OMBRE ROSSE

La tragedia del Covid 19 (di cui tuttora non è stata chiarita l’origine) è solo un esempio di quanto è pericoloso per il mondo un totalitarismo comunista come quello cinese.

Si comincia a capirlo. Il recente caso dei sottomarini e dell’alleanza anti-Cina, fra Usa, Gran Bretagna e Australia, ha fatto parlare infatti di nuova guerra fredda.

Contro tale prospettiva è andato il convegno “Occidente e Cina: dialogo e collaborazione tra XX e XXI secolo”, aperto (non a caso) da un messaggio del ministro degli esteri Luigi Di Maio e da un altro messaggio del Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin. Entrambi dialoganti col regime cinese.

Il quotidiano dei vescovi, “Avvenire” (30/9) ha titolato “Occidente-Cina: nessuna ‘guerra fredda’” la relazione dello storico cattoprogressista Agostino Giovagnoli che rispecchia l’attuale ideologia dominante in Vaticano secondo cui la guerra fredda è un’idea da rigettare, “una strada pericolosa che può scavare abissi tra i popoli”. Ad essa si contrappone “la strada originale e inattesa” che si è aperta tra la Santa Sede e la Repubblica popolare cinese.

Lo storico allude all’accordo stipulato sotto papa Bergoglio, il cui testo rimane ancora segreto, ma che in sostanza sottomette la Chiesa in Cina al regime comunista.

Nel dopoguerra la Chiesa di Pio XII fu fondamentale per fermare la minaccia sovietica e negli anni Ottanta fu decisivo il papato del polacco Giovanni Paolo II per arrivare al “miracoloso” crollo incruento delle dittature dell’Est. Oggi abbiamo un Vaticano che segue la strada oppostadi fronte al comunismo cinese.

È l’ideologia della sinistra cattolica che non ha mai visto il comunismo come un pericolo e che, anche negli anni ’40 del Novecento, lo considerava vincente.

FERMARE PECHINO

C’è però chi ritiene che non voler vedere il pericolo di certi regimi totalitari replichi il tragico errore della Conferenza di Monaco del 1938.

Sembra far tesoro di questa lezione storica Federico Rampini nel suo ultimo libro, “Fermare Pechino (capire la Cina per salvare l’Occidente)” (Mondadori).

Il primato economico cinese è ormai realtà, a cui si aggiunge quello militare in Asia e nel Pacifico. La reazione dell’America è incerta, sia per gli interessi economici di certi potentati che hanno fatto della Cina “la fabbrica del mondo” (a scapito di lavoratori e ceto medio occidentali), sia per l’ideologia che dilaga in America criminalizzando gli Usa come Impero del male e l’uomo bianco come causa di tutti i guasti.

Rampini non propone ovviamente una guerra, ma quantomeno suggerisce all’Occidente di ritrovare se stesso: “Fermare Pechino acquista un senso diverso, se alludiamo alla necessità di limitare i danni che Xi può infliggere al resto del mondo; di fissare delle linee rosse che la sua smisurata ambizione non deve oltrepassare; di proteggere i nostri interessi vitali e i nostri valori. La tragica vicenda di Hong Kongpotrebbe insegnarci qualcosa. È un segnale d’allarme in molte direzioni. Xi ha distrutto quella piccola oasi di uno Stato di diritto, e non sta pagando alcun prezzo. A garantirgli l’impunità non ci sono solo i nostri Trenta Tiranni, cioè le nostre multinazionali e grandi banche per le quali pecunia non olet. Anche nella società civile, nei mezzi d’informazione, tra gli intellettuali e tra i giovani, tanti pensano che i ‘valori dell’Occidente’ siano un’espressione ipocrita, un mito da sfatare, un’impostura da smascherare. Ragione di più perché Xi sia certo che nessuno ci riuscirà, a fermare Pechino”.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 1° ottobre 2021

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