Quello che è accaduto venerdì – con l’intervento della premier Giorgia Meloni al Congresso della Cgil – è un fatto davvero importante.

È una pagina che sicuramente i paladini della guerriglia permanente(che ieri erano frastornati dall’evento) cercheranno di voltare alla svelta, per tornare ai toni incendiari. Invece dovrebbe essere ben meditata e valorizzata da chi ama questo nostro povero grande Paese.

Si è trattato di un evento storico anzitutto perché sono stati pochi e rari i presidenti del Consiglio intervenuti a un congresso della Cgil: lo fece nel 1981 Giovanni Spadolini che era il primo Capo del governo non democristiano della storia repubblicana; poi, nel 1986, fu la volta di Bettino Craxi e nel 1996 Romano Prodi.

Erano comunque primi ministri che – se non altro per la storia politica di appartenenza – avevano una parentela con quella platea: Spadolini per la sua identità repubblicana, Craxi in quanto socialista e Prodi perché era premier di un governo in cui la sinistra era parte decisiva.

Invece l’attuale Presidente del Consiglio guida un governo di centrodestra, antagonista rispetto alla sinistra a cui si richiama la Cgil, pur restando un sindacato e non un partito.

Quindi è una novità assoluta. Fa onore al segretario della Cgil, Maurizio Landini, aver invitato e accolto la presidente del Consiglio Meloni, esortando i suoi ad ascoltarla, e fa onore alla premier aver detto sì, manifestando al congresso della maggiore organizzazione sindacale il rispetto e l’attenzione dovuti.

Peraltro è stato un dialogo sincero, che non ha affatto nascosto le diversità di opinioni, ma ha mostrato che ci si può confrontare civilmente con idee diverse.

Forse per la prima volta abbiamo toccato con mano la possibilità di un’altra Italia. È quello che meritano gli italiani che ogni giorno si rimboccano le maniche e lavorano, studiano, portano avanti una famiglia, una professione, un’impresa, affrontano i problemi delle loro comunità e si fanno carico del bene del Paese. E lo meritano anche coloro che – ormai avanti con gli anni – hanno lavorato e costruito questo Paese.

Meritiamo un’Italia in cui le parti (politiche o sociali) non si lanciano più fulmini e anatemi reciproci, alimentando un clima da guerra civile permanente, ma si confrontano in modo rispettoso. Non è solo un sogno, può essere realtà. Occorre volerlo.

Non possiamo più permetterci l’Italia della guerra ideologica permanente, l’Italia della demonizzazione, dove una parte criminalizza l’altra accusandola delle peggiori cose. Occorre lasciarsi alle spalle l’Italia della squalifica morale dell’avversario che purtroppo sembra spesso il tono preferito dalla nuova segretaria del Pd, Elly Schlein.

Fra l’altro venerdì era proprio la festa dell’Unità nazionale. La Meloni ha sottolineato questa circostanza:

“è molto più profonda la ragione per la quale ho deciso di essere qui oggi. Perché oggi non è un giorno come gli altri. Oggi è il 17 marzo, è la festa dell’Unità nazionale e il giorno in cui si celebra la nascita statutaria della nostra Nazione. E la mia presenza oggi non esprime solo la volontà di colmare quel vuoto – che ho scoperto nel corso di questi giorni – che vede da 27 anni l’assenza del Capo del governo al Congresso della CGIL. Era ‘normale’ che fosse il Presidente del Consiglio idealmente più lontano dalla platea che ho di fronte a essere qui dopo 27 anni? Io penso di sì. Perché con questa presenza, con questo confronto, con questo dibattito, credo che noi oggi possiamo autenticamente tentare di celebrare l’Unità nazionale.
Poi ha aggiunto:

l’unità non è annullare la contrapposizione. La contrapposizione ha un ruolo positivo, addirittura ha un ruolo educativo per qualsiasi comunità. L’unità è un’altra cosa. L’unità è l’interesse superiore. L’unità è il comune destino che dà un senso alla contrapposizione. Io voglio credere che tutti noi, indipendentemente dalla visione del mondo della quale siamo portatori, se il nostro cuore è sincero, lavoriamo tutti, secondo le nostre differenti condizioni, con lo stesso obiettivo che è il bene della nostra Nazione”. 

Sia chiaro: non c’è da farsi troppe illusioni. Gli incendiari della demonizzazione riprenderanno subito il sopravvento alimentando la faziosità, le scomuniche etiche e i toni catastrofisti.

Ma ora è stato dimostrato che è possibile la legittimazione reciproca. L’Italia per secoli è stata dilaniata dalla lotta tra fazioni, fin dal tempo dei guelfi e dei ghibellini. Se finissero i settarismi avrebbe molto da guadagnare.

Nel 2021-2022 abbiamo avuto un governo di unità nazionale, presieduto da Mario Draghi, che avrebbe potuto dare un prezioso contributo per arrivare a questa pacificazione nazionale (anche perché l’unico partito che era all’opposizione, Fratelli d’Italia, per riconoscimento generale, non ha mai alimentato una contrapposizione pregiudiziale, faziosa e avvelenata contro l’esecutivo).

Purtroppo Draghi non è riuscito nell’opera, anche perché non ha avuto quell’atteggiamento super partes che, fra l’altro, poi avrebbe potuto spianargli la strada del Quirinale. Ma forse è ancora più importante che la legittimazione reciproca arrivi oggi, con il ritorno a un governo politico, deciso dagli elettori.

L’evento di venerdì rafforza l’Italia in un’Europa che vede la crisi dei due maggiori Paesi: la Germania perché il suo governo è dilaniato nello scontro fra liberali e verdi (destabilizzando l’intera UE); e la Francia perché ha ormai un governo traballante con i ripetuti scontri nelle piazze che ribollono.

Un’Italia unita, con un governo stabile, conta e pesa di più in Europa e nel mondo.

 

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 19 marzo 2023

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