Questo articolo non ha fatto in tempo ad uscire che già in mattinata se n’è saputa un’altra: il giornale dei vescovi italiani “Avvenire” ha arruolato come vignettista Sergio Staino, sottolineando che è “non credente” e soprattutto che è TUTTORA direttore dell’Unità, storico giornale del Pci, ed è anche Presidente onorario dell’Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti). Quindi ha tutti i titoli per apparire sul giornale della Chiesa italiana, dove, in epoca bergogliana, i credenti sono visti molto male. Vedremo se adesso i vescovi, che hanno i credenti in così gran dispetto, andranno a chiedere l’otto per mille ai compagni e ai “non credenti”.

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La Pubblica (d)istruzione ha oggi una “ministra”, Valeria Fedeli, che ha appena avuto il privilegio di venir rilanciata dai due campioni della società dello spettacolo: Crozza e Bergoglio.

Difficile dire chi dei due abbia avuto la migliore trovata comica. Crozza fa dire alla Fedeli: “Se avessi avuto lo smartphone in classe avrei finito le elementari anche io”.

Bergoglio è stato più corrosivo e divertente: gli ha fatto fare la prefazione a un suo libro intitolato “Imparare ad imparare”.

Per invitare i ragazzi a studiare quale migliore testimonial della Fedeli? Di sicuro i giovani si tufferanno nei libri preferendo diventare un giorno disoccupati piuttosto che rischiare di diventare ministri. O papi.

Perché pure Bergoglio ha avuto problemi con i titoli di studio (teologici). Perciò è diventato papa.

Dopo che hanno elevato lui al ministero di Pietro chi poteva eccepire sulla nomina della Fedeli a capo del ministero dell’Università?

Ora ci manca solo che mandino l’on. Razzi in Corea del Nord con Al Bano per scongiurare la guerra nucleare cantando “Felicità” o che eleggano Casini a capo della Commissione d’inchiesta sulle banche.

Dite che lo hanno già fatto? E allora avanti tutta: al ministero degli esteri il governo Gentiloni-Bergoglio potrebbe chiamare un migrante senza cittadinanza, che so, un tal “Algerino Afghano” del Nuovo Centrodestra, come spot per lo Ius soli.

Del resto Bergoglio ha già nominato mons. Vincenzo Paglia a capo della (fu) Pontificia Accademia per la vita. Sì Paglia, quello che – appena arrivato nell’istituzione che si dovrebbe battere contro l’aborto – ha fatto l’apologia di Marco Pannella dichiarando “Pannella, uomo di grande spiritualità” e celebrando a lungo “Marco ispiratore di una vita più bella non solo per l’Italia, ma per questo nostro mondo, che ha bisogno più che mai di uomini che sappiano parlare come lui”.

Praticamente un Padre della Chiesa. Paglia concluse: “io mi auguro che lo spirito di Marco ci aiuti a vivere in quella stessa direzione”.

E forse l’epoca Bergoglio sta tutta in questa mutazione: un tempo nella Chiesa si invocava lo Spirito Santo e oggi lo spirito laico di Marcolino nostro.

D’altra parte il capo di Paglia, il papa argentino, aveva già celebrato Emma Bonino e Giorgio Napolitano “tra i grandi dell’Italia di oggi”. Pensate un po’ che idea ha degli italiani… Un tempo ci fu il cosiddetto “papa buono”, oggi abbiamo il “papa Bonino”.

L’epoca Bergoglio avrebbe deliziato – più che un Guy Débord, situazionista – un Mario Appignani, in arte “Cavallo pazzo”, il fantastico guastatore che invadeva i campi di calcio, si denudava ai congressi radicali, minacciava di buttarsi nel Tevere e irrompeva a Sanremo e negli studi di Pippo Baudo. In romanesco si potrebbe dire: “Ce stamo a divertì”.

L’exploit più mirabolante della chiesa bergogliana, l’8 dicembre 2014, somigliò a uno scherzo goliardico inventato davvero dagli Indiani metropolitani: la proiezione sul Cupolone e sulla facciata della Basilica di San Pietro, cuore della cristianità, di scimmioni, fiere, elefanti e ogni genere di bestia.

Ma fu uno spettacolo voluto dal Vaticano per inaugurare il giubileo. Con un colpo solo si profanò la Basilica più importante della cattolicità e la festa dell’Immacolata. Ma a Santa Marta non la pensarono così. Lo fecero per esortare alla “conversione ecologica”.

