Agostino Giovagnoli, in un articolo di fondo molto schierato a sinistra, su “Avvenire” (9/7), contesta a Giorgia Meloni (senza nominarla) l’uso del termine “nazione”. Ma lo fa con argomenti storicamente sbagliati.

Scrive: “Se proprio si vuole parlare di nazione – con la n minuscola – bisogna aggiungere sempre, come faceva la classe dirigente cattolica nel dopoguerra, ‘nata dall’antifascismo e dalla Resistenza’. Solo così è chiaro che non si parla di nazionalismo”.

Intanto la tesi appare illogica perché il nazionalismo esisteva già prima del fascismo. Ma poi…

NATA IERI?

Non si sa chi (e quanto spesso), fra i dirigenti della DC, usava l’espressione “nata dalla Resistenza” che invece era diffusa fra i dirigenti del Pci. Però dubito che qualcuno – anche fra i comunisti – abbia mai detto che “la nazione” italiana è “nata dall’antifascismo e dalla Resistenza”.

L’espressione “nata dalla Resistenza” si può riferire casomai alla Repubblica (che scaturì dal referendum del 2 giugno 1946), non allo Stato perché lo Stato italiano è nato nel 1861 (era una monarchia costituzionale), tanto meno alla “nazione italiana” che esiste da secoli, sia pure all’insaputa di Giovagnoli.

È assai curioso che Giovagnoli, il quale è uno storico, ritenga che la nazione italiana sia “nata dall’antifascismo e dalla Resistenza” (quindi nel ‘900). Cavour, Mazzini e Garibaldi o Manzoni, Verdi, Dante e Michelangelo non erano italiani? 

Forse Giovagnoli ignora la differenza di significato che esiste fra Nazione, Stato e Repubblica? Si può trovare una buona definizione sintetica di “nazione” sulla Treccani: “il complesso delle persone che hanno comunanza di origine, di lingua, di storia e che di tale unità hanno coscienza, anche indipendentemente dalla sua realizzazione in unità politica”.

Per questo diciamo che la nazione italiana esisteva già prima della Repubblica italiana e anche prima dello Stato italiano. Infatti il moto risorgimentale è sorto appunto da questa coscienza nazionale che precedette l’unità e di cui i nostri poeti sono stati i principali interpreti nel corso dei secoli.

UN ALTRO “AVVENIRE”

Proprio su questo tema “Avvenire” (ma nel 2010, il 2 dicembre) intervistò Claudio Scarpati, docente di Letteratura italiana alla Cattolica, che tenne una relazione al X forum del Progetto culturale della Conferenza Episcopale italiana.

Scarpati disse: “L’identità del nostro Paese fu delineata sul piano culturale ben prima della formazione di un progetto politico unitario. Dante e Petrarca per primi si rivolsero, scrivendo in volgare, a un nuovo e più vasto pubblico di ‘uomini desiderosi di sapere che non conoscono il latino’. L’Italia è continuamente presente nel poema di Dante, che ha parole durissime contro le discordie cittadine. Petrarca si rivolge a Dio perché faccia cessare le contese in quello che chiama il ‘tuo diletto almo paese’, l’Italia dove ha sede il successore di Pietro. La Roma antica e la Roma cristiana sono per lui all’origine dell’identità italiana. Inoltre Dante e Petrarca ci hanno lasciato in eredità una lingua sorprendentemente stabile”

Un intellettuale laico e antifascista come Giuseppe Antonio Borgese scriveva nel 1937: “L’Italia non fu fatta da re e capitani; essa fu la creatura di un poeta: Dante. […] Non è un’esagerazione dire che egli fu per il popolo italiano quello che Mosè fu per Israele. La Divina Commedia creò una nazione. […] Così nacque l’Italia: un compromesso fra l’infinito e la città, fra l’eternità e il quotidiano”.

Qualcuno informi Giovagnoli.

 

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 20 luglio 2023