La scelta del nome “Leone” è stata motivata dal nuovo Papa con il richiamo a papa Leone XIII (1810-1903) autore dell’enciclica Rerum novarum che affrontava la “questione sociale” nel contesto della rivoluzione industriale. Quel documento è più ricco di quanto si creda.

Esso infatti critica le ingiustizie prodotte dal capitalismo e ne suggerisce correzioni e rimedi, per raggiungere una vera giustizia sociale, ma rappresenta anche una dura bocciatura del socialismo che in quell’anno 1891 era ancora un movimento e l’anno successivo, il 1892, si organizzerà come Partito.

La Rerum novarum difende la proprietà privata come diritto naturale da affermare anche per la promozione dei lavoratori: “la comunanza dei beni proposta dal socialismo va del tutto rigettata, perché nuoce a quei medesimi a cui si deve recar soccorso, offende i diritti naturali di ciascuno, altera gli uffici dello Stato e turba la pace comune. Resti fermo adunque, che nell’opera di migliorare le sorti delle classi operaie, deve porsi come fondamento inconcusso il diritto di proprietà privata”.

Un passaggio molto attuale dell’enciclica: È ingiustizia ed inumanità esigere dai privati più del dovere sotto pretesto di imposte”. Oggi gli attacchi alla proprietà continuano pure in forme diverse.

Ma c’è molto altro nella Rerum novarum. Leone XIV, ieri, l’ha ricordata su uno dei temi più discusi: “Occorre investire sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna, ‘società piccola, ma vera, e anteriore a ogni civile società’”.

Inoltre quell’enciclica storicamente lanciò i cattolici italiani in un impegno pubblico, fatto pure di opere sociali che contendevano il campo ai socialisti, da cui nacque il Partito popolare italiano di don Luigi Sturzo. Sulla sua eredità morale, dopo il fascismo, fu fondata la Democrazia cristiana, pilastro del nostro Paese per mezzo secolo.

La sua classe dirigente ha portato l’Italia alla piena democrazia, l’ha protetta dall’incombente minaccia comunista, ha realizzato prima la ricostruzione e subito dopo il miracolo economico e ha trasformato l’Italia, da Paese agricolo e non sviluppato, nella quarta potenza industriale del mondo. Con una rete di protezione sociale all’avanguardia fra tutti i Paesi avanzati.

Sono i decenni democristiani che hanno portato un popolo povero e ferito a rialzarsi dalle macerie della guerra e della dittatura, per costruire una prosperità mai vista, accedendo finalmente al pieno diritto alla salute e all’istruzione, cosa che rappresentò uno straordinario (e mai più ripetuto) ascensore sociale per diverse generazioni. Tutto questo nella libertà e nella pace (grazie all’ancoraggio atlantico voluto dalla Dc di Alcide De Gasperi).

Oggi nessuno riflette su quella storia e sulle novità che ha portato anche nella dottrina sociale della Chiesa (mi riferisco in particolare al keynesismo della Dc). Spesso si ha l’impressione che sia una storia ignorata o rimossa da parte di quei cattolici (e di quei vescovi) che negli ultimi anni sono tornati a parlare di impegno politico prescindendo da ciò che è stata ed ha rappresentato la DC.

Si sentono all’anno zero e danno per scontato che tale impegno adesso debba gravitare necessariamente attorno al Pd, che però è egemonizzato dai postcomunisti ed è una forza ideologicamente anticattolica. In cui i cattolici sono mosche cocchiere che devono disfarsi della loro storia e dei loro valori. Una nuova Rerum novarum non può che significare la totale emancipazione dei cattolici da tale subalternità.

 

Antonio Socci

Da “Libero”, 17 maggio 2025