Ecco due interviste al Corriere della sera e al Foglio in cui ho cercato di esprimere alcune idee sulle prossime elezioni…

Corriere della sera 20 gennaio 2006

IL PERSONAGGIO
Socci: Berlusconi lasci, conviene anche a lui
Da volto simbolo dei tifosi di Silvio a critico: ora ci vuole un moderato come Casini

Antonio Socci dice no a Ferrara. E a Berlusconi. Rifiuta l’invito del direttore del Foglio al corteo di San Valentino in sostegno del premier; e lo fa perché lo giudica ormai «unfit», inadatto a guidare il centrodestra. Parola del volto-simbolo del cambio del 2001, dell’impronta berlusconiana sulla Rai. Si annunciano a decine i volontari per quella che Ferrara chiama con autoironia «l’adunata di nani e ballerine»: La Stampa cita personaggi televisivi come Iva Zanicchi, Davide Mengacci, Carlo Rossella, Emilio Fede; mancherà però il volto forse più significativo. Quello che in «Viva Zapatero» Sabina Guzzanti sovrappone alla faccia di Enzo Biagi, anche se nei palinsesti Rai il posto da lui preso era quello non meno nobile di Michele Santoro. Quello che per l’aggressività dei suoi talk-show (memorabile la puntata di Excalibur dedicata al Social Forum di Firenze e ai crimini del comunismo, con i teschi di Pol Pot e tutto) ispirò al direttore di Repubblica Ezio Mauro un editoriale dal titolo «S’avanza uno strano cristiano». Antonio Socci per Berlusconi non manifesterà, e non perché sia rassegnato alla vittoria della sinistra; anzi, «per quanto l’Italia moderata da un anno guardi alla data delle elezioni come il tacchino al Natale, esiste ancora la possibilità di scongiurare il ritorno al governo di quell’Armata Brancaleone. E non solo a causa della guerra per banche che ha coinvolto l’Unipol. C’è solo un problema: con quale leader possiamo ancora vincere?».

«Il Cavaliere — è il ragionamento di Socci — è stato a lungo la “soluzione”, per l’Italia moderata, e ha meriti storici che gli vanno riconosciuti. Se oggi è diventato il “problema” non è solo per errori suoi. Paga anche una cattiva congiuntura internazionale. Paga obiettivamente il suo conflitto di interessi, paga alcune scelte sbagliate, anche di uomini e di eccessiva personalizzazione; e paga pure la forza innovativa del suo linguaggio, il linguaggio delle cose da fare e del contratto con gli italiani, che da una parte ha fatto invecchiare di cento anni i bizantinismi della sinistra, ma dall’altra ha fornito all’ elettorato un metro di giudizio formidabile e spietato. In realtà, rispetto agli obiettivi indicati dal “contratto”, il governo Berlusconi ha conseguito diversi buoni risultati (non ultimo la tenuta per un’intera legislatura), ma non tutti quelli a cui aveva legato la scommessa della sua riconferma alla guida dell’esecutivo».

Quindi Berlusconi, secondo Socci, farebbe meglio a non ricandidarsi. «Il premier denuncia la veemente demonizzazione che subisce dalla sinistra. Che certo è ingiusta. Ma oggi è proprio questa immagine del “nemico” a unificare il litigiosissimo centrosinistra. Non a caso nei mesi scorsi, quando qualcuno nella Casa delle libertà mise in discussione la leadership del Cavaliere, corsero curiosamente in suo soccorso alcuni leader dell’opposizione, assicurando che lui era l’unico a poter capeggiare il centrodestra». Socci legge la spiegazione del fenomeno nel saggio di Luca Ricolfi «Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori» («Berlusconi è l’unica vera risorsa della sinistra, ma non è eterno» scrive il professore torinese), e nelle parole dello stesso Cavaliere, riferite dal Corriere dello scorso 26 gennaio: «Loro sono uniti solo dall’odio nei miei confronti». «Concordo con Ricolfi — dice Socci — anche quando cita la simulazione condotta dall’Osservatorio del Nord Ovest e dalla rivista Polena su un campione rappresentativo della popolazione italiana, da cui emerge come la sostituzione di Berlusconi con un moderato ed ex democristiano come Casini potrebbe spostare il pendolo elettorale verso destra di una decina di punti. Dovrebbe essere il Cavaliere stesso a propiziare e guidare l’operazione di lancio di una nuova premiership; quale che sia, non sta a me fare nomi. Meglio se si tratterà anche di un salto generazionale».

