del big bang, il problema della nascita dell’Universo ecc”.

Così scrive il fisico teorico Carlo Rovelli, brillante divulgatore scientifico, nel suo libro “La realtà non è come appare”. Ma subito dopo Rovelli fa un’osservazione sorprendente: “Per quanto incredibile possa sembrare, la stessa idea era già stata concepita da un altro genio in tutt’altro universo culturale: Dante Alighieri”.

In effetti, se studiamo la cosmologia della Divina Commedia, arrivando al Paradiso scopriamo una luce circondata dagli angeli ed è un’immensa sfera che “circonda e insieme è circondata” dalla sfera del nostro Universo: “in altre parole” dice Rovelli “Dante ha una chiara intuizione geometrica di una tre-sfera”.

Secondo il fisico “il primo a notare che il Paradiso descrive l’Universo come una tre-sfera è stato il matematico americano Mark Peterson nel 1979”.

In realtà, molto prima di lui, lo aveva capito quel genio e martire che fu il russo Pavel Florenskij. Si tratta di uno straordinario matematico, scienziato, ma anche filosofo, teologo e sacerdote ortodosso.

La sua fu una vita tragica. Il 26 febbraio 1933, in pieno terrore staliniano, Florenskij viene arrestato e condannato a dieci anni di lager, in Siberia e poi in quell’inferno di ghiaccio che sono le isole Solovki, al circolo polare artico.

Nei lager la sua intelligenza continua a lavorare e, adoperandosi per i suoi compagni di prigionia, compie scoperte scientifiche e invenzioni relative ai liquidi antigelo.

Dai lager scrive lettere struggenti, piene di fede e di carità, alla moglie, alla madre e ai figli (sono raccolte nel libro “Non dimenticatemi”). Nel dicembre 1943 fu portato a Leningrado e fucilato.

I problemi col regime erano cominciati alcuni anni prima dell’arresto e probabilmente una delle cause fu proprio il suo scritto su Dante e Einstein, pubblicato nel 1922, che si può leggere col titolo “Gli immaginari in geometria” nel volume di scritti di Florenskij intitolato “Il simbolo e la forma” (Bollati Boringhieri). E’ un saggio riproposto e discusso anche nel secondo volume di “Dantismo russo e cornice europea” (Olschki), a cura di Egidio Guidubaldi s.j.

Le riflessioni di Florenskij suscitarono la dura reazione del regime che vedeva in esse una valorizzazione del pensiero medievale (giudicato oscurantista e reazionario) e al tempo stesso l’apertura alle più recenti scoperte scientifiche “borghesi”, in riferimento ad Einstein. Si trattava di una doppia minaccia per i dogmi materialistici e atei del regime.

Ma cosa scrisse Florenskij sulla cosmologia della Commedia? Egli trovava “in Dante un presentimento della geometria non euclidea” e osservava: “lo spazio di Dante è assai simile proprio allo spazio ellittico. Con ciò si getta una luce inattesa sulla concezione medievale della finitezza del mondo. Col principio della relatività, tuttavia, tali considerazioni geometriche generali hanno trovato di recente una sorprendente interpretazione concreta, e dal punto di vista della fisica moderna lo spazio del mondo va inteso proprio come spazio ellittico e si considera come finito, così come finito e chiuso in sé è il tempo”.

Oltre la velocità della luce poi i corpi entrano in un’altra dimensione, “una realtà altra” che “nella lingua di Dante risponde al nome di Empireo”.

Ma come si spiega questa sorprendente coincidenza fra Dante e Einstein? Com’è possibile che un uomo del Trecento, dalla cosmologia aristotelico-tolemaica, sia arrivato ad avere un’intuizione così profonda dell’universo, con un’idea che la scienza potrà esprimere matematicamente solo nel Novecento?

A prima vista, superficialmente, si potrebbe liquidare tutto come un’immaginazione poetica che – per pura coincidenza – delinea un cosmo straordinariamente simile a quello delineato da Einstein. Ma è proprio così? E’ solo una fantasia?

No e questo è l’aspetto più interessante messo in luce da un fisico rumeno, poi passato agli studi umanistici: Horia-Roman Patapievici.

Nel suo splendido saggio “Gli occhi di Beatrice”, Patapievici – fra l’altro – spiega com’è stato possibile che “Dante, un uomo medievale, abbia potuto descrivere un’ipersfera quale soluzione al problema cosmologico”. La spiegazione sta nel “confronto tra la teoria cristiana e l’astronomia greca”.

Egli, “nella sua onestà, nella sua intelligenza e nella sua geniale capacità di visualizzazione” ha tenuto conto “sia dei vincoli teologici del cristianesimo (le cesure cosmologiche, gli attributi paradossali della divinità, il principio della simmetria della creazione, le inversioni nel cambiamento dei piani ecc) sia dell’immagine dell’universo sferico imposta dall’astronomia matematica dei greci”.

E se l’universo fisico visibile aveva al centro Lucifero, precipitato nel centro della terra, questa non poteva essere la verità ultima, perché “nel centro del mondo non può stare il Diavolo”, ma deve esserci Dio, “non solo per il fatto che, in un dato momento, esso è stato creato da Lui, ma anche perché senza il suo continuo sostegno ogni forma di esistenza sprofonderebbe, in qualsiasi momento nel Nulla”.

Infatti la Chiesa dice che Dio è onnipresente. Così, sposando il realismo e la razionalità del pensiero greco con la rivelazione cristiana, Dante ha intuito qualcosa a cui la scienza moderna sarebbe arrivata sei secoli dopo.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 16 febbraio 2021

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