La Sindone rappresenta il più straordinario dei misteri. Non solo perché è difficile sfuggire alla commovente drammaticità di quel volto. Anche se negassimo la sua identificazione con il telo che avvolse il corpo di Gesù di Nazaret, dopo la crocifissione, resta il mistero dell’oggetto in sé che è un enigma eccezionale per la scienza.

“Il prof. Bruno Barberis, matematico dell’università di Torino, ha ricordato come, a oggi, il processo che ha causato la formazione dell’immagine rimanga ancora non noto e necessiti di ulteriori studi, sia teorici sia sperimentali; quindi l’impronta sindonica deve ancora essere considerata un’immagine sostanzialmente irriproducibile”.

E’ uno dei tanti spunti di riflessione del libro (appena uscito) “Nuova luce sulla Sindone (storia scienza, spiritualità” (Ares) curato da Emanuela Marinelli.

Che sia “irriproducibile”, un’immagine che certamente risale a molti secoli, dimostra quantomeno che il suo misterioso autore era (secoli orsono) in possesso di conoscenze e di strumenti (o di poteri) di cui nessun uomo poteva disporre a quel tempo, dal momento che non ne disponiamo neppure oggi (e per questo la Sindone resta tuttora “irriproducibile”).

Basterebbe questa osservazione razionale per far riflettere seriamente su un così eccezionale reperto e sulla possibilità che esso non sia un manufatto umano, ma sia il prodotto di un evento straordinario e inspiegabile.

Cosa che resterebbe totalmente valida anche se fosse davvero provato che si tratta di un oggetto fabbricato nel Medioevo (fra 1260 e 1390 dC) come fu sentenziato dai vecchi esami al Carbonio14 del 1988.

Naturalmente da allora la scienza e la tecnologia hanno fatto grandi passi avanti: i dubbi su quella datazione erano già forti nell’88, ma con gli anni si è fatta strada la convinzione che la datazione vera sia da portare indietro fino al tempo di Gesù.

E’ il settimo capitolo del libro che ci aggiorna su trent’anni di ricerche, scoperte e nuovi studi “che sono rimasti nell’ombra rispetto alla fama mondiale conquistata dall’infelice verdetto radiocarbonico del 13 ottobre 1988”.

Sono studi che sostanzialmente confutano quel responso: “nel 2019 l’analisi statistica dei dati grezzi del test radiocarbonico ha definitivamente smentito la validità di quel risultato” scrive la Marinelli “in quanto i campioni utilizzati erano disomogenei e non rappresentativi dell’intero lenzuolo. È notevole che la pubblicazione dei risultati di questa nuova ricerca sia avvenuta proprio su Archaeometry, rivista dell’università di Oxford, dove si trova uno dei tre laboratori che datò la Sindone nel 1988”.

Il 23 maggio 2019 all’Università di Catania si tenne un convegno dal titolo La datazione della Sacra Sindone: tutto da rifare, a cui parteciparono i quattro autori del saggio uscito su Archaeometry e altri importanti studiosi della Sindone.

Ecco le conclusioni a cui si pervenne: “non abbiamo più dubbi, la forte eterogeneità dei dati conduce ad affermare che la datazione espressa su Nature non sia quella corretta…  auspicabile una nuova campagna di studi multidisciplinari” per raccogliere dati “da mettere a disposizione degli studiosi, in modo che possano lavorare e confrontarsi su dati certi e attendibili. Una nuova datazione pertanto è necessaria”.

Ma già in questi anni – come ho detto – sono state fatte indagini approfondite in diversi campi disciplinari che hanno portato alla datazione antica. Il libro (i cui capitoli sono firmati da diversi autori) è una miniera di notizie: Tre nuove analisi, condotte dall’ingegner Giulio Fanti, professore associato di Misure Meccaniche e Termiche presso il Dipartimento di Ingegneria industriale dell’università di Padova, datano la Sindone all’epoca di Cristo”.

Ma è tutto l’insieme dei dati della Sindone che porta agli anni di Gesù. La rarità del prezioso tessuto che viene da oriente, la gran quantità di pollini tipici dell’area mediorentale con aloe e mirra, l’aragonitecaratteristica delle grotte di Gerusalemme, altre tracce genetiche che confermano la stessa origine geografica, “le tracce di sangue decalcate da un corpo che ha subito proprio i tormenti descritti dai Vangeli”.

In effetti l’uomo di cui la Sindone riproduce l’immagine (non tramite pigmento) è dell’età e delle caratteristiche fisiche di Gesù di Nazaret e subì non solo la stessa crocifissione romana, ma esattamente le stesse particolarissime sue torture accessorie descritte nei Vangeli.

E’ del tutto razionale pensare alla Sindone come alla misteriosa e straordinaria reliquia della passione, della morte e della resurrezione di Gesù (quindi della sua divinità) perché è la scienza che porta a queste conclusioni.

La medicina legale ci dice infatti che il lenzuolo avvolse sicuramente il cadavere di un uomo, ci dice poi che tale cadavere non rimase racchiuso nel telo per più di 36-40 ore perché non c’è traccia di putrefazione e infine lo studio dei coaguli sanguigni ci dice che quel corpo uscì dalla fasciatura senza alcun movimento fisico, come se gli fosse stato possibile passare attraverso il telo (esattamente la misteriosa caratteristica fisica che acquisì il corpo di Gesù dopo la resurrezione, come ci dicono i Vangeli).

La scienza ci dice inoltre (a proposito della sorprendente tridimensionalità dell’immagine) che essa è “dovuta a disidratazione e ossidazione delle fibrille superficiali del lino, che appare proiettata da un effetto fotoradiante, indizio di un fenomeno inspiegabile verosimilmente connesso alla risurrezione”.

Quell’uomo è Gesù.

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 21 giugno 2020

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