La trasformazione di Tiziano Terzani in guida spirituale per le nuove generazioni è la moda del momento. L’ha raccontata Alessandro Gnocchi su queste pagine e si sono scatenate le reazioni nel sito di quel “popolo di Terzani” che Furio Colombo esalta sull’Unità. Le loro risposte sono un po’ da “indignati speciali”, ma meritano attenzione. Intanto costoro esigono che Gnocchi “ragioni con il cuore”. Bello, ma perché poi trinciano giudizi spietati su chi dubita del loro guru? Il loro candido mondo ecopacifista, che non parrebbe attraversato da grandi letture critiche, sembra tuttavia rinfrescato da una sincera domanda religiosa. Infatti tuonano contro il “capitalismo” e la “società della tecnica” dove peraltro sembrano vivere agiatamente (come quelli del ‘68, la generazione di Terzani, incendiari diventati facoltosi pompieri). Ma si scagliano soprattutto contro il “materialismo”. E questa è una novità. Che vorrà dire questo inveire contro il materialismo?

Furio Colombo scrive sull’Unità: “il mondo raccontato da Terzani è una grande avventura di esseri umani veri, doloranti, felici, capaci di gioia e di sogni, che non hanno voglia di diventare reclute del rigoroso esercito dei consumi, senza convertirsi al supremo ordine del profitto”. Bello. Mi chiedo se Colombo da presidente di Fiat America disdegnasse i “consumi” e il “profitto”. Ma questi devoti di Terzani che tuonano contro il “materialismo” sono forse degli asceti, che campano di elemosina, vestono un povero saio, digiunano due volte alla settimana, che vivono, in totale castità, di contemplazione e preghiera? Non risulta. E allora contro quale “materialismo” tuonano?

Contro quello degli altri. Cosa facciano loro per sentirsi fuori da codesta orrida categoria non è chiaro. Si capisce solo che si sentono coraggiosi anticonformisti nella tetra società materialista, del capitalismo e della tecnica. Sembra sfuggire loro che il “caso Terzani” è un fenomeno mediatico, costruito col meccanismo industriale delle mode, proprio da tv, case editrici, internet e giornali, ovvero dal circo dei media consumisti in cui peraltro il guru ha lavorato – molto stimato – per decenni.

Ad aprile l’amministratore delegato della casa editrice Longanesi, Stefano Mauri, comprensibilmente si leccava i baffi vedendo le tirature dell’ultimo libro di Terzani: “non sarò soddisfatto finché non raggiungeremo il milione”. Aveva ragione. Aveva un affare fra le mani ed era intenzionato a farlo fruttare più possibile. Meno comprensibili sono i devoti di Terzani, così obbedienti e funzionali ai meccanismi del mercato che credono di contestare.
Lungi da me l’irridere a questo fenomeno che probabilmente manifesta un’ansia sincera, una vera domanda di “spiritualità”. Il dubbio è sulla fontana a cui si abbeverano. E’ una fresca sorgente di montagna o un vecchio chiosco di bibite di fabbricazione industriale che semplicemente inalbera la bandiera della pace e qualche simbolo noglobal?
Conosco gente veramente anticonformista che ha seriamente rifiutato la “società materialista”. Un esempio – ma potrei farne tanti altri – sono due giovani ragazze entrate nel monastero di clausura di Trevi, fra le clarisse, e la gioia che esprime il loro volto fa pensare che davvero abbiano trovato la felicità.
L’anticonformismo è questo.

Infatti non è di loro che parlano i media consumisti (che anzi ridicolizzano in ogni modo la loro fede), non è con loro che le case editrici fanno affari. Loro non fanno mercato, non sono un target interessante per i pubblicitari. Terzani sì, invece. Qualcuno, fra i suoi devoti, ogni tanto è assalito dal dubbio: “Il messaggio di Tiziano in questi ultimi due anni è arrivato a tantissima gente, i suoi ultimi due libri hanno venduto oltre un milione di copie, c’è tantissima attenzione attorno al personaggio…. Questo è bello,” scrive il fan. ”Ma è anche pericoloso… I pescecani dell’editoria spalancano la bocca affamati…. I suoi libri si trovano negli autogrill di fianco alle riviste di gossip….non credo gli avrebbe fatto molto piacere…”.

