IL LASCITO DI DON GIUSSANI AI CARDINALI (E AL FUTURO PAPA)
La Libreria editrice vaticana ha appena pubblicato il volume di don Luigi Giussani “L’incontro che accende la speranza”, curato da Davide Prosperi, attuale presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, con la prefazione (molto interessante) del card. Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano e oggi uno dei nomi più accreditati fra i “papabili”.
Ovviamente si tratta di un progetto editoriale immaginato mesi fa in relazione al tema del Giubileo. Raccoglie infatti alcune riflessioni del fondatore di CL che risalgono al 1985 e che ruotano proprio attorno alla speranza.
Sennonché il volume esce proprio in questi giorni di sede vacante, tra la morte di Papa Francesco e l’elezione del nuovo Pontefice. È una coincidenza significativa perché la figura di don Giussani ha storicamente un legame molto profondo con il papato. Ecco perché.
Il terremoto del ’68 provocò una vasta scristianizzazione: al crollo della pratica religiosa si sommò la tempesta interna alla Chiesa, quella del post-Concilio, che vide dilagare, nel mondo cattolico, forti correnti di contestazione dell’autorità ecclesiastica.
Nei primi anni Settanta si aveva la sensazione di assistere alla fine della Chiesa, come confessò lo stesso Paolo VI all’amico Jean Guitton. Da laico Pier Paolo Pasolini colse acutamente quell’atmosfera “apocalittica” in alcuni dei suoi commenti sul Corriere della sera (poi raccolti nel libro Scritti corsari). Dove rappresentava – quasi con simpatia – una Chiesa ormai svuotata e superata dalla storia.
Ma, con lo strano intuito profetico che lo distingueva, in uno di questi suoi interventi del 1974 immaginò per i cattolici la “felicità della sconfitta. La felicità del dover ricominciare tutto daccapo”.
Non lo sapeva, non poteva immaginarlo, ma ciò che lui ipotizzava, quasi come impossibile rinascita del cristianesimo dal principio, stava accadendo e proprio nei luoghi che meno si credevano accessibili, cioè le tumultuose università di quegli anni. Oltretutto nel mondo giovanile che si caratterizzava per la sua ribellione.
Il protagonista di quella sorprendente “felicità di ricominciare tutto daccapo”era un sacerdote brianzolo che, fra l’altro, seguiva con grande interesse gli scritti di Pasolini sul Corriere: don Luigi Giussani.
Infatti in quei mesi stava “esplodendo” nelle università italiane il fenomeno di Comunione e liberazione che smentiva tutti gli schemi dei sociologi e dei teologi progressisti perché avveniva nella parte più moderna del Paese e nella fascia d’età – quella giovanile – che sembrava ormai persa dalla Chiesa.
Attraverso don Giussani quella generazione che non aveva più nulla a che fare con la Chiesa scoprì il fascino di Cristo. A migliaia si coinvolsero in un’esperienza felice di fraternità cristiana che corrispondeva alle domande e alle attese delle loro giovani vite e in cui, fra l’altro, Giussani proponeva la fede cattolica integralmente, al punto da usare una parola che a quel tempo sembrava un tabù: la parola “obbedienza” in riferimento alla Chiesa e al Papa.
Fu una sorpresa clamorosa. Paolo VI manifestò stima a don Giussani. Con Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger il suo movimento fu uno dei protagonisti della nuova primavera cattolica.
Sarà un caso, ma don Giussani è morto (venti anni fa) proprio il 22 febbraio,giorno in cui la Chiesa celebra “La Cattedra di San Pietro”. Ha lasciato un grande patrimonio spirituale. Il futuro Papa può trovare in queste pagine (consigliate a tutti i cardinali) molti suggerimenti per il rifiorire della fede.
Antonio Socci
Da “Libero”, 26 aprile 2025