Nell’opera di Jorge Luis Borges il libro – come la biblioteca – è labirinto e specchio, mistero e gioco, ingorgo e gorgo del tempo e dello spazio, luogo di possibile illuminazione, promessa di rivelazione, illusione di conoscenza del segreto delle cose, abisso di segni e lingue indecifrabili o custode di un significato terribile.

La “Biblioteca” e il “libro” rappresentano per lui due temi centrali. Sono entrambi metafora dell’universo. Infatti il suo racconto La biblioteca di Babele inizia così: “L’universo (che altri chiamano la Biblioteca)…”.

BORGES E EINSTEIN

La stessa metafora universo/biblioteca fu curiosamente usata da Albert Einstein: “Io non sono ateo e non penso di potermi definire panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino che entra in un’immensa biblioteca piena di libri scritti in molte lingue. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri. Ma non sa come. E non conosce le lingue in cui sono stati scritti. Il bambino sospetta vagamente che vi sia un misterioso ordine nella disposizione dei volumi, ma non sa quale sia. Questa mi sembra sia la situazione dell’essere umano, anche il più intelligente, nei confronti di Dio. Noi vediamo l’universo meravigliosamente organizzato che obbedisce a certe leggi, ma le comprendiamo solo vagamente. La nostra mente limitata [tuttavia, nda] è in grado di intuire la misteriosa forza che muove le costellazioni”.

Nel suo racconto Borges narra la ricerca di ciò che spieghi quell’ordine misterioso della Biblioteca/universo:  “Come tutti gli uomini della Biblioteca, ho viaggiato durante la gioventù; ho peregrinato in cerca di un libro, forse del catalogo dei cataloghi”.

Poi, a un certo punto, scrive: “Sappiamo anche di un’altra superstizione di quel periodo: quella dell’Uomo del Libro. In qualche scaffale di qualche esagono (pensarono gli uomini) deve esistere un libro che sia la cifra e il compendio perfetto di tutti gli altri: un bibliotecario l’ha scorso ed è analogo a un dio. Nel linguaggio di questa zona rimangono ancora vestigia del culto di quel funzionario remoto. Molti peregrinarono in cerca di Lui. Per un secolo perlustrarono invano le più diverse direzioni. Come localizzare il venerato esagono segreto che l’ospitava? (…)  Non mi sembra impossibile che in qualche scaffale dell’universo ci sia un libro totale; prego gli dèi sconosciuti che un uomo – anche uno solo, sia pure migliaia di anni fa! – lo abbia esaminato e letto”.

DANTE E ALTRO

In questo gioco di allusioni e illusioni viene in mente come Borges parla della Divina Commedia perché sembra che sia il libro che più si avvicina a quello cercato.

In Nove saggi danteschi scrive: “Credo che essa sia l’apice della letteratura e delle letterature, non c’è cosa sulla terra che non sia anche lì. Ciò che fu, ciò che è e ciò che sarà, la storia del passato e quella del futuro, le cose che ho avuto e quelle che avrò, tutto questo ci aspetta in qualche angolo di quel tranquillo labirinto… il poema di Dante è questa illustrazione di vastità universale” e “durerà oltre la nostra vita, ben oltre le nostre veglie e sarà resa più ricca da ogni generazione di lettori”.

Ma l’idea di un libro che spiega tutto è precedente: è di Tommaso d’Aquino. Sospetto che Borges – come Umberto Eco – conoscesse questa sua pagina: “se uno avesse un libro nel quale fosse contenuta tutta la scienza, altro non desidererebbe che di conoscere quel libro. Così a noi nulla interessa di più se non conoscere Cristo”. Per Tommaso è lui il Logos, il “Libro” tanto cercato da tutti.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 27 gennaio 2024

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