Il dubbio viene anche a loro, ma poi si consolano subito dicendo a se stessi che a Tiziano non avrebbe fatto piacere. Ma come no? Era lui che scriveva quei libri e c’è da credere che volesse venderli. Dunque Terzani negli autogrill, a fianco delle riviste di gossip. Merce del grande mercato come ogni altro prodotto. Come l’odiata Coca Cola. Come le scarpe Nike. Un prodotto che fa tendenza. Che tira. Che l’industria mediatica e culturale cavalca. Le mie amiche clarisse invece, nella loro clausura umbra, loro sono totalmente controcorrente. Rinunciare al mondo, rinunciare alla carne, come si dice in linguaggio biblico, nella società “materialista” suscita solo ironie. E’ troppo. Per scegliere la verginità e la castità a 20 anni ci vuole troppo coraggio, troppo eroismo silenzioso. Nel facile mercato delle chiacchiere non c’è posto per l’eroismo praticato.

Invece al mercato dei libri tirano quelli di Terzani. Il quale non era un discepolo di Gesù Cristo come le due clarisse di cui ho parlato che lo amano e vivono per Lui. Però – ci racconta La Repubblica – il “grande giornalista”, che riteneva antiquata la Chiesa, credeva a “un indovino” e per questo “non prese l’aereo per un anno” (a quanto pare per salvarsi da un incidente aereo). Sarà anche una nuova spiritualità, ma a me fa sorridere. Lo scrittore inglese, convertito, Gilbert K. Chesterton descrisse bene il fenomeno: “da quando non credono più in Dio, non è che non credano a nulla, credono a tutto”.

Non si crede a Gesù Cristo, ma al ciarlatano indiano o all’indovino che legge i fondi di bicchiere sì. Magari pure agli oroscopi. Le mail dei fan poi concordano che il “grande giornalista” oltre al capitalismo denunciò anche “le profonde contraddizioni strutturali del comunismo e le atrocità di tutti i regimi totalitari. Quindi non può essere sospettato di faziosità”. Mi chiedo se conoscano i fatti. Penso al padre Piero Gheddo. Il missionario fu tra i primi, nell’Italia degli anni Settanta, a far conoscere le atrocità che si verificavano nel Vietnam conquistato dai comunisti. E si prese insulti come “servo degli americani”. Poi l’evidenza si impose, ma dopo.
Ho qui davanti a me un suo libro del 1979: “Vietnam-Cambogia. Non stiamo a guardare”. A pagina 10 cita un articolo di Terzani sull’Espresso: “Il Vietnam che ha fallito”. Scrive padre Gheddo: “Terzani due anni fa attaccava quanti osavano affermare la violazione dei diritti dell’uomo in Vietnam! Ora Terzani usa un linguaggio ben più duro, senza spiegare perché fino a poco tempo fa difendeva quel regime”.

Padre Gheddo fu anche tra i primi a denunciare il genocidio perpetrato dai Khmer rossi in Cambogia. E il “grande inviato” Terzani? Cosa scriveva e pensava dei macellai comunisti che, fra 1975 e 1979, massacreranno 2 milioni di persone su 7 milioni di abitanti? Lo raccontò in un famoso articolo uscito su Repubblica, il 29 marzo 1985, col titolo “Pol Pot, tu non mi piaci più”. A rileggerlo si capisce quanto fu cieco il giornalismo dei “grandi inviati”. Infatti Giampaolo Pansa ne ha riprodotto gran parte nel suo libro “Carte false”. E subito dopo Pansa pubblicò anche la lettera di commento, uscita sempre su Repubblica, della lettrice Fiorella Franceschini che strapazzò Terzani: “Quella che vuol sembrare una onesta autoaccusa è in realtà un facile lavaggio di coscienza. Chi risarcisce tutta quella generazione che credette ai rapporti giornalistici di chi era in prima fila sul posto? Ora scopro che impunemente si può dire: ‘Ho sbagliato, ero lì a vedere ma ho sbagliato a giudicare; ero un giornalista, un professionista e ho dato giudizi distorti; ho visto eccidi di civili compiuti dai Khmer rossi e li ho giudicati strumentalmente camuffati dalla Cia perché le ideologie dovevano essere sostenute anche a dispetto dell’accaduto’. I giovani degli anni Settanta, signor Terzani, avrebbero preferito sapere la verità allora”.

Dunque Terzani maestro di vita? No grazie. Molto meglio qualunque parroco di paese o qualunque umile suorina.

Fonte: © Libero – 28 luglio 2006