Sabato, mentre scrivevo questo articolo, ho letto l’omelia del mattino di Bergoglio, nella quale – secondo diversi commentatori – sovrapponeva Gesù a Conte e – allusivamente – confondeva quelli che abbandonarono Gesù con coloro che vorrebbero sfiduciare Conte. Se è così è desolante.

D’altra parte la politico sembra occupare buona parte dell’orizzonte di Bergoglio e lunedì lo ha indotto perfino a sconfessare pubblicamente la Cei e la segreteria di Stato vaticana per sostenere Conte in un momento per lui critico. In questo momento sembra avere come riferimenti politici  Giuseppe Conte (in Italia) e la Cina (nello scenario globale). Il perché è un mistero.

In questo articolo riporto una frase bella e cristiana pronunciata una volta da papa Bergoglio. Per ricordare a lui chi dovrebbe seguire e per ricordare a noi come dovrebbe essere un vero papa. E come non è.

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Nel corso della pandemia lo slogan “andrà tutto bene” è stato un’efficace espressione consolatoria subito adottata dalla macchina propagandisticagovernativa per rassicurare un paese terrorizzato e per indurre gli italiani a stringersi a colui che “guida e conduce”, suggerendo (anche a suon di multe salate) un’obbediente sottomissione a Giuseppi Churchill.

Naturalmente era uno slogan scioccamente ottimistico e si è rivelato ingannevole, non solo per la dilettantesca incapacità mostrata dal governo. Immaginiamo come può suonare alle orecchie di chi ha perduto o sta perdendo delle persone care o come può apparire beffardo oggi a milioni di persone che per il lockdown hanno perso il lavoro o la propria attività economica.

Ma come e perché è nato quello slogan? Il 5 marzo, quando stava esplodendo il dramma, il “Corriere della sera” riferisce che “in diverse zone della Lombardia” sono stati trovati dei post-it con la scritta “Tutto andrà bene!” accompagnata dal disegno di un cuore: “Ne sono stati trovati a decine in diverse zone della Lombardia. Attaccati qua e là, sulle porte delle chiese o sulle fermate degli autobus, sulle vetrine dei negozi o sulle panchine dei parchi pubblici. Perfino sui citofoni. Tutti luoghi di passaggio: chiaro l’intento di raggiungere quante più persone possibili. È però mistero sull’autore (o sugli autori, a questo punto) dell’iniziativa”.

Una signora commentava: “Qui vivono gli angeli”. In effetti quell’espressione è stata subito riconosciuta, negli ambienti cattolici, come un’espressione testuale di Gesù Cristo riportata dalla mistica inglese Giuliana di Norwich, vissuta dal 1342 al 1416.

Ma le parole pronunciate da Gesù avevano un significato del tutto diverso. “Tutto andrà bene!” può dirlo solo uno (l’unico) che è uscito vivo e trionfante da un sepolcro 2000 anni fa, sconfiggendo la morte e il male, non un governo così inetto che per due mesi non è riuscito nemmeno a procurare le necessarie mascherine sanitarie alla popolazione.

Giuliana di Norwich – che prima di farsi suora forse si chiamava Katherine e aveva perduto due figli e il marito in un’epidemia – visse in anni terribili: la Chiesa in pieno scisma con il papa ad Avignone, il divampare della Guerra dei cento anni (tra Francia e Inghilterra) e l’Europa colpita dalla peste nera.

Proprio in questa catastrofe il Redentore consegna alla mistica queste parole riportate nel libro “Rivelazioni dell’Amore divino”: “tutto sarà bene, ogni sorta di cosa sarà bene”. Ma perché disse queste parole a chi vedeva e pativa tante morti e tanto dolore?

Benedetto XVI ricordò che proprio quelle parole vengono citate dal Catechismo della Chiesa cattolica quando affronta il mistero del male e del dolore: “Se Dio è sommamente buono e sapiente, perché esistono il male e la sofferenza degli innocenti? Anche i santi, proprio i santi, si sono posti questa domanda”.

Qual è la risposta? La mistica riferisce questo dialogo: Allora il nostro buon Signore mi domandò: ‘Sei contenta che io abbia sofferto per te?’ Io dissi: ‘Sì, buon Signore, e ti ringrazio moltissimo; che Tu sia benedetto’. Allora Gesù, il nostro buon Signore, disse: ‘Se tu sei contenta, anch’io lo sono. L’aver sofferto la passione per te è per me una gioia, una felicità, un gaudio eterno; e se potessi soffrire di più lo farei’”.

Papa Francesco commentava così: “Questo è il nostro Gesù, che a ognuno di noi dice: ‘Se potessi soffrire di più per te, lo farei’”.

Avendo preso su di sé la sofferenza umana e avendo vinto la morte, Gesù è l’unico che può garantire la vittoria. Lo stesso pensiero laico sa che tutta la sofferenza dei secoli passati o futuri può essere riscattata solo da chi è padrone del tempo.

Scrive, nella “Spe salvi”, Benedetto XVI: Nessuno e niente risponde per la sofferenza dei secoli. Nessuno e niente garantisce che il cinismo del potere – sotto qualunque accattivante rivestimento ideologico – non continui a spadroneggiare nel mondo”.

Ratzinger citava poi due grandi pensatori della scuola di Francoforte, Max Horkheimer e Theodor W. Adorno. Quest’ultimo “ha affermato che giustizia, una vera giustizia, richiederebbe un mondo ‘in cui non solo la sofferenza presente fosse annullata, ma anche revocato ciò che è irrevocabilmente passato’. Questo, però, significherebbe (…) che giustizia non può esservi senza risurrezione dei morti. Una tale prospettiva, tuttavia, comporterebbe ‘la risurrezione della carne, una cosa che all’idealismo (…) è totalmente estranea’”.

Ma proprio questo è il cristianesimo. E’ per la resurrezione dei corpi e la vita eterna, che Gesù può dire alla mistica: “tutto sarà bene”. Perché tutto il dolore sarà riscattato e ogni lacrima sarà asciugata.

La mistica paragona l’amore di Dio a quello di “una Madre tenerissima”. Scrive: “Vidi con assoluta sicurezza… che Dio prima ancora di crearci ci ha amati, di un amore che non è mai venuto meno, né mai svanirà. E in questo amore Egli ha fatto tutte le sue opere, e in questo amore Egli ha fatto in modo che tutte le cose risultino utili per noi, e in questo amore la nostra vita dura per sempre… In questo amore noi abbiamo il nostro principio, e tutto questo noi lo vedremo in Dio senza fine” .

Perciò – aggiunge la mistica – “imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere che tutto sarebbe finito in bene”.

A tutto questo rimandano anche i versi dei “Quattro quartetti” di Thomas S. Eliot: “Il peccato è Incombente, ma/ Tutto sarà bene e/ Ogni sorta di cose sarà bene”.

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 3 maggio 2020

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