La scoperta del vero volto del Padre…

Due preziosi inediti, uno di padre Pio, l’altro su di lui, con notizie nuove sul frate di Pietrelcina, emergono dagli archivi proprio in queste ore nelle quali – per l’esposizione del corpo – i media di tutto il mondo parlano del santo. Ma – prima di vedere i due documenti – devo fare una premessa. Per sottolinearne l’importanza.

Mi è capitato nei giorni scorsi di dare un’intervista su padre Pio al “New York Times” e mi ha colpito la reazione sbigottita di Ian Fisher. Il collega del giornale americano mi aveva chiesto il motivo di questa grande devozione popolare. Quando gli ho spiegato che è il primo (e unico) sacerdote stigmatizzato dopo Gesù Cristo, gli ho descritto i suoi carismi, ho accennato ai fatti straordinari e agli innumerevoli miracoli dovuti alla sua intercessione, mi sono reso conto della difficoltà di raccontare un mistero come padre Pio al pubblico liberal newyorkese.

Per far cogliere, nel tempo di internet, l’evidenza del soprannaturale e la meraviglia dell’esperienza mistica, occorrerebbero grandi ingegni che vi si sono affacciati come Henri Bergson e Jean Guitton (o bisognerebbe conoscere la religiosità di un Einstein, che non a caso ha scardinato lo scientismo ottocentesco). I giornali fanno fatica a ricordare che padre Pio è un contemporaneo, coetaneo di Einstein, e morì nel “mitico” ’68, un anno dopo Che Guevara.

Il pubblico liberal americano magari si fa ammaliare dalle superstizioni buddiste o dai cristalli della new age, crede in fanfaluche come la reincarnazione e il karma, ma storce il naso – trattandosi di cattolicesimo – di fronte ai casi reali di guarigioni miracolose, constatate dalla scienza, documentate e studiate da fior di medici e specialisti. O di fronte ai fenomeni di bilocazione, di scrutazione dei cuori e di profezia di padre Pio.

Eppure con padre Pio, per mezzo secolo, il “soprannaturale” è stato letteralmente sotto la lente d’ingrandimento della scienza, a cominciare dalle sue stimmate su cui hanno scritto saggi importanti dei medici che le visitarono accuratamente. Tuttavia è vero che l’attenzione esclusiva su questi carismi straordinari rischia di far perdere di vista la persona, splendida e consolante, di padre Pio e rischia di farlo divorare e stravolgere dal circo barnum dei mass media. Ecco perché appaiono provvidenziali i due inediti sopra annunciati.

A renderli noti è don Francesco Castelli che insegna “Storia della Chiesa moderna e contemporanea” a Taranto e lavora a Roma nella postulazione della causa di Giovanni Paolo II. Proprio don Castelli, che qualche mese fa ha reso nota una nuova lettera del 1963 di monsignor Wojtyla a padre Pio, un documento molto importante sul profondo legame che unì i due, oggi anticipa a “Libero” ciò che pubblica sulla rivista “Servi della Sofferenza” (IV, 2008).

I documenti di cui parliamo sono emersi dalla causa di beatificazione di un altro religioso, padre Pio Giocondo Lorgna, domenicano vissuto fra il 1870 e il 1928, che fu un dotto predicatore e fondò vari istituti di vita religiosa e di preghiera con opere di carità per l’infanzia povera.

Nel 1922 si ammalò una terziaria domenicana, Maria Bassi, che lo aveva aiutato in una di queste opere. Così padre Lorgna scrive a padre Pio raccomandandogli questa sorella la cui opera è preziosa per tante anime: gli chiede preghiere per ottenere la grazia della guarigione. Siamo nei primissimi anni della “vita pubblica” di padre Pio che ha ricevuto le stimmate visibili il 20 settembre 1918: nel 1919 i giornali hanno cominciato a parlare di lui e tanti pellegrini salgono sul Gargano per incontrare il giovane frate stimmatizzato. Già è avvenuto il viaggio di padre Gemelli con cui iniziano a scanenarsi varie ostilità contro il santo.

