Parigi val bene una messa in scena. Nei giorni scorsi il presidente francese, di solito anticattolico, si è molto interessato al Conclave. A quanto pare Macron vorrebbe l’elezione del cardinale di Marsiglia, Aveline (che neanche parla italiano), o di Matteo Zuppi della comunità di S. Egidio (sono amici). Sempre area Dem.

Del resto, nel corso dei secoli, la Francia ben tre volte ha cercato di strappare il Papa a Roma per portarlo oltralpe. La prima volta fu definita “cattività avignonese”. I Papi risiedettero nella città francese dal 1309 al 1377. Per la Chiesa fu un disastro.

Chi contribuì in modo determinante a riportare il Papa a Roma? Santa Caterina da Siena. Fra l’altro quest’anno la sua festa (il 29 aprile) è caduta proprio durante la sede vacante (è anche il 650° anniversario delle sue stimmate).

È una storia stupefacente. Nel 1305 fu eletto papa un vescovo francese, Clemente V. Era un uomo gradito al re Filippo IV che da tempo aveva mire egemoniche sulla Chiesa. Papa Clemente nel 1309 si stabilì ad Avignone e lì restarono i successori (il collegio cardinalizio era in mano ai francesi). Si creò per la Chiesa cattolica romana una situazione assurda.

Caterina, sebbene fosse solo una giovane donna del popolo, illetterata, prevalse sul re di Francia per la sua santità di vita e i suoi grandi doni mistici. Infatti convinse il Papa a tornare a Roma, restituendo così piena libertà alla Chiesa. Fu favorita dalle difficoltà politiche del re di Francia, impegnato nella “guerra dei cent’anni”. E seppe cogliere il momento.

Il libro di Giovanni Joergensen, “Santa Caterina da Siena” (Cantagalli) narra la sua vita e anche questa inaudita impresa.

Era il 1376. Caterina da tempo premeva sul Pontefice che la stimava molto. Ivescovi francesi, come ultimo tentativo per scongiurare il ritorno a Roma, chiesero a un religioso di vita specchiata di scrivere al Papa “una lettera per avvertirlo che a Roma l’aspettava morte sicura”.

Caterina s’indignò. Rispose al Pontefice che era la lettera di un “demonio incarnato” e fece notare, con acuta ironia, che “del veleno se ne trova così alle tavole di Avignone e delle altre città, come a Roma”. Infatti conosceva la corte avignonese essendoci stata per mesi. Dunque esortò papa Gregorio XI: “Vi prego che voi non siate fanciullo timoroso, ma virile”.

Joergensen, citando fonti di quel tempo, scrive che “ella ispirava ‘una specie di terrore’ in tutti quelli che entravano in relazione con lei. Come la fiamma, la si ammirava e la si temeva ad un tempo. Si indovinava la volontà divorante che animava questa fanciulla, si presentiva che, nel suo ardente amore per Gesù, ella voleva, voleva, voleva foggiare tutte le anime (…). Si fremeva davanti a lei, perché ci si rendeva conto del suo potere”.

Infine: “non sappiamo quanto Caterina poté dire a Gregorio in questa ultima udienza: sappiamo soltanto che la ottenne”. Il 13 settembre 1376 partì per Roma. Il Papato era salvo.

Dopo si è scoperto che Caterina non aveva esitato a “offrirsi a Dio in olocausto” per questo: “il corpo che ho te lo rendo e offro, ecco la carne, ecco il sangue… per il Vicario tuo in terra”.

Il Papa arrivò a Roma il 17 gennaio 1377. Caterina morì tre anni dopo, a 33 anni. Aveva salvato la Chiesa da un immenso pericolo, anche se i francesi si vendicarono eleggendo un antipapa e dando inizio allo Scisma d’occidente che devastò la Chiesa per altri 40 anni.

Poi, tre secoli dopo, nel 1809, Napoleone deportò in Francia il papa Pio VII. Ma ancora una volta il sovrano francese perse.

Antonio Socci

Da “Libero”, 3 maggio 2025