Quando Vittorio Messsori varò “Vivaio”, la sua bella e ricca rubrica sul quotidiano Avvenire (poi assurdamente soppressa), Renato Farina sul Sabato coniò una delle sue battute più fulminanti: “Messori, incerto se chiamare la sua rubrica ‘Viva Io’ o ‘Viva Dio’, considerato che si tratta pur sempre della stessa persona, ha optato per la via dell’umiltà”.
E’ una battuta che non si dimentica perché in genere gli articoli di Messori – che oggi scrive sul Corriere della sera – hanno sempre una certa abbondanza di “io” e tendono a racchiudere i problemi del mondo, la storia e a volte pure l’eternità all’interno di questo (non amplissimo) perimetro.
Ma in fondo la tentazione narcisista è un po’ di tutti noi.
Messori ha fatto alcune cose importanti: due suoi libri – “Ipotesi su Gesù” e “Rapporto sulla fede” (il libro intervista del 1984 col cardinale Ratzinger) – hanno davvero fatto epoca.
Chi scrive è legato da un venticinquennale legame di stima ed amicizia con lui, che però non mi impedisce di dissentire da una serie di sue infelici sortite degli ultimi tempi.
L’ultima delle quali risale a ieri ed è apparsa su “Magazine” del Corriere della sera.
E’ addirittura il servizio di copertina: “Metodo Ratzinger”.
In pratica si vuole “spiegare” il nuovo pontificato a un anno dal suo inizio.
Messori purtroppo torna a contrapporre Benedetto XVI al suo predecessore, Giovanni Paolo II a cui invece Ratzinger era legatissimo. E talora con giudizi davvero ingiusti verso papa Wojtyla.
Messori dice che Ratzinger per governare la Chiesa “studia i dossier” mentre Wojtyla li “trascurava”. Poi aggiunge: “L’80 per cento delle cose che leggeva o pubblicava Wojtyla erano opera del suo staff… Giovanni Paolo II voleva essere onnipresente in qualche modo: occuparsi di tutto e dire la sua su tutto”.
Così si legge nell’edizione integrale dell’intervista che Messori ieri ha messo nel suo sito dove si aggiunge pure che Wojtyla aveva una sorta di “bulimia di incontri” e questo lo portava a “stringere migliaia di mani, ma sempre di corsa, guardando poco in faccia gli interlocutori”.
Chiunque abbia incontrato Giovanni Paolo II sa che è vero esattamente il contrario. Ma a Messori serve dirlo per contrapporlo a Benedetto XVI che “invece guarda negli occhi sempre. Si ferma a parlare, uno per uno”.
La contrapposizione si fa assurda specialmente dove Messori dice che oggi “le celebrazioni papali sono diventate molto più sobrie… Ratzinger ha reintrodotto l’adorazione eucaristica durante la messa” (come se il predecessore facesse diversamente: sembra che Messori non abbia mai visto l’intensità della preghiera di papa Wojtyla).
Poi arrivano le parole più dure: “Ratzinger vuole rendere la Chiesa meno papocentrica. Il carisma personale di Wojtyla, in qualche modo, ha fatto sì che la Chiesa intera si identificasse in un uomo.
Insomma, ha avuto risvolti da culto della personalità, per quanto non voluti. Ratzinger cerca di essere il meno invadente possibile. Non vuole che la Chiesa diventi tout court l’uomo che la guida”.
Con analoga durezza Messori, il 19 agosto scorso, commentando sulla Stampa il viaggio di Benedetto XVI a Colonia e l’incontro con i giovani, liquidava le Giornate della gioventù di Wojtyla come “kermesse”, “fede da stadio” e “raduni stile Woodstock”, sistemava papa Wojtyla come un “prete da campeggio… abituato alle gite parrocchiali” e “con la vocazione d’attore”.
Poi insisteva che il papa polacco “da giovane era incerto se recitare o fare il prete” e che Ratzinger, a suo parere, non poteva né voleva affrontare “un milione di ragazzi con le stesse armi comunicative di Wojtyla che era attore, mimo, cantante”.V Infine – ciliegina avvelenata – concludeva che mentre “Ratzinger è teologia pura” secondo lui “la biografia di Wojtyla era al centro della sua missione”.
Credo che difficilmente si possa fare una critica più pesante a un uomo di Dio che è chiamato ad annunciare Gesù Cristo (e non se stesso).
Ma è facile per chiunque capire quanto sia ingiusta tale critica.
Quando Karol Wojtyla accennava alla sua identità di “papa slavo” era solo per aiutarci a cogliere l’imprevedibile grandezza del disegno di Dio sui popoli perseguitati dell’Est (come poi si è visto) oppure gli serviva per testimoniare l’orrore delle due sataniche ideologie che avevano devastato il Novecento e che la sua Polonia e lui stesso avevano sperimentato come vittime: nazismo e comunismo.
Contrapporre Wojtyla a papa Ratzinger rende un pessimo servizio all’attuale pontefice che peraltro non perde occasione di citare l’insegnamento del predecessore e rinnovarne con enorme affetto personale la memoria (domenica sera presiderà lui una veglia di preghiera in piazza San Pietro a un anno dalla morte di Wojtyla).
Dopo queste reiterate demolizioni verrebbe voglia di dire a Messori, a nome della mia generazione, “Ora basta! Giù le mani da papa Wojtyla!”. Ma vorrei anche capire cosa sta accadendo al mio amico Vittorio.