Dunque il trentenne padre Pio, sempre disponibile con tutti, il 3 gennaio 1923 risponde a padre Lorgna: “Carissimo Padre , pregherò secondo le sue sante intenzioni. Il Signore voglia confortare le Anime che Lei mi ha raccomandato. Speriamo sempre nella sua Divina Misericordia. In quanto a Lei ringrazio la Sua bontà nel pregare per me. Anche Lei chieda per me al Signore quanto io prometto di chiedere per Lei. Sempre Dev. Mo in G. C. P. Pio Capp.”.

Questa lettera – ritrovata dal domenicano padre Francesco Maria Ricci, postulatore della causa di padre Lorgna, nel suo archivio – è inedita, come pure – proveniente dallo stesso archivio – una pagina del Diario di padre Lorgna, datata 5 gennaio 1923 dove egli riferisce di un confratello che ha fatto visita a padre Pio.

Padre Lorgna trascrive le informazioni ricevute che risultano oggi molto interessanti. Eccole: “Di ritorno dal P. Pio – L’incontrò nel corridoio e gli disse della mia lettera facendo il mio nome e subito disse: gli ho risposto un’altra volta – È affabilissimo – umilissimo – cordialissimo – due occhi luminosi – un sorriso più che angelico – divino – ubbidientissimo – dai 16 anni in su sempre ammalato – ha guarito altri domandando per sé l’infermità – mangia solo a pranzo un po’ di erbe cotte e minestranulla [sic] al mattino e la sera, se vi è un pomo crudo – ebbe le stimmate 3 anni or sono [in realtà sono passati più di 4 anni] dopo un digiuno di 40 giorni [informazione completamente sconosciuta sinora] solo prendendo l’Eucaristia – l’ebbe in settembre nel giorno anniversario di S. Francesco – getta continuamente sangue dal costato – un po’ dai piedi – nulla dalle mani = gioca alle palle – ride facilmente – è allegro in conversazione – fin da fanciullo piangeva al racconto della passione di Gesù, tanto che si temeva perdesse la vista al troppo pianto. La febbre talvolta l’assale e non lo lascia per 5 o 6 giorni arriva fino a 48 gradi. Prende la pensione di guerra di L. 10 al giorno quale tubercolotico – celebrando fissa prima il tabernacolo e poi l’Osita – fa la comunione dall’altare per risparmiargli [legg. “risparmiarsi”] il dolore dei gradini [cioè il dolore che gli provocava salire e scendere i gradini a causa delle stimmate ai piedi] = è al secondo piano del convento e scende continuamente senza lamentarsi e per cose futili [cioè anche per motivi non rilevanti è disposto a sentire il dolore del camminare, del salire e scendere le scale]”.

I commenti e le precisazioni fra parentesi sono di don Castelli che sottolinea altri aspetti importanti di questo documento. Intanto queste righe demoliscono l’idea di padre Pio come “frate burbero”, quindi ci “danno la notizia di un digiuno di 40 giorni che avrebbe preceduto la stigmatizzazione di P. Pio”. E “da questa vicenda inedita, in definitiva, emerge il ruolo importante che P. Pio ebbe durante la sua vita per non pochi santi e fondatori”. C’è un’altra notizia che questo documento conferma: “ha guarito altri domandando per sé l’infermità”. La compassione di padre Pio lo spingeva a prendere su di sé le sofferenze degli altri, per poterli sollevare (cosa sconosciuta ai più). E questo avveniva normalmente. Ora resta da approfondire la nuova notizia del digiuno che precedette le stimmate del 20 settembre 1918. Perché ci rimanda al suo rapporto con Francesco d’Assisi.

Finora era nota una coincidenza temporale. Anche Francesco aveva ricevuto le stimmate alla Verna attorno al 20 settembre (del 1224). Accadde mentre faceva un digiuno di 40 giorni in onore dell’Arcangelo San Michele. Entrambi erano devotissimi a San Michele Arcangelo, difensore della Chiesa, il cui santuario sorge proprio sul Gargano, a due passi da San Giovanni Rotondo e fu visitato da Francesco d’Assisi. Adesso scopriamo che anche padre Pio, il cui nome di battesimo era Francesco, stava facendo lo stesso digiuno del poverello di cui portava il saio e che chiamava “padre”. Uno fu il primo stimmatizzato della storia. L’altro il primo sacerdote stimmatizzato. Di ognuno è stato detto che fu “alter Christus”, un altro Gesù.

Antonio Socci

Da “Libero”, 27 aprile 2008

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