I BUONI

“Odio gli scrittori impegnati sempre dalla parte giusta”, è il titolo che il “Fatto quotidiano” (28/4) ha scelto per l’intervista a Walter Siti che ha appena pubblicato una raccolta di saggi intitolata “Contro l’impegno” (Rizzoli) dove bastona “la letteratura ‘rassicurante del Bene’”.

Anche il sommario del “Fatto” è eloquente: “A Saviano, Murgia, Carofiglio & C. contesto l’uso del romanzo per dimostrare le loro teorie etiche”.

Di Saviano dice che, dopo “Gomorra” si è spaventato e ha preferito “le polemiche” politiche alla letteratura per non “inciampare in un qualche abisso”.

In effetti la militanza politicamente corretta è il modo più comodo per ignorare i chiaroscuri e le voragini della realtà.

 

ATTENTI AL CANONE

Non solo gli Oscar del cinema di Hollywood, ma anche i premi letterari sono in genere correttissimi. Domina il conformismo.

“A vincere Booker, Costa, National Book Award e Pulitzer nel 2020 sono stati solo libri ‘inclusivi’”, annuncia un articolo di Eleonora Barbieri sul “Giornale” (29/4). Ovvero libri che rifriggono i soliti argomenti politicamente corretti per renderci Buoni.

Al contrario, Harold Bloom nel “Canone occidentale” spiegava che “leggere gli scrittori più bravi (per esempio Omero, Dante Shakespeare e Tolstoj) non farà di noi cittadini migliori”.

Non è questo lo scopo della letteratura. “La vera utilità di Shakespeare e Cervantes, di Omero e Dante, di Chaucer e Rabelais” scrive Bloom “è ampliare il nostro crescente io interiore… L’unica cosa che il Canone occidentale può donarci è l’uso adeguato della nostra solitudine la cui forma definitiva è il confronto con la mortalità”.

 

BENSO DI NO

Claudio Tito firma un editoriale su Repubblica (25/4) e scrive: “Camillo Benso di Cavour ammetteva senza troppi fronzoli: ‘Siamo una nazione di secondo ordine’. Riferendosi in particolare al nostro peso politico nel Continente”.

Ho chiesto a Tito quando Cavour ha pronunciato quelle parole. Risposta: “Intervento alla Camera del Regno di Sardegna del 6 febbraio 1855, in quel momento Cavour era presidente del Consiglio e ministro degli Esteri”.

Dunque, obietto su Twitter, non parlava dell’Italia, ma del piccolo Regno di Sardegna. Replica di Tito: “No, dell’Italia. In quel momento c’era un certo dibattito sulla questione”.

Vado a controllare. Il dibattito parlamentare del 6 febbraio 1855 verteva sul “trattato di alleanza anglo-franco-sardo” per dichiarare guerra alla Russia (la guerra di Crimea).

Cavour, per motivare l’adesione, dichiara: “Mi lusingo che non avrò difficoltà a provarvi quali funeste conseguenze il sistema di neutralità avrebbe necessariamente avute. Onde una nazione di secondo ordine possa rimanere neutrale senza pericolo, quando le potenze di primo ordine sono impegnate in una gran guerra, si richiede a parer mio una condizione assoluta, ed è che la neutralità di quella nazione non torni nè a danno, nè a vantaggio più dell’una, che dell’altra parte belligerante”.

E’ solo qui, se non erro, che si trova l’espressione “nazione di secondo ordine” e Cavour parla chiaramente del piccolo Regno di Sardegna. Non dell’Italia. Gli altri Stati italiani avevano posizioni internazionali diverse.

 

AVVERTENZA

In tempo di Recovery plan si dovrebbe leggere il libro di Alberto Bagnai “L’Italia può farcela” (insieme al classico “Il tramonto dell’euro”). Nel volume si trova fra l’altro questa illuminante battuta di Upton Sinclair: “È difficile far capire qualcosa ad una persona quando il suo stipendio dipende dal fatto di non capirla”.

 

Antonio Socci

 

Da Libero, 30 aprile 2021

 

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