Dario Fertilio, il 7 novembre, sul “Giornale”, ha ricordato che quella data – anniversario della rivoluzione russa – è anche, da alcuni anni, la giornata della memoria dedicata alle vittime del comunismo. Eppure è passata nella più completa indifferenza, nonostante ricordi “dagli 80 ai 200 milioni” di vittime di quella sanguinaria utopia.

Del resto è passato sotto silenzio pure l’anniversario della pubblicazione di “Arcipelago Gulag” (1973-2023) che di quell’orrore è la testimonianza più grandiosa. Quella che mise con le spalle al muro il salotto intellettuale del progressismo italiano, il quale snobbò Solzenicyn. Ed è singolare che in un’Italia oggi governata dal centrodestra un simile anniversario sia stato così ignorato. Senza un solo evento.

Fertilio si chiede: “come mai una simile congiura del silenzio?” Di solito si dà questa risposta: perché ormai il comunismo è cosa del passato. Ma forse la risposta vera è esattamente opposta: perché il comunismo c’è ancora ed è molto forte.

ROSSO ANTICO  

C’è in forma esplicita in Cina, che è di fatto la grande antagonista degli Stati Uniti, oltretutto alleata della Russia – dotata di arsenale atomico – in cui ormai è in atto una regressione spaventosa verso il passato sovietico che arriva addirittura alla riabilitazione di Stalin. Si potrebbe poi parlare di Corea del Nord, Cuba, Vietnam. Ma ci sono anche varianti di sinistra come Bielorussia, Nicaragua, Venezuela o alcuni regimi africani.

In Italia abbiamo avuto il più forte Partito Comunista d’occidente. Crollato il Muro di Berlino i compagni italiani cambiarono nome e casacca e restarono sulla scena politica dicendosi democratici e liberali. Qualcuno di loro – anche di alto rango – si autoconvinse perfino di non essere mai stato comunista e che pure il Pci non era mai stato davvero tale.

Passarono in blocco all’Occidente e, pur di avere finalmente accesso alla stanza dei bottoni, con la devozione acritica che il Pci togliattiano ebbe verso Mosca, si professarono fedeli a Bruxelles (ovvero Berlino e Parigi) e a Washington. Si proclamarono atlantisti ed europeisti pretendendo perfino di fare l’esame di liberalismo agli altri.

I post-comunisti hanno un solo punto debole. Non riescono a rinnegare il Pci, il partito di Togliatti e Berlinguer, con una vera e radicale bocciatura e una personale autocritica. Ammettono che il Pci fece “degli errori”, ma ne parlano sempre con nostalgia e grande stima morale. Del passato resta l’arroganza e l’attaccamento al potere.

ROSSO MODERNO

Infine c’è una sinistra radicale che in Europa e negli Stati Uniti colpevolizza sempre e comunque l’occidente (la stessa crociata sul clima è parte di questa ideologia).

Federico Rampini scrive: l’America resta oggi il laboratorio del suicidio occidentale, per una ragione (…). Stavolta quei pezzi di cultura radicale che demonizzano e demoliscono ogni valore dell’Occidente, sono cooptati nell’establishment. Mai in passato c’era stato un allineamento così totale tra la cultura antioccidentale e i poteri forti del capitalismo, della cultura, dei media, dell’industria dell’entertainment”.

È una nuova sinistra che avanza. Alain Besançon notò che il comunismo è insidioso perché “si serve dello spirito di giustizia e di bontà che è diffuso su tutta la terra per diffondere in tutta la terra il male. Ogni esperienza comunista è ricominciata nell’innocenza”.

Questa sinistra non nasce dal comunismo, ma anch’essa rivendica l’innocenza e pretende di rappresentare le vittime (sostenuta dai poteri forti). Aiuto!

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 11 novembre 2023

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