Prodi tra arcivescovi e arcigay
“Lo spirito delle primarie se n’è andato” lamenta costernato Romano Prodi che di spiriti se ne intende. E poi intima: “o si corre sotto un’unica bandiera o è meglio che ciascuno corra con la sua”.
La lista unica – ormai un fantasma inarrivabile – servirebbe al professore bolognese per imporre la sua leadership sui singoli partiti e per fermare le spinte allo sfascio del centrosinistra che negli ultimi giorni si sono fatte più forti.
Non bastava il bailamme scoppiato sul programma (dopo aver lavorato per mesi a un librone dei sogni, Prodi se l’è visto bocciare da metà della sua coalizione), non bastava il ciclone Unipol sui Ds (margheriti e prodiani sono pur sempre sulla stessa barca, anche se non nella stessa banca), adesso c’è Pannella che – appena legittimato dallo stesso Prodi – provvede a bombardare il tentativo prodiano di ricucire con la Chiesa e col mondo cattolico.
Dalla padella alla brace e dalla brace a Pannella.
L’inizio della campagna elettorale di Prodi sembra più accidentato della sintassi di Di Pietro e della “r” di Bertinotti.
Pannella è il più colossale combinaguai della politica italiana.
La primavera scorsa ha trascinato il centrosinistra in una disfatta di portata storica, quella del referendum sulla fecondazione artificiale (il risultato peggiore di tutta la storia dei referendum).
Prima di Natale si è inventato – per ricavarsi uno spazio di propaganda – un’inverosimile marcia per l’amnistia che (nonostante varie adesioni di facciata) è andata deserta, come la seduta parlamentare che ha fatto convocare.
Un assurdo buco nell’acqua che Pannella ha finito per imputare a Ds e Magherita da lui bombardati proprio mentre si coalizzava con loro.
Adesso, dopo aver colonizzato i socialisti di Boselli, pretende di inserire i Pacs nel programma dell’Unione.
Forzatura suicida perché i registri delle coppie di fatto nei Comuni sono stati un flop e la stragrande maggioranza degli italiani è decisamente contraria al riconoscimento della “famiglia gay” (clamoroso il sondaggio realizzato da Repubblica un anno fa: riconoscere come matrimonio anche la convivenza gay? Si dichiarava contrario il 62 per cento contro il 32; ancor di più erano i contrari all’adozione di bimbi per coppie gay).
Non a caso nei sondaggi pre-elettorali la coppia di fatto fra radicali e socialisti pare venga fortemente punita: sono dati al 2 per cento, cioè meno della somma dei due partitelli da soli.
Come diceva Montanelli: se son rose sfioriranno.
Si sa da sempre che Pannella non solo non porta voti, ma li fa perdere. E rischia di far perdere al centrosinistra pure un partito, l’Udeur di Mastella.
Che potrebbe perfino essere decisivo. La “Rosa nel pugno” più che una calamita di voti si annuncia come una calamità.
Oltretutto i Ds – per cercare un diversivo dai loro guai – hanno fortemente sponsorizzato, tramite la Cgil, la manifestazione per l’aborto di Milano, anch’essa una trovata irrazionale perché lo slogan “la 194 non si tocca” è fuori tema: gli unici che vogliono cambiare quella legge sono i soliti radicali e la Rosa nel pugno i quali intendono peggiorarla come fecero con il referendum del 1981 che – molti lo hanno dimenticato – fu bocciato dall’88 per cento degli elettori (perfino a quel tempo).
Questo rigurgito di piazza “anni Settanta” è stato condito da una serie di pesanti attacchi alla Chiesa e alla Santa Sede arrivati sia dai Radicali che dagli ambienti diessini, tanto che Prodi ha dovuto dichiarare la sua “amarezza” per la manifestazione e ha fatto filtrare – alla Stampa – la notizia di un suo recente incontro con il cardinale Ruini.
In sostanza sta tentando di farsi perdonare la sua opportunistica presa di posizione nel referendum di giugno.
Vuole guadagnare elettori in quel target cattolico di “indecisi” che è determinante per l’esito delle elezioni.
Per questo ieri il presidente dei deputati della Margherita Castagnetti tuonava: “Manifestazioni come quella sui Pacs rivelano una straordinaria incapacità di percepire la delicatezza dei momenti e anche un ritardo nell’acquisire una responsabilità di governo”.
A Prodi in questo momento più dell’Arcigay interessa l’Arcivescovo. Nei prossimi giorni si daranno da fare ancora di più per recuperare con i cattolici. Possono contare sui prodiani della Curia, sempre potenti.
Dev’essere qualche monsignore prodiano – per esempio – che ha voluto Liliana Cavani come presentatrice della prima enciclica di Benedetto XVI.
E la regista – già consigliere Rai – ha provveduto subito a fare la sua clamorosa gaffe con una devastante intervista al Corriere della sera di ieri in cui sbandiera la sua vicinanza a Prodi, si dichiara paladina della legge 194, c’informa che al referendum di giugno è andata a votare (con buona pace di Ruini) e – per finire – afferma avventurosamente: “si può essere al contempo cristiani e induisti”.
Se già era un po’ comico chiamare una regista (neanche famosa) a spiegare la teologia di un’enciclica, dopo queste dichiarazioni è facile capire che i prodiani di Curia hanno fatto un pessimo scherzo a Papa Ratzinger.
I prodiani sono forti nella burocrazia ecclesiastica, mentre il centrodestra in passato ha avuto il consenso del semplice popolo cattolico.
Lo avrà anche in futuro?
Ieri un certo Vignali della Compagnia delle Opere ha fatto una surreale apologia di Fassino e delle coop rosse, ma non c’entra niente con il popolo cattolico, è una voce irrilevante e non rappresenta neanche CL (come erroneamente si crede).
Tuttavia il centrodestra non può considerare scontato il decisivo voto cattolico. Deve muoversi almeno quanto sta facendo Prodi per guadagnarlo.
Anche perché il centrosinistra appare unito solo da tre punti programmatici: abolire la Bossi-Fini per riempire l’Italia di clandestini e tassare i risparmi e la casa.
Il centrodestra, oltre ad avversare queste disastrose idee, oltre a criticare un’armata Brancaleone che vorrebbe riportare l’Italia al passato, potrebbe (e dovrebbe) qualificarsi con una visione ben più lungimirante e nobile del futuro dell’Italia.
Potrebbe e dovrebbe far tesoro del grande cambiamento culturale e spirituale del Paese (fotografato da tutte le ricerche serie, manifestatosi nel recente referendum e ignorato dai politici).
Oggi per un centrodestra pensante battere Prodi sarebbe possibile. Lo vorrà?
Fonte: © Il Giornale – 16 gennaio 2006