CONTRADDIZIONI

Nel 2019 – Donald Trump alla Casa Bianca – Enrico Letta pubblicava un libro, “Ho imparato” (Il Mulino), dove tuonava: “Il rischio è che Trump diventi un modello: licenza di oltrepassare il limite, senza argini, senza contrappesi. Ora è il turno della Cina, il nuovo grande nemico. La storia è tornata. Pechino è stata, infatti, il bersaglio principale della campagna presidenziale di Trump… Questa paranoia, che si è tradotta anche in un’escalation senza precedenti di offensive commerciali reciproche, va guardata in un contesto più ampio, cioè nella dinamica tra due imperi, uno in ascesa e uno in declino. Con Trump torna quindi la tentazione di cercare un nemico assoluto e con essa anche il rischio di ripiombare in una nuova Guerra Fredda… Una cortina di ferro tra i due colossi sarebbe una catastrofe”.

Il nuovo presidente Joe Biden, al G7 dei giorni scorsi – com’è noto – ha lanciato proprio una nuova guerra fredda per arginare l’espansionismo cinese. Maurizio Molinari, direttore di “Repubblica” ed esperto di politica estera, ha titolato così il suo editoriale: “L’Europa e la seconda Guerra Fredda”.

Letta ha rivolto a Biden lo stesso attaccho che aveva riservato a Trump per la nuova Guerra Fredda anticinese? Non risulta.

Imbarazzata è stata anche la sua reazione alle sortite filocinesi di Beppe Grillo (leader del M5S, alleato strategico del Pd) che ha posizioni opposte a quelle del governo Draghi e degli Usa.

Nella conferenza stampa finale del G7, il nostro Presidente del Consiglio ha dichiarato: “il comunicato finale riflette perfettamente la nostra posizione sulla Cina”.

Di quella conferenza stampa, la cronaca del “Sole 24 ore” (13/6) segnala pure un curioso dettaglio: “Con una battuta lasciata cadere con nonchalance (‘non abbiamo candidati’) il premier italiano ha bruciato la possibile candidatura dell’ex premier e attuale segretario del Pd, Enrico Letta alla guida della Nato il prossimo anno al posto di Jens Stoltenberg”.

 

VACANZE ITALIANE

Estate 2021, finalmente tornano i turisti. Iosif Brodskij, in “Fondamenta degli incurabili” (Adelphi), cita Anna Achmatova: “L’Italia è un sogno che continua a ripresentarsi per il resto della vita”.

 

PROFETI E APPLAUSI

Sta uscendo da Einaudi una nuova edizione del libro di Nuto Revelli, “Il prete giusto”, la storia di don Raimondo Viale (1907-1984) una bella figura di sacerdote vissuto nella parrocchia di Borgo San Dalmazzo, nella campagna cuneese.

Dalla povertà contadina al sacerdozio, dallo scontro con i fascisti al confino, poi la guerra, il suo prodigarsi per salvare partigiani ed ebrei e poi le incomprensioni e la dolorosa sospensione “a divinis”.

Sacerdote sempre, con tutti, senza distinzioni politiche, don Raimondo sapeva che il Vangelo, se lo si annuncia seriamente, suscita ostilità e perfino l’odio del mondo.

Diceva: “Ci sono preti che si comportano da altoparlanti di Gesù Cristo, non solo con le parole, ma anche coi fatti. Altri invece hanno scelto la vita quieta, il tran tran: nessun nemico. Io dico: se un prete non ha nemici non è un prete. Gesù crea una rottura tale che lo chiamano ‘segno di contraddizione’”.

Parole profetiche per la Chiesa di oggi che non vuole avere nemici. Il card. Gianfranco Ravasi, nella sua prefazione, scrive che “il sacerdote autentico non deve temere di essere sempre segno di contrasto”.

E cita don Lorenzo Milani che diceva: “Dove è scritto che il prete debba farsi volere bene? A Gesù o non è riuscito o non è importato”. Un messaggio per chi cerca gli applausi del mondo.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 18 giugno 2021

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