Ormai da tempo quasi tutte le sue prese di posizione contengono qualcosa che sconcerta i suoi amici ed estimatori (a cui appartengo).
Ultimamente ha proposto la cancellazione dell’ “ora di religione” (ignorando peraltro che già da anni non è curriculare, ma è concessa su volontaria richiesta degli studenti). Ha scatenato l’entusiasmo dei radicali, ma ha amareggiato i cattolici.
A chi gli ha rimproverato il suo perdurante silenzio – sulle colonne del Corriere – nei mesi del referendum in cui si dibattevano temi cruciali della vita su cui tutta la Chiesa, dal Papa all’ultima parrocchia, si stavano impegnando, Messori rispondeva che non erano temi di sua competenza.
A chi ha fatto notare che si metteva (e si mette) in discussione addirittura la libertà di parola della Chiesa (tema su cui è competentissimo) e la sua presenza sui media, Messori rispondeva che non era vero perché lui poteva scrivere tranquillamente sul Corriere (anche se ha deciso di non farlo).
Peggio accadde il 14 maggio scorso. Nella pagina autogestita che i radicali avevano sul Foglio, pubblicarono un’antologia con il titolo: “Voci di credenti silenziati”.
Evidentemente silenziati dalla Chiesa. Fra costoro c’è pure Vittorio Messori di cui si riportava un articolo (uscito sulla Stampa nel febbraio 1999) nel quale fra l’altro si leggeva: “Mi chiedo a volte se il mondo cattolico esiste ancora o non è soltanto una scatola vuota e dentro non c’è niente…Così come i clericali del ‘no’ all’aborto, al divorzio, alla contraccezione, al preservativo, all’ingegneria genetica, questi clericali del ‘no’ provocano soltanto rivolta, non adesione; fastidio, la continuazione dell’equivoco secondo cui il prete è sempre e comunque un rompiballe. Il parroco che ti mette il naso in camera da letto”.
Appena lessi questa pagina la segnalai a Messori perché potesse difendersi.
La pagina infatti mi pareva grave per tanti motivi: 1) perché si faceva passare Messori per uno “silenziato” dalla Chiesa (figuriamoci);
2) perché si usava Messori per una battaglia referendaria contro la vita e la Chiesa (e i diritti umani);
3) perché da quelle righe sembrava quasi che Messori sparasse a zero sui suoi fratelli cattolici pure su temi come aborto, divorzio e ingegneria genetica;
4) perché si portava acqua al mulino radicale dando l’idea di una Chiesa che vuole “mettere il naso in camera da letto”.
Messori mi rispose che lui non replicava mai se non in casi gravissimi: “Non ho voglia di perdere tempo e fatica”.
Curiosamente non gli sembrò il caso. Il nostro ha poi deciso di tornare sulla scena all’indomani del referendum con una paginata sul Corriere che anticipava il suo libro sull’ottocentesco “caso Mortara”.
Libro di cui – a dire il vero – nessuno nel mondo cattolico sentiva il bisogno (come non si sente il bisogno di uno scontro con la comunità ebraica), ma che ha fornito ai laicisti l’occasione per dire che la Chiesa era sempre oscurantista e intollerante e che – avendo vinto il referendum – si stava instaurando in Italia “un regime totalitario”.
Ultimamente Messori – che ha scritto libri belli e preziosissimi in difesa della storicità dei vangeli – si è avventurato in una strana intervista alla Stampa a proposito di un apocrifo “Vangelo di Giuda”.
Ha dichiarato: “Nel Vangelo apocrifo, Giuda si salva, mentre in quelli canonici non c’è traccia di perdono, malgrado Gesù avesse insegnato agli altri di perdonare i propri nemici”.
Qui Messori dimentica che Gesù dalla croce ha perdonato tutti i suoi carnefici “perché non sanno quello che fanno”. E non è una dimenticanza da poco.
Messori aggiunge: “La riabilitazione di Giuda risolve il problema della mancata misericordia di Cristo nei confronti dello strettissimo collaboratore che lo consegnò ai carnefici”.
Si resta allibiti: la “mancata misericordia di Cristo”?
Infine Messori ne dice ancora un’altra: “Lo scandalo che il Salvatore sia morto per colpa di una delle dodici colonne della fede mette in causa la perspicacia di Gesù, tradito da un garante scelto proprio di persona, e pure la sua giustizia. Pietro colpevole di viltà viene perdonato, Giuda no”.
Ovviamente qua siamo fuori del seminato. Perché è chiaro che la chiamata di Gesù non elimina mai la libertà umana.
Ed è chiaro che il perdono di Gesù c’è per tutti, ma Pietro lo accettò e Giuda no.
Tutte queste cose Messori le sa bene. Non so se le ha dimenticate in questa intervista. Forse c’è stato un malinteso. Ma da suo estimatore ed amico mi piacerebbe che non gli ricapitasse (ci manca solo, dopo aver sistemato Wojtyla, di impartire una lezione a Gesù).

Concludo con un appello a Messori: Vittorio, stai attento a non farti usare. Fai sentire la tua voce, intelligente e autorevole, nelle battaglie su cui il Papa e la comunità cristiana si stanno impegnando, in una lotta impari, in difesa dei diritti umani elementari, specialmente delle creature più piccole e indifese.

Fonte: © Libero – 31 marzo 2006

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