Socci quindi non cambia campo. «Un nuovo leader del centrodestra dovrebbe portare a compimento la modernizzazione del Paese, con una forte attenzione ai suoi valori, laddove il centrosinistra sembra unito solo su tre disastrosi obiettivi: abolire la Bossi- Fini, riempiendo l’Italia di clandestini, e tassare casa e risparmio. E’ ancora la vecchia cultura fallimentare del secolo scorso. E poi una mossa a sorpresa metterebbe in serie difficoltà una coalizione bloccata su un candidato, Prodi, che il Paese sente come uomo del passato, assai “lento” e davvero poco capace di parlare alla testa e al cuore dell’Italia. Con questa lungimirante operazione il Cavaliere potrebbe alzare anche il tiro delle sue ambizioni puntando a restare nella storia anziché nella cronaca. Ne guadagnerebbe carisma politico e consoliderebbe ciò che ha costruito in Italia in questi dodici anni». Berlusconi passerebbe alla storia anche in virtù del passo indietro. Ma lo farebbe mai? «Lui stesso l’estate scorsa ha ripetuto varie volte di essere una risorsa e non voler essere un problema. Non escludo affatto che ci stia seriamente pensando. Il tempo però si è fatto breve. Nessuno naturalmente immagina né auspica una sua totale e repentina uscita di scena. Berlusconi potrebbe aspirare ad alte cariche istituzionali. L’uomo è capace di mosse stupefacenti. La stessa idea delle “tre punte” è stato un piccolo segnale in questa direzione. Ma per vincere il centrodestra deve imboccare decisamente questa strada. Inizierebbe una nuova stagione che costringerebbe anche il centrosinistra a un serio rinnovamento. Avremmo tutto da guadagnarci».

Aldo Cazzullo

Da IL FOGLIO 20 gennaio 2006

Socci lascia il Cav.
“Mi ha deluso personalmente, politicamente e culturalmente, ma non passo a sinistra”

Milano. “Per anni sei la soluzione, a un certo punto diventi il problema”. Vecchio adagio di saggezza politica. Pronunciato da Antonio Socci, scrittore ed editorialista cattolico di quelli che non hanno mai tentennato al fianco di Silvio Berlusconi e del suo progetto politico, il senso della delusione non potrebbe essere più limpido. Però Socci è spirito sufficientemente libero da scindere la delusione personale da quella per alcune sue scelte politiche, e per riconoscere i meriti dell’uomo che inventò Forza Italia: “E’ ovvio che abbia meriti enormi. Nel ’94 seppe organizzare e dare prospettiva a un’Italia moderata smarrita, ma che era maggioranza nel paese; ha innovato il linguaggio della politica, ha dato alla destra una cultura e obiettivi moderni”. Eppure… “Come ha spiegato bene Luca Ricolfi, l’elemento che oggi più tiene unita la sinistra è proprio l’odio per Berlusconi, mentre il maggiore handicap elettorale per il centrodestra è la sua figura, che convince meno, che comunica meno. Prendiamo il suo protagonismo sul caso Unipol: i rilevamenti d’opinione dicono che non ha saputo incidere, non ha eroso granché alla sinistra. E’ vero che anche Prodi è l’immagine di una politica vetusta, ma proprio per questo, se Berlusconi cedesse il passo sarebbe più facile per la Cdl affrontare le elezioni e mettere in crisi un ‘amministratore provvisorio’ come Prodi”.

