Di colpo sulla Groenlandia si sono accesi i riflettori del mondo intero quando il presidente americano Donald Trump ha espresso la volontà di portare questo immenso Paese nell’orbita degli Stati Uniti per le preziose materie prime del suo sottosuolo e per motivi di sicurezza nazionale (l’Artico sta diventando un mare di grande importanza strategica in cui Russia e Cina sono molto attive).

La Groenlandia dal 1814 è sotto la Danimarca. Tuttavia da tempo è iniziato un distacco progressivo che, tappa dopo tappa, va verso l’indipendenza (prospettiva confermata anche dalle recenti elezioni).

Questo gigantesco Paese (2 milioni e 166 mila km quadrati e solo 56.865 abitanti) negli ultimi anni – dicevamo – ha acquisito un’importanza geopolitica enorme a cui si aggiunge il grande valore economico delle sue ricchezze minerarie.

Ma la Groenlandia ha anche una sua storia singolare. Ne parlano le saghe nordiche, soprattutto in riferimento al norvegese Erik il Rosso che nel X secolo d.C. fu esiliato in Islanda e approdò qui.

Dopo di lui altre popolazioni vichinghe già cristianizzate si insediano in Groenlandia tanto che papa Pasquale II (1099-1118), nel 1112, nominò addirittura un vescovo, Erik Gnupsson, per la Groenlandia e parti del Nord America. Si sono scoperti resti di una cattedrale in pietra del XII secolo e un cimitero con croci e iscrizioni cristiane.

Tutto ciò quasi quattro secoli prima dell’impresa di Cristoforo Colombo. È possibile che i grandi navigatori vichinghi, dalla Groenlandia, geograficamente parte dell’America, non si siano resi conto che c’era un immenso continente che si estendeva verso sud? Ed è plausibile che in Europa non siano arrivate notizie su di esso? No.

C’è anche una storia antica tutta da scoprire. Lo fa intuire l’affascinante saggio che nel febbraio scorso è stato pubblicato dal Journal of Anthropological and Archaeological Sciences”. È firmato da uno studioso italiano, Felice Vinci, noto autore della ricerca sulle origini nordeuropee dei poemi omerici. Il suo libro “Omero nel Baltico” ha riscosso molto interesse in tanti Paesi.

Il saggio di Vinci s’intitola Sorprendenti corrispondenze tra l’Atlantide di Platone e la Groenlandia”. L’abstract ne fa una sintesi: “Da quando Platone, in due dei suoi Dialoghi, ha trattato di una civiltà nata su una grande isola nell’Atlantico, che in tempi antichi sarebbe diventata padrona dei mari, per scomparire poi tragicamente, si è discusso sulla veridicità della sua storia. In questo articolo cercheremo di dimostrare che in realtà esistono molte prove, convergenti e dettagliate, della reale esistenza di Atlantide, che portano alla sua inequivocabile identificazione con la Groenlandia, la più grande isola del mondo: la posizione geografica, le dimensioni, la peculiare morfologia, le risorse minerali e molto altro. Inoltre non è un caso che queste prove stiano emergendo, almeno in parte, proprio ora. Infatti, anche se la prima proposta di identificazione della Groenlandia risale al XVII secolo, solo adesso gli effetti dell’incipiente riscaldamento globale, insieme agli sviluppi tecnologici, ci hanno permesso di comprendere più a fondo non solo la geografia e la geologia dell’isola artica, ma anche la qualità e l’importanza delle sue risorse minerali”.

In effetti le corrispondenze fra i testi platonici e quel territorio ci sono. Vinci fornisce molte conferme per tale identificazione e spiega pure la presunta “sparizione” dell’isola. È convincente. Dunque Trump conquisterà la mitica Atlantide?

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Antonio Socci

Da “Libero”, 15 marzo 2025