L’inventiva papale di questi tempi non ha limiti. Dopo le vertiginose esternazioni aeree, dopo essersi fatto immortalare con la “falce e martello” con crocifisso, dopo le ricorrenti telefonate a sorpresa a vip e persone comuni, dopo che Bergoglio ha annunciato di aver recitato – interpretando se stesso – in “Beyond the sun”, un film di Natale, e dopo essere stato rappresentato in vari fumetti, speriamo che non ci sia qualche sciagurato che gli consigli di partecipare pure a un cinepanettone con De Sica o Boldi. Vuol piacere, d’accordo, ma a tutto c’è un limite.

Altrimenti dovremo dire che al tempo del papa sudamericano va in scena il carnevale di Dio (rigorosamente “non cattolico”), forse perfino più variopinto di quello di Rio.

E’ anche simpatico, certo. Sono tuttora reperibili su “Google immagini” le foto di Bergoglio che in piazza San Pietro, nei saluti dopo l’udienza, si mette sul naso la pallina rossa dei clown che gli aveva porto un fedele e anche un copricapo di palloncini colorati.

Com’è alla mano, signora mia. Proprio come uno di noi. Tanto gioviale. Un papa così non si era mai visto. E questo è certamente vero.

I giornali sono deliziati. Perché il rivoluzionario di Santa Marta riesce con pochi gesti a demolire millenni di aura sacrale attorno alla figura del Vicario di Cristo (elevando così l’uomo Bergoglio alla mitizzazione mediatica).

Come quando è andato al negozio di ottica a comprare gli occhiali (non si è ancora visto a buttare il sacco della spazzatura ai cassonetti, ma in compenso ha scritto un’enciclica per raccomandare di fare la differenziata).

O come quando – nella recente visita a Milano – in una piazza, circondato da migliaia di persone, è entrato dentro un bagno chimico: gesto altamente simbolico di desacralizzazione (difficile pensare che in tutta Milano non si trovasse un bagno normale e in luogo riservato per il papa).

Era abbastanza imbarazzante tutta quella gente assiepata attorno al casottino dov’era entrato pontefice. Ma tutti han trovato la cosa tanto commovente.

C’è solo qualcuno che ha eccepito sul fatto che dentro quegli attrezzi non ci sarebbe il lavandino per lavarsi le mani (poi da baciare). Ma cosa importa: la rivoluzione ha le mani pulite.

E infatti il bagno chimico come simbolo della rivoluzione bergogliana torna anche in queste ore. Durante la sua visita a Bologna il vescovo Zuppi – sempre per desacralizzare tutto (infischiandosene del Codice di diritto canonico e del buon gusto) – ha organizzato un banchetto per 1400 persone nella bellissima basilica di San Petronio, con lui e il papa, e per l’occasione sono stati collocati bagni chimici pure lì.

Dall’escatologia alla scatologia il passo è breve. In fondo la chiesa bergogliana (dimenticata l’eternità) vuole occuparsi dei “bisogni” dell’uomo

Basti vedere quanto spazio Bergoglio ha dedicato al problema delle fognature nella sua enciclica “Laudato si’”.

La situazione è grave, ma non seria. Nelle chiese non si celebra più il Sacro Cuore, ma lo Ius soli, lo scisma luterano, la Bonino e la Boldrini. Qualcuno eccepisce su Vasco Rossi chiamato a spiegare il Vangelo, ma non è peggio definire il tragico scisma luterano come “una benedizione per la Chiesa”?

Moltissimi sono sconcertati, anche fra preti e vescovi, ma non hanno il coraggio di dire nulla e ci vuole Brigitte Bardot – che all’inizio fu sua fan – per rimproverare papa Bergoglio di favorire “la migrazione musulmana a discapito dei cristiani del Medio Oriente”.

Certo c’è pure qualche coraggioso intellettuale cattolico e qualche cardinale che accoratamente mette in guardia Bergoglio dal diffondere (volontariamente o no) eresie.

Ma le eresie sono sempre state una cosa seria e Bergoglio ha sempre detto che non si è mai interessato di teologia. Infatti nemmeno riceve i cardinali dubbiosi.

Tutto è spettacolo, direbbe (appunto) Débord. Forse il papa più che la Fedeli dovrebbe considerare i fedeli. Che sono smarriti e delusi.

Nelle parrocchie e nelle diocesi ognuno s’inventa le cose più surreali. E’ una Chiesa allo sbando. Secondo alcuni siamo alla frutta, secondo altri alla grappa. E c’è chi teme che sia solo l’antipasto.

Ma il problema – secondo me – è solo uno: l’applauso adulatorio della corte bergogliana e del mondo dei media (a volte ricordano la celebre gag di Petrolini).

Bergoglio ha tanti (troppi) adulatori e non mancano opportunisti e carrieristi. Mentre avrebbe bisogno soprattutto di qualcuno che gli vuole bene, davvero bene, e che lo guarda con fraterna carità e – dopo averlo abbracciato – gli dice la (sgradevole, ma liberante) verità.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 1 ottobre 2017

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