In questi giorni alcuni ammirano, in cielo, il suggestivo avvicinamento di due pianeti, Venere e Giove, sempre più prossimi (ovviamente è una prossimità apparente: l’effetto ottico deriva dal nostro punto di vista terrestre). Noi non siamo più abituati a guardare il cielo stellato e quando lo facciamo restiamo incantati.

MILLENNI DI STUPORE

È lo spettacolo che l’umanità ha contemplato per millenni, cercando di decifrare quei segni luminosi come se fossero i misteriosi caratteri, o le figure, di un immenso libro in cui è scritto il nostro destino.

Piero Boitani, ordinario di Letterature comparate alla “Sapienza”, ha “Il grande racconto delle stelle” (Il Mulino) in cui ricostruisce le diverse immagini “che l’umanità si è costruita delle stelle, attraverso il tempo: l’immagine, cioè, come ce l’hanno trasmessa la letteratura, le arti visive, la musica”.

Il cielo stellato, nell’VIII libro dell’Iliade, “è la prima immagine che delle stelle offre la letteratura occidentale, fra il IX e l’VIII secolo a.C…. Ma”, si chiede Boitani, “che ci fa nell’Iliade, il poema della Guerra e della forza? Serve, si capisce, a disegnare un cosmo dove non regna il conflitto, ma l’armonia”.

Il viaggio di Boitani parte da Omero e arriva al Novecento di Wallace Stevens, di Marina Cvetaeva, di Thomas. S. Eliot e di Pablo Neruda, passando ovviamente per Dante, Leopardi e molti altri.

FISICA E POESIA

A proposito di Dante, proprio in questi giorni esce il libro del fisico Carlo Rovelli, “Buchi bianchi” (Adelphi) che, ancora una volta, affrontando complesse questioni scientifiche relative alle stelle, torna a citare il Sommo poeta.

D’altra parte anche nel libro di Boitani, che pure è un viaggio letterario e artistico nelle rappresentazioni del firmamento, sono citati molti scienziati. Per esempio è riportato questo significativo ragionamento del grande fisico Richard Feynman:

“I poeti dicono che la scienza rovina la bellezza delle stelle, riducendole solo ad ammassi di atomi di gas. Solo? Anch’io mi commuovo a vedere le stelle di notte nel deserto, ma vedo di meno o di più? La vastità dei cieli sfida la mia immaginazione; attaccato a questa piccola giostra il mio occhio riesce a cogliere luce vecchia di un milione di anni. Vedo un grande schema, di cui sono parte, e forse la mia sostanza è stata eruttata da qualche stella dimenticata, come una, ora, sta esplodendo lassù. Oppure vederle con il grande occhio di Palomar correre via l’una dall’altra, allontanandosi da uno stesso punto in cui erano forse riunite tutte insieme. Qual è lo schema, quale il suo significato, il perché? Saperne qualcosa non distrugge il mistero, perché la realtà è tanto più meravigliosa di quanto potesse immaginare nessun artista del passato”.

LA SAPIENZA

Eppure c’è chi – già millenni orsono – è andato oltre i poeti e oltre gli scienziati, dando un nome al mistero che si manifesta nel firmamento.

Infatti il Salmo 8 della Bibbia coglie in questa armonia una Sapienza evidente, infinita, l’impronta del Creatore: Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,/ la luna e le stelle che tu hai fissate,/ che cosa è l’uomo perché te ne ricordi/ e il figlio dell’uomo perché te ne curi?/ Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli,/ di gloria e di onore lo hai coronato”.

Così la meraviglia per il cielo stellato diventa anche stupore per l’unico essere dell’universo che sa meravigliarsi delle stelle sopra di sé e del proprio mistero, essendo il solo che arriva a capire le leggi che governano i cieli e la terra. E la presenza del loro Autore.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 4 marzo 2023

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