Per far finire la guerra in Ucraina non bisogna risolvere solo questioni territoriali, militari o economiche. In fondo su tutte queste cose si possono trovare dei compromessi. Dopo qualsiasi guerra si sono stipulati trattati di pace.

Nell’immediato però c’è un’altra cosa che blocca tutto. È di natura esistenziale. Lo ha spiegato, con amarezza, Donald Trump, giorni fa, in un’intervista in cui ha detto che forse la pace in Ucraina è diventata impossibile perché “c’è un odio tremendo tra loro”. Parlava di Putin e Zelensky. Lo conferma il tira e molla sull’incontro fra i due presidenti in Turchia.

È l’odio che prevale sulla politica e perfino sugli interessi di entrambi e rischia di portarci a una guerra mondiale. Per questo, se si vuole la pace, non bisogna alimentare l’odio (viene in mente l’appello del Papa che lunedì ha chiesto ai media di “disarmare” il linguaggio).

Le chiese potrebbero e dovrebbero contribuire alla pacificazione e al dialogo. Ma in Ucraina e Russia sono troppo coinvolte. Invece lo fa la Chiesa Cattolica romana. La voce del Papa ha questa purezza, questa forza e questa autorevolezza.

Ora è chiaro per tutti che l’appello a spazzare via l’odio (anche in Medio Oriente, come ha ripetuto il Patriarca di Gerusalemme card. Pizzaballa) non è solo un’astratta esortazione morale, ma coglie il grande problema concretoche blocca il dialogo e la pace possibile.

E’ questo anche il motivo per cui Trump – come ha detto più volte – non ha mai ceduto a chi gli chiedeva di insultare e criminalizzare Putin. Spiegò che se lo avesse fatto poi non avrebbe potuto tessere la tela della trattativa fra le parti per arrivare infine alla pace.

Putin, se davvero è un abile calcolatore, deve capire che questa è l’ultima opportunità anche per lui. Altrimenti, dopo la brutale e assurda invasione dell’Ucraina, rischia di innescare una guerra mondiale in cui tutti sono perdenti.

Trump ha pagato un prezzo politico alto per non aver voluto aizzare l’odio fra le parti e la guerra. Lo hanno attaccato duramente. Ma oggi è lui la forza pacificatrice su cui il mondo può contare.

Bisogna riconoscere che Trump – diversamente da tanti incendiari – ha mostrato una saggezza e una prudenza da statista. Peraltro ha fatto una scelta politica che dovrebbe essere compresa da Leone XIV perché proprio nell’insegnamento del suo sant’Agostino si trova delineato questo atteggiamento, che è insieme di grandezza d’animo e di realismo politico.

Nel Discorso n. 357 il Padre della Chiesa diceva: Quelli che amano la pace vanno lodati. Quelli che la odiano non vanno provocati col rimprovero: è meglio cominciare a calmarli con l’insegnamento e con [la strategia del] silenzio. Chi ama veramente la pace ama anche i nemici della pace”.

Certo, Agostino stava esortando dei cristiani alla carità, ma il suo insegnamento evangelico è anche una straordinaria lezione di realismo politico: “Sopportate con pazienza, ve ne scongiuro, fratelli miei, [anche le provocazioni]… Cerca di vedere, te ne scongiuro, qual è il frutto della pazienza”.

Infatti così è possibile disinnescare quella che René Girard chiamava “rivalità mimetica”, che accende conflitti e li porta ai livelli più devastanti.

Del resto, nel XIX Libro della “Città di Dio”, Agostino spiega che “non vi è nessuno che non voglia possedere la pace. Addirittura anche coloro che ricercano le guerre”, puntando al la vittoria, “desiderano raggiungere la gloria e la pace attraverso la guerra”.

Significa che in fondo la pace è il maggior interesse di tutti: è l’argomento vincente. Leone XIV conosce bene questo insegnamento e oggi il suo Paese, spesso giudicato aggressivo e guerrafondaio dai suoi nemici, è guidato da un Presidente che ha messo in moto queste dinamiche di pacificazione. Santa Sede e Casa Bianca possono collaborare.

Da agostiniano il Papa sa pure che in realtà la Pace vera, che è la felicità piena, sarà possibile solo nella Città di Dio dell’eternità. Ma già su questa terra bisogna tendere alla “pace che è possibile”, occorre perciò costruire quella “concordia ordinata” che con saggezza si può raggiungere (“la pace temporale secondo la misura della vita mortale”).

Ricordando che sarà sempre una pace imperfetta, come ogni opera umana. Per questo si può conseguire solo con il realismo e con la disponibilità a trovare un compromesso, senza utopie e fondamentalismi.

Come insegnava Joseph Ratzinger: “non l’assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività politica”.

Antonio Socci

Da “Libero”, 14 maggio 2025