A dieci anni dalla sua “nascita al cielo” (così i cristiani chiamano sorella morte), la storia di Chiara Corbella Petrillo commuove e affascina sempre di più, soprattutto i giovani e chi si trova ad attraversare le prove dure della vita.

Aveva solo 28 anni quel 13 giugno 2012, quando, sapendo che il tumore che la straziava di dolore non le lasciava più tempo, ha salutato tutti i suoi familiari e i suoi amici, uno ad uno, dicendo a ciascuno, con un sorriso, “vi voglio bene! Siate sereni”.

Nella Chiesa – che intanto ha aperto il processo di beatificazione e l’ha proclamata “Serva di Dio” – Chiara è diventata un esempio luminoso e toccante, particolarmente significativo in questo tempo che nega la sacralità della vita umana.

È come un canto di speranza per tutti in questa epoca in cui i giovani non si sposano più e non vogliono figli forse per poca speranza; in questo momento storico in cui il dolore è percepito come uno scandalo inaccettabile che induce a mettere Dio sotto accusa.

Ieri “Avvenire”, quotidiano della Cei, ha di nuovo dedicato una pagina a Chiara per l’anniversario della morte intervistando i suoi genitori. Anche se il mondo – soprattutto il mondo dei media – segue ideologie molto lontane dalla fede di Chiara, esalta “altri eroi” e sembra quasi timoroso di avvicinarsi a una storia come la sua, lei è ormai amatissima nel mondo cattolico.

Tanti hanno ascoltato o letto la sua storia e il libro che la racconta. S’intitola “Siamo nati e non moriremo mai più”, è stato scritto da due suoi amici, Simone Troisi e Cristiana Paccini (Edizioni Porziuncola), ed è stato tradotto in inglese (e diffuso in America), in spagnolo, in francese e in altre lingue.

Molti scrivono al sito a lei dedicato per ringraziarla o per chiedere la sua intercessione. La sua tomba, al cimitero del Verano, a Roma, è una meta continua di piccoli pellegrinaggi personali ed è sempre piena di fiori, biglietti, rosari, foto.

Chiara è diventata l’amica e la sorella di tutti. Specialmente tutti coloro che hanno una ferita e una preghiera da portare in Cielo o semplicemente coloro che sono affascinati da quel suo modo di attraversare il dolore e coloro che sono stupiti dalla gioia serena che traspare dal suo volto e dalla sua testimonianza.

Nata a Roma nel 1984, Chiara, una ragazza normalissima, cresce in una famiglia cattolica e lei stessa partecipa a un gruppo di preghiera. Nell’estate del 2002 – a 18 anni – è al mare in Croazia con alcune amiche. Vista la vicinanza raggiunge la sorella che si trova a Medjugorje.

È lì, il 2 agosto, che incontra per la prima volta Enrico Petrillo, 23 anni, anch’egli romano che è in pellegrinaggio con la sua comunità di preghiera del Rinnovamento Carismatico.

È il classico colpo di fulmine. Dopo poco si fidanzano e, tra alterne vicende, si sposano nel 2008 ad Assisi, luogo a cui sono legati per l’amicizia con i francescani della Porziuncola e per l’aiuto vocazionale che hanno ricevuto dai frati che sono un punto di riferimento per tantissimi giovani.

Chiara rimane subito incinta, ma dalle ecografie apprende che la bambina ha gravi malformazioni che – dicono i medici – non le permetteranno di sopravvivere. I due genitori vogliono egualmente farla nascere, la accolgono con commozione il 10 giugno 2009 e – pur avendo appena il tempo di battezzarla, perché la bimba muore dopo mezz’ora – in quei pochi minuti la colmano di tutto il loro amore.

Sapevano che una vita di mezz’ora e una di 80 anni non sembrano neanche confrontabili, per la nostra mentalità, ma non è così di fronte a Dio e all’eternità: Maria Grazia Letizia, questo il nome che dettero alla bimba, viveva e l’avrebbero ritrovata in cielo e per sempre. Ho pensato alla Madonna” dirà più tardi Chiara. “Anche a Lei il Signore aveva donato un Figlio che non era per Lei, che sarebbe morto e Lei avrebbe dovuto vederlo morire sotto la croce”.

Presto arriva una seconda gravidanza: è un bambino, il suo nome sarà Davide Giovanni. Ma come un colpo di fulmine di nuovo arrivano i problemi: gli viene diagnosticata una grave malformazione (del tutto indipendente rispetto al caso precedente). Chiara ed Enrico sono provati, ma sono anche pronti ad accogliere il loro figlio con un amore più grande. Tuttavia nemmeno questo piccolo ce la farà. Morirà il 24 giugno 2010.

“Il Signore – scrive Chiara – ha voluto donarci dei figli speciali: Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni, ma ci ha chiesto di accompagnarli soltanto fino alla nascita ci ha permesso di abbracciarli, battezzarli e consegnarli nelle mani del Padre in una serenità e una gioia sconvolgente.

Presto arriva la terza gravidanza e finalmente il bambino non ha problemi. Si chiamerà Francesco. Tutto sembra vada bene, ma quasi subito a Chiara viene diagnosticato un tumore alla lingua. Deve fare un primo intervento, ma – come ha raccontato la madre ad “Avvenire” – “a tutti i costi lei vuole proteggere il bambino, così la operano in anestesia locale, tolgono un pezzo della lingua e poi niente morfina. La notte è durissima, i dolori lancinanti”.

Chiara decide di rimandare le cure necessarie per non nuocere al bambino. Scrive: “io non avevo nessuna intenzione di mettere a rischio la vita di Francesco per delle statistiche per niente certe che mi volevano dimostrare che dovevo far nascere mio figlio prematuro per potermi operare”.

Il bimbo nasce il 30 maggio 2011. Subito dopo la giovane mamma si sottopone alla seconda operazione e fa chemioterapia e radioterapia. Ma il tumore purtroppo si sta diffondendo. Il coraggio e la forza eroica di Chiara, fino all’ultimo giorno, colpiscono tutti, ma lei ha sempre detto che era paurosa di carattere e quella non era una forza sua, ma le veniva da Colui che l’ha creata e redenta. E amata.

C’è una sua foto che è anche sulla copertina del libro: ha un sorriso solare e una benda sull’occhio, perché il cancro è arrivato anche lì. È stata scattata nell’aprile del 2012. Chiara aveva saputo solo da pochi giorni di essere una malata terminale. Infatti due mesi dopo morirà.

Pensare che quello è il volto di una giovane madre che sa di avere i giorni contati su questa terra è sconvolgente. È letteralmente una cosa dell’altro mondo. Il suo funerale non fu una fine, ma sembrò l’inizio di una festa che sarebbe proseguita in cielo.

Pare che una volta Nietzsche abbia sfidato i credenti dicendo che avrebbe seguito Gesù quando si fosse imbattuto in un cristiano con un volto da redento. Eccolo: è il volto di Chiara.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 12 giugno 2022

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