Il 24 giugno 1974, sul “Corriere della sera”, Pier Paolo Pasolini firmava uno dei suoi scritti corsari. Il titolo era: “Il Potere senza volto”.

Iniziava chiedendosi: “Che cos’è la cultura di una nazione?”. Poi enucleava le diverse culture e i diversi gruppi sociali che componevano da secoli il nostro Paese e concludeva: “Oggi – quasi di colpo, in una specie di Avvento – distinzione e unificazione storica hanno ceduto il posto a una omologazione (…). A cosa è dovuta tale omologazione? Evidentemente a un nuovo Potere. Scrivo ‘Potere’ con la P maiuscola – cosa che Maurizio Ferrara accusa di irrazionalismo, su ‘l’Unità’ (12-6-1974) – solo perché sinceramente non so in cosa consista questo nuovo Potere e chi lo rappresenti. So semplicemente che c’è”.

Quasi come un rabdomante Pasolini intuiva una trasformazione epocale sotterranea, che stava iniziando, ma che lo induceva a dire che “questo nuovo Potere ancora senza volto” non aveva più a che fare con coloro che fino ad allora sembravano rappresentare un qualche potere: “Non lo riconosco più né nel Vaticano, né nei Potenti democristiani, né nelle Forze Armate. Non lo riconosco più neanche nella grande industria, perché essa non è più costituita da un certo numero limitato di grandi industriali: a me, almeno, essa appare piuttosto come un tutto (industrializzazione totale), e, per di più, come tutto non italiano (transnazionale)”.

Era un’intuizione molto acuta. Ma oggi, cinquant’anni dopo, questo “nuovo Potere” – che Pasolini riteneva anche caratterizzato da “una ideologia edonistica” e da “tratti sostanzialmente repressivi” – ha fatto emergere il suo volto in modo abbastanza chiaro.

Possiamo dire che l’identikit tracciato da Pasolini di quel “Potere ancora senza volto” somiglia molto a realtà diventate a noi evidenti e familiari: la Globalizzazione e il potere planetario dei Mercati o “il Minotauro globale” come lo ha chiamato Yanis Varoufakis in un suo famoso libro. Non solo.

Ne è emersa pienamente anche l’ideologia (che assume la forma – come dice il Papa – di una “colonizzazione ideologica”) e sappiamo che è egemone nelle istituzioni internazionali (dall’Onu al FMI e alla UE) come nei grandi poteri economici mondiali. Non c’è nulla di segreto. Non ci sono complotti o poteri occulti.

Dovunque la Politica è ormai subordinata all’economia e alla tecnologia. I margini di manovra dei governi nazionali ci sono, ma, specialmente nella UE, sono sempre più stretti. Le limitazioni di sovranità degli Stati e i vincoli (spesso soffocanti) a cui i governi – liberamente eletti dai popoli – devono sottostare sui media “illuminati” sono lodati e  applauditi.

È la storia di questi anni e anche di questi giorni: basti vedere i “messaggi” che arrivano all’attuale governo italiano su ciò che “deve” fare (tasse, tagli di spesa e anche misure più dolorose e dannose).

Naturalmente le alleanze internazionali, i Trattati, gli accordi sono utili e importanti. C’è una naturale e salutare interdipendenza fra le economie moderne. Nessun Paese può isolarsi.

C’è poi da considerare il rapporto che ogni Stato deve avere con le organizzazioni internazionali perché giova a quello stesso Stato, anche per la sicurezza e la pace.  E giustamente l’articolo 11 della Costituzione “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati”, quelle “limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Ma tutto questo dovrebbe coesistere con la democrazia, il sistema in cui sono i popoli a decidere di se stessi.

Colpisce il fatto che questi organismi internazionali mai facciano autocritica sui loro errori (errori che spesso sono costati cari ai popoli). Mentre i governi devono rispondere agli elettori delle scelte volute da altri.

La causa profonda della disaffezione degli elettori è questa: perché andare a votare quando poi a decidere non sono coloro che abbiamo eletto, ma altri, estranei ai nostri interessi e che non rispondono a noi?

È comprensibile che in Italia si discuta di riforme istituzionali che permettano agli esecutivi di essere più stabili ed efficienti, ma la prima, vera grande riforma dovrebbe essere questa: cercare un riequilibrio fra la sovranità nazionale e altri tipi di sovranità, a livello internazionale.

Probabilmente il disegno di Giorgia Meloni riguardo all’Unione Europea – puntare a un’alleanza fra Conservatori e Popolari per guidare la nuova Commissione – ha questo obiettivo. Ma la strada è lunga e difficile. Molti la ostacoleranno.

In ballo però c’è la stessa democrazia e il benessere del nostro popolo e degli altri popoli europei. La difesa della libertà non si fa al passato, ma affrontando il presente che abbiamo descritto.

Post scriptum. Ho detto che il titolo che il “Corriere” assegnò all’articolo di Pasolini fu “Il Potere senza volto”. Ma ripubblicandolo nei suoi “Scritti corsari”, Pasolini decise di adottare questo titolo: “Il vero fascismo e quindi il vero antifascismo”.

Su questa scelta dello scrittore si dovrebbe meditare per capire cosa significa, nel 2023, la questione fascismo/antifascismo e la difesa della democrazia.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 29 maggio 2023

 

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