Dopo aver decretato varie volte la fine dei “sovranisti” e dei “populisti” (qualunque cosa vogliano dire queste definizioni) i giornali mainstream davanti alla vittoria, in Olanda, del Partito delle Libertà di Wilders si mostrano sconcertati e lanciano l’allarme affiancando al caso olandese la vittoria di Milei in Argentina, di Fico in Slovacchia, l’affermazione della destra in Spagna e Polonia e il possibile ritorno di Trump. Senza dimenticare la vittoria del centrodestra in Grecia nel 2023 e in Italia nel 2022.

Sono casi diversi con qualche causa comune (i mercati sempre più globali che prevalgono sugli stati e impoveriscono i ceti medi) a cui in Europa si aggiungono problemi specifici.

RIBELLIONE

Ne ha colti alcuni il politologo Ian Buruma che, alla “Stampa” (24/11), sul caso olandese, ha detto: per gli elettori “contano le questioni domestiche, lavoro sicurezza, economia” e “il messaggio è chiarissimo: non vogliamo più immigrati”; “è la rivalsa delle province contro le élite liberal delle città”. La gente si sente estranea e “non a proprio agio con i temi progressisti”.

È ormai iniziata la reazione dei popoli ai guasti dell’Unione Europea (nata a Maastricht nel 1992) di cui anche Draghi oggi di fatto riconosce il fallimento.

A differenza della precedente CEE, in cui gli stati democratici erano amici, collaboravano e commerciavano, ma restando ciascuno con la propria identità e la piena sovranità, con l’UE è nato un mostro giuridico che non è né uno Stato, né una Federazione. Non ha una sovranità propria, ma pretende di dettar legge agli Stati sovrani, non ha una Costituzione e pretende di prevalere sulle Costituzioni, non ha un governo democraticamente eletto, ma pretende di dettar legge ai governi democratici. Un paio di Paesi forti della UE affermano i propri interessi e gli altri sono economicamente penalizzati.

Inoltre con la UE è rinato l’homo ideologicus (che sembrava sparito con il crollo del Muro di Berlino) cioè un potere che ha un progetto ideologico sui cittadini e sui popoli e pretende di cambiarli creando un “uomo nuovo”.

Il forte carattere ideologico della UE è evidente su molti temi, anche etici. Quelli di maggior impatto economico, contro la prosperità dei popoli, sono il “Patto di Stabilità”, la transizione green, la de-sovranizzazione degli stati, il multiculturalismo e le politiche migratorie.

BREXIT ED EUREXIT

È stata la Brexit a rompere il tabù del nuovo impero ideologico europeo. Non a caso. Era stata sempre la Gran Bretagna ad avversare l’impero napoleonico che era lo sviluppo (devastante) della sanguinosa rivoluzione del 1789.

L’homo ideologicus infatti nacque con la Rivoluzione francese ed è caratterizzato dall’astrazione del giacobinismo. Il generale vandeano François-Athanase de Charette de La Contrie, che aveva solo 33 anni quando fu fucilato nel 1796, si chiedeva polemicamente rivolto ai rivoluzionari: “che cos’è questa patria che sfida il passato, senza fedeltà, senz’amore? Questa patria di disordine e irreligione? Per loro sembra che la patria non sia che un’idea; per noi è una terra. Loro ce l’hanno nel cervello; noi la sentiamo sotto i nostri piedi, è più solida”.

Argomenti simili a quelli del liberale britannico Edmund Burke contro la rivoluzione francese (criticata anche dal nostro Manzoni). Del resto anche un grande conservatore britannico dei nostri anni, Roger Scruton (nella foto), nel suo Manifesto dei conservatori ha fulminato il carattere ideologico della UE e la sua pretesa di svuotare gli stati nazionali (e la democrazia).

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 25 novembre 2023-11-25

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