Bisogna solidarizzare con il Papa. Perché quello di ieri mattina per Leone XIV deve essere stato un impatto duro con i media italiani (se ha visto le prime pagine dei giornali). Tuttavia può essergli utile per capire come funziona il circo mediatico-clericale e quanto insidioso e dannoso può essere per lui (e per la Chiesa).

Ecco cosa è successo. Una settimana fa inizia l’evento più importante dell’Anno Santo: il Giubileo dei giovani. Arrivano a Roma, a ondate, migliaia di ragazzi e ragazze. Per le vie della città eterna è una festosa ventata di volti, di lingue, di colori e di note, ma rispettosa, pacifica e allegra. Dappertutto chitarre, rosari e bandiere.

Questi giovani si sono preparati all’incontro con il Papa di sabato 2 agosto partecipando a momenti di preghiera, di riflessione, di festa, anche con una grande giornata di riconciliazione sacramentale al Circo Massimo (centinaia di confessori a loro disposizione per ore e ore).

Immagini che potevano suscitare sui media delle riflessioni su un fenomeno che non rientra nei soliti schemi ideologici relativi ai “giovani” e alla Chiesa. Ma non si sono lette riflessioni approfondite.

Sabato è il gran giorno. Arriva il Papa e dall’alto dell’elicottero vede sull’immensa spianata di Tor Vergata una moltitudine di giovani che lo aspettaacclamandolo. E’ una panoramica impressionante. Tutti ne sono colpiti.

Sebbene sia una grande festa nulla è concesso allo spettacolo. Leone raggiunge il palco a piedi, portando la croce, seguito dai ragazzi. Poi iniziano i canti.

C’è una toccante preghiera allo Spirito Santo. Quindi è la volta di tre giovani che pongono al Vicario di Cristo domande vere, concrete, intelligenti, non le solite cantilene ideologiche che i media vogliono sentire dai giovani.

Il Pontefice risponde riflettendo sulla bellezza e sui rischi della condizione dei giovani, racconta la giovinezza di Agostino d’Ippona e di come lui abbia trovato l’amicizia vera che illumina la vita in Gesù e nei suoi amici cristiani. Esorta i ragazzi (con le parole di Frassati) a difendere la Verità.

Parla anche delle grandi scelte della vita, di come si trova il coraggio di farle, parla dell’amore fra l’uomo e la donna che decidono per il matrimonio, della vita consacrata. Ripete che solo Gesù mantiene la promessa di felicità.

Poi il momento più alto e potente, quello dell’adorazione eucaristica silenziosa, lo struggente canto del Magnificat e infine quello che è ormai l’inno delle Giornate mondiali della gioventù: Jesus Christ, You Are My Life”.

Alla mattina di domenica i giovani hanno vissuto la Messa del Papa che nell’omelia ha ripercorso quelle giornate. È tornato sulle domande di fondo: cos’è veramente la felicità? Qual è il vero gusto della vita? Cosa ci libera dagli stagni del non senso, della noia, della mediocrità?”

Così, ricordando i pellegrini di Emmaus, ha testimoniato che la felicità della vita è l’amicizia con Gesù condivisa nelle comunità: essa spalanca all’infinito e all’eternità (“Teniamoci uniti a Lui, rimaniamo nella sua amicizia”).

All’Angelus di mezzogiorno il Papa ha ringraziato Dio perché quei giorni del Giubileo che sono stati “una cascata di grazia per la Chiesa e per il mondo intero”. Con l’Angelus il Giubileo dei giovani si è concluso.

Niente politica, ma tanta vita, niente temi mainstream, ma tanta umanità concreta e intensa preghiera. Giornate che meritavano di essere raccontate nel dettaglio per il segnale di cambiamento che rappresentano.

Invece ieri, lunedì, le prime pagine dei giornaloni aprivano con il Giubileo dei giovani, ma con questi titoli: “Il Papa: con Gaza e Kiev” (la Repubblica). “Nel nome di Gaza e Kiev” (La Stampa). “Con i ragazzi di Gaza e Kiev” (Corriere della sera).

È successo che, nei saluti finali dell’Angelus, il Pontefice, fra tante altre cose, ha detto: “Siamo con i giovani di Gaza”. Una frasetta di cinque parole ha fatto i titoli di prima pagina dei giornaloni che così hanno potuto ignorare tutto quello che Leone aveva detto e fatto in quei giorni, riducendo il Pontefice al tema politico e usandolo, in sostanza, contro Israele e contro Trump.

I media, disorientati dallo stile pastorale e spirituale del nuovo Pontefice, assai diverso dal predecessore, hanno strumentalizzato quella mezza frasetta. Se il Papa l’avesse pronunciata a braccio sarebbero state di sicuro parole sue, poco soppesate, ma dettate dal desiderio paterno di far arrivare a tutti un saluto, non certo per fare un comizio. Quindi il problema sarebbe solo la strumentalizzazione della stampa.

In realtà però lui le ha lette e di solito quello che i Papi leggono all’Angelus, che riguarda i fatti politici, proviene dagli uffici di Curia, in particolare la Segreteria di Stato. Dove, come testimoniano due recenti polemiche del card. Parolin, hanno sentimenti poco amichevoli verso Israele.

Nei giorni scorsi anche l’ex ministro Maurizio Sacconi sul Riformista ha manifestato sconcerto per l’atteggiamento su Gaza della diplomazia vaticanache ha rilevato essere molto diverso da quello del Pontefice il quale chiede sempre la liberazione degli ostaggi.

La frase su Gaza peraltro è inspiegabile perché già il Papa aveva espresso vicinanza “ai giovani che soffrono il male più grave, quello procurato da altri uomini”. Erano queste le parole giuste. L’espressione “siamo con i giovani di Gaza” è troppo schierata, da tifoseria politica. Avrebbero potuto dirla Bonelli e Fratoianni. E poi perché Gaza? Gli altri 56 conflitti in cui, fra l’altro, i cristiani sono spesso martirizzati? A Gaza sono ben pochi i giovani cattolici (quasi tutti sono fuggiti dal regime di Hamas).

Sono state parole stridenti anche per il momento, perché proprio in quelle ore alcuni “giovani di Gaza” che appartengono ad Hamas (come quelli che hanno perpetrato i massacri del 7 ottobre) hanno realizzato il video di un giovane ostaggio israeliano Evyatar David, ormai pelle e ossa, costretto a scavare la sua fossa. Una cosa terribile, come gli altri orrori di Hamas.

La Chiesa deve misurare le sue parole quando parla di una guerra così. Chi ha scritto quelle righe non lo ha fatto. Così ha permesso che venisse strumentalizzato il Papa che, in buona fede, si è fidato della Curia e ha seguito il testo scritto.

Ora dovrà cominciare a capire che ci sono dei problemi. E che il partito mediatico è sempre pronto a “usarlo”. Non va bene. Così infatti è stato offuscato il capolavoro di Leone XIV: il Giubileo dei giovani.

Antonio Socci

Da “Libero”, 5 agosto 2025