A due settimane dal clamoroso risultato delle europee, si può fare il punto del dibattito nel mondo progressista: quella che ha votato e che ha ridotto il centrosinistra al minimo storico sarebbe un’Italia di trogloditi, di analfabeti funzionali, di ignoranti o addirittura di fascisti e razzisti.

Ci sono pure “sinceri democratici” che, come al solito, se la prendono col suffragio universale, che è come prendersela col termometro quando si ha la febbre alta.

Neanche la dirigenza del Pd è disposta a seguire i pochi, impietosi, analisti critici della loro parte, come Luca Ricolfi o Federico Rampini, in una dolorosa riflessione autocritica. Né vogliono ascoltare gli italiani, ammettendo i propri torti. Più perdono e più si convincono di essere i migliori: sono gli elettori a sbagliare, a essere ignoranti o stupidi o fascisti.

Un salotto refrattario all’autocritica sta a Bologna: la “Repubblica delle idee” allestita dal giornale di Scalfari, dove in questi giorni va in scena quella che si considera l’Italia migliore. Infatti il titolo proclama: “C’è un’altra Italia”. E’ l’Italia che si celebra come onesta, antifascista, solidale e illuminata. Sono i Buoni e gli Intelligenti.

Il segretario Pd Zingaretti, lì a Bologna, per stare in tema, è andato sul classico e ha tuonato: “La Lega è un pericolo per la democrazia in Italia”.

Giustamente Marco Gervasoni ha commentato, sempre via twitter: “ ‘De Gasperi un pericolo per la democrazia’ (Togliatti). ‘Craxi un pericolo per la democrazia’ (Berlinguer). ‘Berlusconi un pericolo per la democrazia’ (Occhetto, D’alema, Veltroni ec)”.

In sostanza, considerare un pericolo per la democrazia gli avversari è tipico della tradizione comunista, la quale – come tutti sanno – è sempre stata, in tutto il mondo, la culla della democrazia e della libertà dei popoli.

Non a caso proprio Zingaretti ha appena pubblicato un libro, “Piazza grande”, nel quale afferma tranquillamente che se “non ci fosse stata l’Unione Sovietica, non sarebbero state possibili le lotte dei partiti di sinistra e democratici né il compromesso sociale che oggi in Europa è un esempio per tutto il mondo civilizzato”.

Così è più chiaro quale sia la “democrazia” che Zingaretti vede minacciata dalla Lega: quella che ci è stata garantita dalla presenza dell’Unione Sovietica.

Come ha scritto sarcasticamente il suo compagno Claudio Petruccioli: “Trent’anni dopo la caduta del muro di Berlino, Zingaretti riporta l’orologio al 1945. Anche questo è un modo per convincersi di avere un futuro”.

D’altra parte Zingaretti è convinto addirittura che le elezioni europee siano andate bene per il Pd perché è passato dal 18 per cento del 2018 al 22 per cento del 26 maggio. Inutilmente Matteo Renzi gli ha fatto presente che “il Pd ha perso in valori assoluti circa 100 mila voti” rispetto alle politiche del 4 marzo 2018 che già erano state una catastrofe. Ma Zingaretti ha negato cosicché si è scoperto che da quelle parti perfino la matematica è un’opinione.

Del resto anche nel 2018 mancò qualsiasi riflessione autocritica. “Il Foglio”, nel settembre 2018, riportò degli studi titolando in questo modo eloquente: “Ecco come il Pd ha perso sei milioni di voti dal 2008 ad oggi”.

Naturalmente è sempre colpa degli elettori. Ma nel PD snobbano anche i propri sostenitori, altrimenti scoprirebbero qualche causa della loro catastrofe. Il professor Roberto D’Alimonte riferiva, per esempio, che nella primavera del 2015“quasi l’80% dei sostenitori del Pd era a favore della riduzione del numero di immigrati”.

Sappiamo che le scelte dei governi Pd sono andate in direzione opposta. C’è allora da stupirsi se nel 2018 e nel 2019 questo partito è crollato nelle urne e se – al contrario – la Lega di Matteo Salvini è schizzata al 34 per cento?

Quelli che – nelle fabbriche del Nord o nelle regioni rosse – un tempo votavano a Sinistra e oggi votano Lega, sono diventati di colpo dei barbari sospetti di fascismo?

Naturalmente la mancanza di una riflessione critica – che già mancò sul comunismo, dopo il 1989 – non significa che non vi siano polemiche nel PD e nella Sinistra in genere. Anzi, è il regno della rissa continua.

Ieri, per esempio, sempre a Bologna, Matteo Renzi ha bombardato Enrico Letta svelando la verità sul siluramento del suo governo: “Enrico Letta è andato a casa, su richiesta di Roberto Speranza, perché i risultati economici di quel governo erano devastanti. Le riforme erano bloccate, il parlamento era fermo e quindi ci assumemmo la responsabilità di un cambio”.

Poi, a proposito della possibile candidatura di Letta alla presidenza della Commissione europea, dice sarcastico: “Letta è molto forte nelle redazioni dei giornali molto meno nelle cancellerie europee. Se Francia e Germania lo avessero voluto a capo della Commissione ce lo avrei portato io”.

Indispettito Letta ha risposto via twitter: “Leggo Matteo Renzi prendersela ancora con me, rimestando sulle stranote vicende del 2014 (5 anni fa… una vita). Mi permetto un consiglio sulla base della mia personale esperienza; volti pagina, guardi avanti. Si fanno cose interessanti e si sta anche meglio”.

Ma le risse, i veleni e le accuse reciproche non sono una riflessione autocritica. Zingaretti – nel suo libro – l’ha abbozzata come poteva: ha riletto gli ultimi 25 anni come una “subalternità” della Sinistra all’ordoliberismo. Così riconosce che hanno abbandonato le classi popolari sottomettendosi ai diktat del Mercato.

Ma se Zingaretti volesse essere davvero conseguente dovrebbe oggi ribaltare tutte le scelte strategiche dell’Ulivo e del Pd, a cominciare dall’euro e dall’Unione Europea di Maastricht. Come alcuni a Sinistra – per esempio Stefano Fassina – stanno ripetendo (ma invano).

Invece l’attuale segretario Pd preferisce inseguire Salvini sui social e finisce per fare continui autogol.

Negli ultimi giorni su Twitter ha sparato a zero sui minibot della Lega, per pagare i debiti della Pubblica amministrazione, definendoli “una grande truffa”, ma dimenticando che lo stesso Pd ha votato a favore di quella mozione in Parlamento (d’altronde i debiti della Pubblica amministrazione quando sono stati fatti?).

In un altro tweet ha tuonato: “Non vi azzardate a tagliare sulla sanità. Faremo le barricate per tutelare la salute”.

Gli hanno ricordato i 16 ospedali chiusi e i 3600 posti letto tagliati nel suo Lazio col 90 per cento di aumento dei tempi di attesa (e ancora si potrebbe discutere sui tagli alla Sanità al tempo dei governi PD). Il commento più lapidario che ha raccolto su twitter è stato: “A cazzaro, dinne n’antra, facce ride!”

 

Antonio Socci

Da “Libero”, 10 giugno 2019

(nella foto il numero di amministrazioni dei vari schieramenti e, a fianco, il numero delle amministrazioni perdute o guadagnate. Sotto: il surreale commento del segretario Pd Zingaretti)

 

 

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