IL PENSIERO NON-CATTOLICO OGGI PREDOMINA DENTRO AL CATTOLICESIMO, COME TEMEVA PAOLO VI? QUESTO CONCLAVE POTREBBE ESSERE L’ULTIMO? C’E’ UNA SPERANZA…
La trovata di Donald Trump – che ha rilanciato un fotomontaggio in cui è vestito da Papa – è una pacchianata. Che oltretutto evidenzia la sua ammirazione (martedì scorso aveva confessato: “mi piacerebbe essere papa. Sarebbe la mia prima scelta”).
Senz’altro è un episodio criticabile. Ma possono indignarsi coloro che sono andati in estasi quando Papa Francesco si è presentato nella Basilica di San Pietro con una maglietta della salute e un poncho malamente appoggiato al petto e ai pantaloni neri?
Uno si è raffigurato vestito da Papa senza esserlo, l’altro che era Papa si è vestito in modo laico e obiettivamente strano. In entrambi i casi i due protagonisti sono stati accusati dai loro oppositori di “desacralizzare” il Papato. Mi pare eccessivo. Casomai sono entrambe scelte inappropriate perché segnalano uno scarso senso delle istituzioni.
Ma starebbe al Papa difendere l’aura di sacralità del papato più che a Trump, che, da parte sua, dovrebbe rispettare sia il ministero di Pietro sia l’istituzione (laica) della Presidenza degli Stati Uniti.
Sui media si è commentato l’episodio del poncho del papa argentino scrivendo che è “un gran bel gesto di umanità che fa bene a tutti” perché “ancora una volta il Papa dà prova della sua umanità e del volere essere uomo e di togliersi ogni qualità ieratica” (Enzo Bianchi); e si è aggiunto che “la percezione della ‘sacralità’ del Papa è cambiata ormai da molto tempo” e “la forza di Francesco è proprio quella di essere un uomo come ognuno di noi” (Aldo Cazzullo).
Può essere, ma allora ne consegue che Trump è perfettamente in linea con Francesco (come lo è, del resto, sul tema più serio e importante della pace su cui i giornaloni scrivono cose opposte a loro).
Se si afferma che il messaggio di Bergoglio era “il Papa è come uno di voi”, bisogna riconoscere che Trump ha preso alla lettera quel messaggio. Fin troppo. E non stupisce perché c’è un fondo di populismo che li accomuna (sul populismo sudamericano di Bergoglio il professor Loris Zanatta ha scritto saggi interessanti).
Ovviamente si pone un problema. Chi ricopre alte cariche, laiche o religiose, dovrebbe guardarsi dal rischio (inconsapevole) di diventare un influencerperché comporta una perdita di autorevolezza. Ma non mi pare il caso di stracciarsi le vesti per questi due episodi.
Diversa e molto più brutta è stata invece la parodia dell’Ultima cena che si è vista nella cerimonia di inaugurazione delle olimpiadi macroniane. Ma quanti se ne sono scandalizzati fra quelli che oggi si stracciano le vesti per la foto di Trump? Quanti di loro hanno invece attaccato i cattolici che si sono sentiti offesi?
Fra l’altro in quel caso c’è stata una nota ufficiale di protesta del Vaticano: “La Santa Sede è addolorata per alcune scene della cerimonia di apertura dei Giochi olimpici di Parigi e non può non unirsi alle voci che si sono levate in questi giorni per deplorare l’offesa arrecata a molti cristiani e credenti di altre religioni”,
La Nota ha sottolineato che “in un evento prestigioso in cui il mondo intero si riunisce attorno a valori comuni, non dovrebbero esserci allusioni che ridicolizzano le convinzioni religiose di molte persone”.
È stato un episodio emblematico che ha evidenziato la scristianizzazione della Francia e dell’Europa. È di questo che il Conclave in corso deve anzitutto preoccuparsi. Si sa che ha discusso della grave crisi delle finanze vaticane: uno dei problemi che dovrà risolvere il nuovo Papa. Ma più della bancarotta economica è la bancarotta spirituale che egli dovrà affrontare.
Dopo la grande primavera di Giovanni Paolo II, che è durata decenni, la Chiesa negli ultimi anni è ripiombata nella situazione drammatica degli anni Settanta (se non peggio).
Un giorno del 1976, confidandosi con l’amico Jean Guitton, Paolo VI arrivò a porsi domande apocalittiche: “C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel vangelo di san Luca: ‘Quando il Figlio dell’uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?’. Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Questo, secondo me, è strano. Rileggo talvolta il vangelo della fine dei tempi e constato che in questo momento emergono alcuni segni di questa fine”.
Poi aggiunse: “Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa”.
Oggi sembra arrivato quel momento. Nell’attuale collegio cardinalizio circolano idee “progressiste” che sarebbe arduo definire ancora “cattoliche”. Per esempio quelle del rivoluzionario Sinodo tedesco che lo stesso Francesco ha dovuto stoppare definendone il programma “poco cattolico” (un eufemismo).
Evidentemente lui stesso si è spaventato dei processi che ha messo in moto. Ma l’esito catastrofico a cui portano è evidente. Basta vedere il caso della Germania il cui episcopato pretende di essere l’avanguardia di questa rivoluzione: nel 2024 in tutto quel Paese sono stati ordinati solo 29 sacerdoti. Un fallimento inaudito. Inoltre 321.611 persone hanno ufficialmente lasciato la Chiesa cattolica (nel 2023 erano stati 402.694). E’ un vero crollo. Ed è così in tutta l’Europa e in America latina (l’Argentina nel 1990 aveva 2.260 seminaristi diocesani: nel 2024 sono solo 481).
Che di fronte a questo disastro ci sia, nel Conclave, chi ancora sbandiera i temi politicanti e “progressisti” che hanno desertificato le chiese, invece di quello che dovrebbe stare a cuore ai pastori, è drammatico. E’ giusto cercare l’applauso dei giornali laicisti, degli islamici o del regime cinese invece di guardare a Dio? Alla Chiesa occorre un Papa che davvero guidi la sua rinascita e parli di Dio.
Antonio Socci
Da “Libero”, 5 maggio 2025