Oggi non si crede più in Dio, però si crede ciecamente a Greta Thunberg. Perfino papa Bergoglio, poche settimane fa, ha rilasciato un’intervista di due pagine alla “Stampa” in cui Dio non veniva mai nominato (neanche Gesù Cristo), ma in compenso il pontefice nominava ed esaltava Greta.

La chiesa bergogliana sta addirittura varando l’elenco dei peccati ecologici. Si dovrà ammettere davanti al confessore di aver bevuto un’aranciata con la cannuccia di plastica e averla dissennatamente gettata nella spazzatura, come se avessimo bestemmiato.

Infatti, fra i nuovi dogmi della fede ecologista, c’è la demonizzazione della plastica. Non si crede più nell’esistenza del diavolo: il suo posto è stato preso dalla plastica, dalla CO2 e via demonizzando.

Un’escatologia laica ha trasformato la plastica nel male metafisico  ed esige da noi che la mettiamo al bando come il peccato più orrendo, minacciando – in caso contrario – un inferno di plastica, dove tutto è soffocato dall’odioso materiale (che subito il governo ha pensato di tassare).

Ecco perché – dopo l’avvento messianico di Greta – si corre a bandire le bottigliette di plastica  dell’acqua (sostituite con contenitori di vetro) o i sacchetti di plastica  (sostituiti con quelli di carta o di cotone). Così si pensa di guadagnarsi il paradiso (ecologico).

Ma siamo proprio sicuri che sia giusto questo manicheismo? Le cose stanno davvero come ripetono i media? Cosa dicono gli specialisti?

LA PAROLA ALLA SCIENZA

Si può accedere alla divulgazione scientifica di buon livello anche su internet. Per esempio ascoltando i Ted Talks, un acronimo che significa Technology Entertainement Design: un marchio per conferenze gestite dall’organizzazione non-profit americana The Sapling Foundation.

I Tedx  sono eventi simili, ma organizzati in modo indipendente. Ed è appunto fra i Tedx che si può ascoltare un’interessante conferenza della professoressa Kim Ragaert dell’Università di Ghent  che è intervenuta al TEDx della Vlerick Business School in Belgio.

La professoressa Ragaert lavora in un team di ricercatori che si occupano di lavorazione dei polimeri e scienza dei materiali. È una specialista nel settore dell’“uso sostenibile e riciclaggio di polimeri e compositi”.

Nella sua conferenza non solo “difende” la plastica dalla sua inconsulta demonizzazione, ma, dati alla mano, dimostra che si tratta in molti casi del materiale più ecologicamente sostenibile.

RISPARMIO DI CIBO

Ecco alcune informazioni che vi sorprenderanno. Gli imballaggi alimentari: sono davvero inutili?

La professoressa Ragaert dimostra il contrario con qualche esempio: “occorrono meno di due grammi di plastica per confezionare un cetriolo. La confezione prolunga la durata di conservazione, ovvero il tempo per il quale si conserverà in frigorifero, di undici giorni. La durata di conservazione di una bistecca diventa di 26 giorni”.

Da questi due esempi si può calcolare quale montagna di cibo evitiamo di sprecare grazie alla plastica e quanta CO2 evitiamo di emettere, dal momento che “in media la quantità di CO2 emessa per produrre questo imballaggio di plastica è inferiore al 10% della quantità di CO2 già emessa per produrre quel cibo”. Impedendo lo spreco di cibo, l’imballaggio evita anche emissioni di CO2 che sarebbero “cinque volte superiori a quella emessa per produrlo”.

La professoressa considera poi le alternative alla plastica. Gli scienziati fanno il confronto non solo considerando la quantità di materiali utilizzata, ma anche calcolando la quantità di suolo, acqua ed energia consumati per fabbricare il prodotto. Tutto questo si traduce in “un’impronta”.

Si possono infatti calcolare, per ogni prodotto, “le emissioni di CO2, le conseguenze sulla salute umana, sullo strato di ozono, sulla qualità della terra e dell’acqua”.

La plastica – ci dice la specialista – “è un materiale resistente e leggero. Ha metà della densità del vetro, più o meno la stessa densità della carta. Ma grazie alla sua resistenza possiamo fare imballaggi più sottili rispetto agli altri materiali. Nella quasi totalità dei casi l’imballaggio di plastica consumerà molto meno risorse e sarà molto più efficiente in termini di trasporto”.