Altri motivi per cui Berlusconi non la convince più come candidato premier? “In politica si sceglie per prima cosa in base all’avversario. Berlusconi ha sconfitto la sinistra e questo è già un merito, e a molti elettori probabilmente basta. Ma non si può dire che abbia vinto la sua scommessa. Certo, paga per una congiuntura economica sfavorevole; ma paga anche il peso del conflitto d’interessi e atteggiamenti personali sbagliati, spesso non difendibili. Infine paga il suo contratto con gli italiani, che è stata un’innovazione vera nel rapporto con i cittadini, ma che non dà l’opportunità, adesso, di fare marcia indietro, di sottrarsi alla verifica dell’elettorato”.

La battaglia sulla legge 40
Fin qui, sembrano le critiche di Marco Follini: una delusione più tattica che strategica. Niente che giustifichi una rottura. Oppure c’è altro che, da intellettuale cattolico, non la convince più?
“L’aspetto che mi ha più deluso, e per me è la parte più dolorosa, è stato il fallimento sul fronte di una battaglia culturale pure annunciata, quella contro l’egemonia culturale della sinistra in Italia, e poi abbandonata completamente. L’esempio più clamoroso e vicino sono i referendum sulla legge 40. I leader della Cdl, Berlusconi in testa, si sono vergognati della legge che avevano votato, si sono defilati, o adeguati alle posizioni dei loro avversari. Forse Berlusconi ha fatto personalmente bene a non intervenire, ma il punto è un altro: si è data la dimostrazione di non aver capito proprio niente di questo paese. L’Italia non è più quella degli anni 70, per molti aspetti sociali, religiosi, culturali, è molto più vicina all’America. Se non lo capisci, c’è qualcosa che non torna nella tua classe dirigente”. Si spieghi. “Le vicende americane insegnano che l’equazione ‘modernizzazione = laicizzazione’ è un giudizio destituito di fondamento. Questo Rutelli, per esempio, l’ha capito. Berlusconi no (e Fini men che meno). Probabilmente perché non ha una cultura politica alternativa, adatta a questa sfida. Non si può credere che per contrastare la cultura di sinistra basti Pupo… francamente non è ciò in cui mi riconosco”.

Eppure, se anche lei non è di quelli che hanno considerato Berlusconi l’unto del Signore, ha sostenuto a spada tratta che Berlusconi era il miglior punto di riferimento per l’elettorato cattolico e per i cattolici in politica. Deluso anche su questo fronte? “Ha dato rappresentanza ai cattolici in un certo momento storico. Questo è importante. Ma mi pare che, nel tempo, abbia cambiato stile. Le sue posizioni sono state sempre più espresse da figure di riferimento laiche, provenienti da altre culture presenti in FI, ma non certo da cattolici”. Però Berlusconi su questo ruolo di leader cattolico ha costruito buona parte del suo capitale politico. “Non si può evocare don Sturzo e poi combattere con le armi di Don Lurio, o di Don Bachy!”, si concede una battuta Socci. “Inizialmente lui ha messo in gioco una serie di valori – l’antistatalismo, la sussidiarietà, una visione lontana dalle culture azionista e marxista, e questo era interessante per molti cattolici. E’ stato un buon esperimento di convergenza tra posizioni laiche e cattoliche. Poi ha indubbiamente sterzato, sul referendum è rimasto succubo della cultura di una sinistra radicale che non è più maggioranza nel paese”.

Intravede approdi sull’altro versante? “No. Ho stima per Francesco Rutelli e per il coraggio di molte sue posizioni, ma sinceramente credo che se andasse al governo la sinistra – questa sinistra – sarebbe un disastro. Anche per questo ritengo che un cambio della guardia sarebbe auspicabile. Ma non va fatto contro Berlusconi. Dovrebbe farlo lui, sarebbe il suo capolavoro politico. Invece quando la questione di un cambio di leadership è stata posta, mi sembra che abbia reagito in modo troppo proprietario, personalistico. Mentre la politica è pur sempre un servizio, non un possesso. E questo è un altro elemento di disincanto verso un leader che, mentirei se non lo dicessi, a volte ha deluso anche su un piano caratteriale, d’immagine”.

Fonte: AntonioSocci.it

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