Il Palio di Siena è forse la più antica e famosa manifestazione culturale del nostro Paese. Quello del 2 luglio è dedicato alla “Madonna di Provenzano”. Perché? C’è una storia da conoscere.

DANTE RACCONTA…

Quel nome rimanda a un personaggio storico, il senese Provenzano Salvani, la cui vicenda è riferita anche nella Divina Commedia.

Provenzano, nato nel 1220, era un capo ghibellino con grandi ambizioni (“fu presuntuoso/ a recar Siena tutta a le sue mani”, Pg. XI 122-123). Guidò la sua città alla vittoria del 1260 nella battaglia di Montaperti contro i fiorentini (“che fece l’Arbia colorata in rosso” Inf. X, 86) e fu tra quelli che volevano distruggere Firenze dopo la sconfitta.

Dante lo giudica arrogante, tuttavia lo colloca nel Purgatorio per il gesto di umiltà che fece quando, lui che era potente, si umiliò, in Piazza del Campo, seduto per terra a chiedere l’elemosina ai suoi concittadini per riscattare un amico fatto prigioniero da Carlo d’Angiò (Pg XI, 109-142).

Cosa c’entra con il Palio del 2 luglio? Nel rione in cui si trovavano le case della sua famiglia vi era, su un muro esterno, una raffigurazione in terracotta smaltata della Pietà che – secondo la tradizione – sarebbe stata collocata lì da santa Caterina nel Trecento.

Nei giorni che seguirono alla conquista della città da parte di Carlo V, nel 1555, un soldato spagnolo tirò un colpo di archibugio contro l’immagine sacra che fu molto danneggiata. Restò intatto solo il busto della Madonna.

Questo evento fu vissuto come il simbolo della violenza che la città stava subendo con l’occupazione straniera che metteva fine, per sempre, alla libertà e all’antica indipendenza della repubblica di Siena.

Infatti la Madonna rappresentava pienamente l’identità della città che addirittura batteva moneta con la scritta “Sena Vetus Civitas Virginis”. Alla Madre di Cristo, fin dal 1260, Siena aveva affidato le sue chiavi. La grande tavola della Madonna in Maestà dipinta da Duccio stava sull’altar maggiore della cattedrale e una Maestà altrettanto bella e grande fu affrescata da Simone Martini nel palazzo pubblico, la Sala del Mappamondo.

I sigilli della Repubblica di Siena riproducevano l’immagine della Madonna con il Bambino e questa scritta: “Conservi la Vergine l’antica Siena che lei stessa rende bella”.

La sua regalità esprimeva dunque l’identità stessa della città. Alla Madonna, Siena aveva consacrato tutto: la Cattedrale, l’antico ospedale, perfino il Campanone della Torre del Mangia.

FESTA DI FEDE E LIBERTA’

Dopo il fattaccio del soldato spagnolo si restaurò come si poteva la venerata statuetta e la sua edicola – posta in Provenzano (cioè fra le case di Provenzano Salvani) – divenne meta di pellegrinaggio e di preghiera per i senesi.

In seguito furono segnalati alcuni miracoli ottenuti da fedeli che si erano affidati all’intercessione della Vergine davanti a quell’immagine, perciò si decise di dedicarle un santuario dove custodire la statuetta davanti alla quale i senesi potevano invocare la Madonna come “Advocata nostra”.

Così nel rione, attorno al 1600, si costruì il santuario intitolato alla “Visitazione della Beata Vergine Maria a santa Elisabetta”. La festa della Visitazione, nell’antico calendario liturgico, era il 2 luglio. Dunque per onorare la Madonna di Provenzano si istituì il Palio. Che celebra da secoli l’unica vera regina di Siena.

Del resto con Carlo V (dopo il trattato di Cateau Cambrésis) non fu solo Siena a perdere la sua libertà, ma tutta l’Italia, sotto il dominio asburgico-spagnolo.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 1 luglio 2023

 

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