BOTTIGLIE E SACCHETTI

Consideriamo, ad esempio, le bottiglie: “usiamo circa 24 volte più vetro della plastica per confezionare la stessa quantità di liquidi. E poiché il vetro è più pesante spendiamo quasi il doppio per trasportarlo”.

Anche considerando il riuso, la convenienza della plastica è evidente. Infatti nell’ipotesi peggiore “usiamo sei volte più vetro che plastica”.

Il riutilizzo del vetro inoltre ci pone di fronte a una quantità enorme di materiale per cui occorre utilizzare energia, acqua ed emettere CO2: “il vetro fonde a 1500 gradi centigradi, mentre la plastica usata per le bottiglie fonde a 300. La quantità di energia necessaria per produrre bottiglie di vetro è sbalorditiva”.

Passiamo ai sacchetti di plastica per la spesa. In molte città sono ormai proibiti. Ma anche qui il confronto con gli altri materiali è sorprendente.

Prendiamo lo scenario peggiore per la plastica: un sacchetto nuovo che poi gettiamo dopo un solo uso. Contrapponiamolo al migliore scenario della carta: un sacchetto fatto di carta riciclata che verrà nuovamente riciclato dopo l’uso.

“Il sacchetto di plastica” spiega la professoressa “pesa 20 grammi, quello di carta 50. La carta richiede molta più energia per essere prodotta e riciclata, inoltre consuma acqua, terra e alberi. Se calcoliamo l’impronta di quel minuscolo sacchetto di plastica che buttiamo via è così piccola che sarebbe necessario riutilizzare il sacchetto di carta ben 4 volte perché fosse ecologico come il sacchetto di plastica. E nessuno usa quattro volte lo stesso sacchetto di carta”.

E allora il robusto sacchetto di cotone? Anche in questo caso la professoressa fornisce dati stupefacenti: “la produzione di cotone richiede un utilizzo così intensivo di terreno e di acqua che sarebbe necessario riutilizzare quel sacchetto di cotone oltre 170 volte per giungere a un punto di pareggio ambientale. Oltre tre anni consecutivi di spesa”.

La scelta migliore è la borsa di plastica riutilizzabile: “quelle più robuste raggiungono il punto di pareggio ambientale dopo 20 utilizzi. Dopo i sei mesi tutto quello che segue è un guadagno per l’ambiente”.

BANDIRE LA PLASTICA?

Tuttavia, si dirà, i rifiuti di plastica sulle spiagge e negli oceani fanno orrore. Vero. Ma la colpa è della plastica o degli uomini?

Se cominciassimo a gettare in mare le vecchie auto, l’inquinamento che produrremmo dovrebbe indurci a smettere di fabbricare auto o a cambiare la pessima abitudine di gettarle in mare?

La professoressa ci dà un’ultima informazione: “gli scienziati hanno calcolato che se dovessimo vietare tutti gli imballaggi di plastica e sostituirli con alternative di carta, vetro e alluminio, la quantità di materiali richiesti, la quantità di energia e le emissioni di CO2, sarebbero immense. Quindi vietare la plastica non è certamente la strada da seguire”.

Ma – si obietta – la plastica non si degrada. “E perché dovrebbe?” chiede la professoressa. “Neanche i metalli si degradano. La plastica è una risorsa funzionale e preziosa come i metalli. Si può riciclare e recuperare”.

Le vie del riuso sono infinite. Dunque si può smettere di odiare la plastica. Non va messa al bando la plastica, ma l’irragionevolezza.

ORGOGLIO ITALIANO

La plastica è una straordinaria invenzione  che ha migliorato la nostra qualità della vita e bisogna ringraziare di ciò specialmente un italiano, l’ingegnere chimico Giulio Natta, del Politecnico di Milano, che si guadagnò il premio Nobel nel 1963  proprio per i suoi studi nel campo della tecnologia dei polimeri.

Aveva “scoperto il polipropilene”, uno degli idrocarburi insaturi ricavabile dal petrolio. Natta è stato definito per questo “il papà della plastica”  ed è l’unico italiano ad aver ricevuto il Nobel per la chimica. Dovremmo esserne orgogliosi.

.

Antonio Socci

.

Da “Libero”, 3 novembre 2019