DOBBIAMO SALVARE IL NATALE… MA E’ IL NATALE CHE SALVA NOI
“Salviamo il Natale”. Anche quest’anno si ripropone lo stesso slogan, tuttavia con molto meno allarme giacché il 28 novembre dell’anno scorsoavevamo 686 morti e 26.323 nuovi casi di contagio, erano ricoverati con sintomi 33.299 pazienti e c’erano nelle terapie intensive 3.762 malati più gravi.
Invece quest’anno il 28 novembre abbiamo avuto 47 morti (contro 686 dell’anno scorso), 12.932 nuovi casi (con più del doppio di tamponi fatti) e abbiamo 4.964 ricoverati nei reparti ordinari e 638 persone in terapia intensiva.
Quindi la narrazione novax secondo cui – ripetendo l’appello “salviamo il Natale” – siamo alle solite e non è cambiato niente, risulta del tutto destituita di fondamento. La situazione è enormemente diversa.
Quest’anno parliamo di “salvare il Natale” perché la pandemia accerchia le frontiere del nostro paese che però è fra quelli in migliori condizioni.
In particolare parliamo di “salvare il Natale” a causa della variante Omicron su cui tuttavia non giungono – al momento – le notizie apocalittiche che inizialmente temevamo.
Infatti se è vero che quella variante è già arrivata anche da noi è anche vero che il cosiddetto “paziente zero” di Caserta “non ha quasi più sintomi, mentre il resto della famiglia non li ha mai avuti”, ha detto il direttore della Asl, Ferdinando Russo. Lo stesso “paziente zero” ha dichiarato: “Sono soddisfatto di essermi vaccinato, perché il vaccino nel nostro caso ha funzionato in maniera egregia”.
Se, come si spera, verrà confermato che il vaccino è efficace anche nei confronti di questa variante si potrà tornare a guardare al Natale prossimo con serenità, naturalmente con lo scudo della vaccinazione (che deve continuare a pieno ritmo) e del Green Pass. Mettiamoci tutta la prudenza, ma respiriamo, finalmente.
Ovviamente è bene prendere tutte le misure necessarie alle frontiere, anche nei confronti di altri paesi dove il virus dilaga, come ha scritto ieri, su queste colonne, Pietro Senaldi, per evitare di ripetere gli errori dell’anno passato e per evitare di seminare la paura con le parole senza prendere, nei fatti, decisioni efficaci.
Bisogna uscire dal clima di paura. Fa tristezza leggere che negli Stati Uniti quest’anno mancano i “Babbo Natale” perché c’è il timore di contagi dal contatto con bambini potenzialmente positivi. Anche se si può capire.
Meno comprensibile è la decisione del papa di celebrare la “Messa di mezzanotte” in San Pietro anche quest’anno alle 19.30. Speriamo che non si faccia così anche nelle parrocchie. L’anno passato la liturgia della notte di Natale era stata anticipata perché stava divampando il contagio e alle 22 scattava il coprifuoco, rendendo impossibile il rientro a casa, ma quest’anno non se ne comprende il motivo (a meno che non sia per questioni legate alla condizioni fisiche del papa di fronte alla quali si deve rispettosamente tacere).
Forse in Vaticano hanno notizie, non ancora rese note dal governo italiano, su possibili limitazioni temporali alla circolazione nei giorni di Natale? Speriamo di no.
È importante che si esca dalla psicosi e si prenda atto che la situazione è molto migliore dell’anno passato. Occorre calma e razionalità. Anche perché – come abbiamo visto – è bastata una vaga notizia sulla variante per mandare le Borse nel panico e rimettere in discussione i viaggi, l’export e la ripresa.
Una ragionevole serenità è il primo regalo natalizio che potremmo fare a noi stessi. Verrebbe da dire che “salvare il Natale”, da questo punto di vista, consente anche al Natale di salvare noi perché dà forza alla ripresa del Paese (la crescita del Pil può attestarsi pure al 6,4 per cento)
Qualcuno potrà scandalizzarsi ritenendo che si mescoli il sacro con il profano. Ma un’economia che va bene significa che c’è più lavoro e ci sono meno disoccupati, significa più benessere e più serenità nelle famiglie, significa che c’è meno miseria.
Una coscienza cristiana dovrebbe rallegrarsi di tutto questo. Del resto mi è capitato più volte, su queste colonne, di dimostrare che il tanto vituperato (dal clero) “Natale consumistico”, quello dei regali, è stato inventato proprio dal “santo poverello” che ha inventato il presepe.
San Francesco infatti – di fronte al dono che Dio faceva al mondo del suo stesso Figlio – voleva che a Natale, per gratitudine, ognuno fosse munifico di doni, perfino verso gli animali, a lode di Dio.
I cristiani che esprimono la loro gioia per la venuta del Salvatore, e la esprimono anche se stanno vivendo croci e sofferenze (ce ne sono tanti), sono la più potente testimonianza della presenza di Dio fra noi annunciata dal Natale.
Si intuisce così quanto sono vere le parole di papa san Leone Magno: “Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità”.
Così capiamo che non siamo noi a salvare il Natale, ma è il Natale che può salvare noi.
Antonio Socci
Da “Libero”, 29 novembre 2021