Scrivi Deaglio e il programma di videoscrittura del computer ti consiglia di correggere con “Deraglio”.
Forse è un presagio informatico che merita attenzione, perché il treno di dinamite che Enrico Deaglio ha fatto partire col film-inchiesta dal sobrio titolo “Uccidete la democrazia” (allegato al suo settimanale, Diario), rischia ora di arrivare nella stazione sbagliata: non quella di Berlusconi, dove era destinato, ma quella non prevista del centrosinistra.
E’ proprio su un fantomatico software del resto che è fondato il teorema del film realizzato con Beppe Cremagnani.
Gli autori in sostanza ipotizzano che alle ultime elezioni politiche si sia complottato per manipolare il risultato delle urne installando, nella rete di trasmissione dati del Viminale, un programma informatico che automaticamente attribuiva una parte delle schede bianche a Forza Italia.
Questo “imbroglio” spiegherebbe il forte calo del numero di schede bianche. Il film ha fatto enorme clamore al punto che la magistratura ha aperto un’inchiesta in proposito e si sono riaccese le polemiche sui risultati elettorali.
Se provata l’accusa di Deaglio sarebbe addirittura devastante. Ma è credibile?
A prima vista sembra davvero buffo organizzare un broglio (così colossale poi) per perdere le elezioni. Più che la democrazia avrebbero ucciso il senso del ridicolo. Ma questa impressione immediata di per sé non basterebbe a confutare il teorema accusatorio. La cui bocciatura nel merito, forte come una cannonata, è arrivata ieri dalle colonne del Riformista ed è una stroncatura risolutiva perché firmata da un antiberlusconiano doc come Stefano Passigli, oltretutto esperto di meccanismi elettorali.
Passigli ha letteralmente demolito il teorema. Già l’incipit è chiaro come il sole: “L’ipotesi di Deaglio circa i presunti brogli elettorali ha avuto in questi giorni una immeritata attenzione, data la sua palese infondatezza”.
A questo punto Passigli si mette a elencare le procedure per l’accertamento dei risultati elettorali e alla fine della lunga ricostruzione conclude: “la tesi del broglio è dunque manifestamente infondata”.
Anche il dato della forte diminuzione delle schede bianche, spiega Passigli, “non deve sorprendere” dato il nuovo sistema elettorale.
Vedere Passigli che difende Berlusconi è cosa assai singolare, tanto singolare da far sospettare che in realtà difenda ben altri, per esempio il centrosinistra e il governo in carica.
In controluce nell’articolo di Passigli si legge il forte allarme perché il “caso Deaglio” rischia di portare acqua proprio al mulino del centrodestra.
Questa infatti è la sua sciabolata finale: “Deaglio o non conosce minimamente le procedure elettorali o a cuor leggero ha avanzato un’ipotesi che rischia di porsi sullo stesso piano delle accuse che Berlusconi e Fini hanno tornato (sic!) ad avanzare in questi giorni”.

Era stato proprio Berlusconi in effetti a insistere per giorni, dopo le elezioni, perché si ricontrollassero tutti i risultati: la richiesta era motivata dal minuscolo scarto di voti tra le due coalizioni (24 mila voti) e dal sospetto di qualche papocchio che il centrodestra temeva.
L’insistenza di Berlusconi era stata squalificata e deprecata, ricorda Passigli, come “un vulnus grave alla già scarsa fiducia degli italiani nel funzionamento delle nostre istituzioni”.
Come se chiedere un controllo preciso delle schede significasse una delegittimazione del Parlamento eletto. Il caso comunque, dopo sei mesi, sembrava chiuso. Ma quando, la settimana scorsa, è uscito il film-inchiesta di Deaglio si sono alzate voci che prendevano sul serio il teorema di Diario proprio da quel centrosinistra che si stracciava le vesti per le lamentele di Berlusconi. Per esempio, venerdì scorso il segretario Ds Fassino ha dichiarato che quella di Deaglio e Cremagnani “è una denuncia su cui bisogna interrogarsi e a cui dare risposte”. E Silvio Sircana, portavoce di Prodi, ha detto di aver sempre avuto “qualche interrogativo” a proposito di brogli il 10 aprile.
Ha precisato di essere “molto cauto” quando “si passa dagli interrogativi alle risposte”, ma il portavoce del premier ha aggiunto che “bisogna comunque eliminare tutti i dubbi”, perché “la democrazia è un bene prezioso”.
Un bell’autogol. Perché a questo punto il centrodestra ha preso la palla al balzo tornando a chiedere il riconteggio di tutte le schede elettorali e il centrosinistra si trova ora fortemente in imbarazzo. Il rischio infatti per il governo è grosso e l’ha spiegato Luca Ricolfi, un vero esperto del settore, sulla prima pagina della Stampa.
Lasciando stare la possibilità di grosse manipolazioni come quelle ventilate da Deaglio, lo studioso sostiene che – da che mondo è mondo – in sede locale, da più parti “qualche broglio c’è sempre, come un’ampia letteratura (prevalentemente) orale testimonia.
Il problema” prosegue Ricolfi “è di sapere se nel 2006 l’ordine di grandezza del loro saldo – ossia lo spostamento irregolare di voti a favore di uno dei due schieramenti – è stato ininfluente (centinaia o migliaia di voti) o potenzialmente influente sul risultato finale (decine di migliaia di voti o più).
In questo caso il gioco si fa duro, perché l’esito può essere solo di due tipi: o più seggi per l’Unione o vittoria alla Casa delle libertà”.
Come si può capire – con uno scarto di 24 mila voti – un riconteggio totale può riservare colossali sorprese. Destabilizzanti per l’attuale governo e l’attuale maggioranza.
Forse per questo da ieri nel centrosinistra circola un’aria alquanto ostile a Deaglio. Oltre all’articolo di Passigli è uscita una dichiarazione di Donata Lenzi, capogruppo dell’Ulivo nella Giunta delle elezioni della Camera. La Lenzi afferma: “Ho smentito più volte la ricostruzione di Deaglio, priva di alcun fondamento”.
C’è da ritenere sia adesso in atto un colossale “contrordine compagni!” per seppellire il caso Deaglio dopo averlo alimentato. Anche perché dalla procura arrivano segnali che egualmente smontano quel teorema. Infatti ieri una nota della procura di Roma recitava: “i dati diffusi dal Viminale in occasione delle recenti elezioni politiche hanno soltanto valore divulgativo”. Dopo che il prefetto Adriana Fabbretti, direttore centrale dell’ufficio elettorale del ministero dell’Interno, ha ricostruito l’ider dei risultati elettorali si è evidenziato che “la procedura con valore ufficiale è quella di tipo cartaceo, senza trasmissione telematica dei dati”.

Insomma il caso si sta sgonfiando. E quello del centrosinistra si rivela essere un bell’autogol. Ma è giusto chiudere così l’episodio? E’ accettabile archiviare la questione senza un controllo generale che chiarisca i fatti e i risultati?
Per ora chi gongola è solo Deaglio il cui giornale la settimana scorsa è andato a ruba.
Giuliano Ferrara, che fu compagno di Deaglio in una vecchia avventura editoriale, ieri lo prendeva un po’ in giro sottolineando “l’abilità di Deaglio nello spremere Berlusconi: il Cav gli (ci) pagò i debiti di Reporter fino all’ultimo centesimo, vent’anni fa, ora (gli) dà i profitti del filmino di Diario”. Davvero il caso si può considerare chiuso? Pure senza le scuse di nessuno?

Fonte: © Libero – 28 novembre 2006

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