I padri costituenti, con una felice intuizione, posero il paesaggio italiano sullo stesso piano dei nostri grandi capolavori: “La Repubblica… tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Così recita l’articolo 9 della Costituzione che fa parte dei suoi principi fondamentali.

Va ricordato perché ora, alle solite minacce che incombono sulla bellezza delle nostre campagne, delle nostre coste, delle nostre montagne, dei nostri borghi, se ne aggiunge una nuova, paradossalmente ambientalista.

Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, in base agli accordi di Parigi sul clima, ha dichiarato: Dobbiamo installare 70 gigawatt di rinnovabili nei prossimi 9 anni per raggiungere l’obiettivo di decarbonizzare del 55 per cento”.

Per capire le proporzioni dell’impresa consideriamo che finora sono stati installati solo 0,8 gigawatt all’anno.

Cosa significa energie rinnovabili? Pannelli solari e pale eoliche. C’è solo un problema. Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia e docente universitario, spiega che “per avere la stessa energia che c’è in una bottiglia di benzina, dovremmo avere un pannello fotovoltaico di 10 metri quadrati illuminato ininterrottamente per dieci ore. Quanto territorio dovremmo coprire per fare a meno della benzina? Anche questo ha un impatto ambientale”.

Quanto sia il territorio consumato lo spiega un recente studio dell’Ispra: “Si stima che al 2030 saranno tra 200 e 400 i chilometri quadrati di aree agricole persi per installare pannelli fotovoltaici a cui se ne aggiungerebbero 365 destinati a nuovi impianti eolici”.

Il rapporto è stato citato da Gian Antonio Stella che, sul Corriere della sera, ha sottolineato fra l’altro la clamorosa contraddizione con un’altra direttiva europea che indica il 2050 come data per “azzerare il consumo di suolo netto”.

Sono due obiettivi contrapposti. Inoltre non si tratta solo di “consumo di suolo” fisico. Il disastro rappresentato, per il nostro paesaggio, da altissime pale eoliche e pannelli solari, visibili a chilometri di distanza, va ben oltre i metri quadrati che occupano.

Già ci sono polemiche per parchi eolici, con altissime turbine, e distese di pannelli solari in aree che sono meraviglie italiane dal punto di vista paesaggistico e storico-artistico. Una sberla al paesaggio è pure una sberla al turismo, nostra fondamentale risorsa.

La soluzione teorica pare essere quella di utilizzare tetti di edifici esistenti, parcheggi e aree produttive o dismesse. Ma c’è da crederci?

Giustamente il presidente di Confindustria Bonomi ha fatto notare che c’è molto di assurdo in questi piani europei: “L’India ha già dichiarato che fino al 2070 non taglierà le emissioni, quindi è inutile che l’Europa si ponga l’obiettivo di emissioni zero”. Oltretutto “l’Europa rappresenta 8 per cento del totale dei gas clima alteranti, quando Cina e India, cherappresentano il 33 per cento, andranno avanti a costruire mega centrali: da qui al 2035 la Cina ha detto che aprirà 18 nuove mega centrali a carbon fossile. Le due cose non si tengono insieme”.

Come ha osservato un esperto, noi siamo costretti a cambiare tutto il nostro parco auto, quando si otterrebbe lo stesso risultato chiudendo una decina di centrali a carbone in Cina, che invece ne apre di nuove, rendendo tutto inutile.

Peraltro anche in Cina, che ha fame di energia per fare Pil, c’è la corsa al nucleare, come in tutto il mondo: solo Pechino ha in costruzione una dozzina di nuovi reattori nucleari. Ce ne sono 440 in trenta Paesi e gli Usa sono i leader mondiali.

Lo stesso ministro Cingolani ha saggiamente prospettato il ricorso al nucleare di nuova generazione. Questa sì che sarebbe la strada giusta, perché l’energia nucleare – che non deturpa il paesaggio – può essere ritenuta innocua se consideriamo i parametri sul riscaldamento globale.

Il problema delle scorie è oggi gestibile con le nuove tecnologie e gli impianti sono ormai sicuri: “i reattori francesi – spiega Tabarelli – sono qualcosa di completamente diverso rispetto a Chernobyl o Fukushima”.

L’Italia – che è stata la culla dell’energia nucleare (ricordate Fermi?) – vi rinunciò dopo Chernobyl. Però da allora compra dalla Francia l’energia prodotta dalle sue centrali nucleari e tra famiglie e imprese paghiamo 15 miliardi di euro in più.

Oltretutto non ci siamo neanche messi al sicuro perché se mai una centrale francese avesse un incidente e subisse una fuga radioattiva, essendo a pochi chilometri dal confine italiano, saremmo investiti anche noi.

Così abbiamo tutti gli eventuali rischi del nucleare, senza però averne i benefici e sprecando pure un sacco di soldi. È pura follia.

Fra l’altro l’Associazione Italiana Nucleare segnala “un recente studio sull’economia europea” il quale “ha rilevato che ogni euro investito per il nucleare genera 5 euro in più nel PIL dell’UE e ogni posto di lavoro creato direttamente nell’industria nucleare crea 3,2 posti di lavoro nell’indotto contribuendo direttamente alla crescita economica della UE”.

Altro che pale eoliche: all’Italia serve il nucleare.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 8 novembre 2021

 

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