La vicenda delle comunali di Verona dimostra che – quando prevalgono i personalismi – si può rischiare di perdere anche una competizione che era stravinta in partenza.

Il Centrodestra dovrà far tesoro di questa lezione, ora che – in attesa della campagna elettorale per le politiche del 2023 – ha il tempo per mettere a punto la strategia e preparare le sue truppe.

Infatti sulla carta questa coalizione parte vincente. Ieri il professor Roberto D’Alimonte ha presentato, sul quotidiano di Confindustria, il sondaggio Winpoll-Il Sole 24 ore, da cui emerge un Centrodestra stimato addirittura fra il 51 e il 52 per cento (FdI sopra al 25 per cento, la Lega sopra al 15 per cento, Forza Italia attorno al 10 per cento e un altro 1 per cento di Coraggio Italia).

È una rilevazione clamorosa perché non solo conferma ancora una volta il primato del Centrodestra degli ultimi quattro anni (attestato sia dai sondaggi che dalle elezioni europee e regionali), ma addirittura gli attribuisce percentuali mai viste.

Con risultati del genere la coalizione avrebbe una maggioranza blindata e potrebbe governare cinque anni (mandando finalmente il Pd all’opposizione).

È chiaro che – date queste premesse – gli avversari del Centrodestra prepareranno le contromisure e ne vedremo di cotte e di crude.

Anzitutto dal Pd torneranno a farsi sentire i paladini di una riforma elettorale proporzionale: in genere sono quelli che hanno sostenuto per decenni le virtù salvifiche del maggioritario, ma in questo caso lo scopo è far saltare il Centrodestra e impedirgli di vincere, per cui hanno velocemente deciso di buttare alle ortiche le precedenti battaglie.

È evidente che solo l’istinto suicida potrebbe indurre qualcuno di Centrodestra ad appoggiare una tale riforma, peraltro insensata in quanto l’attuale sistema, voluto appena cinque anni fa dal Pd, è già in gran parte proporzionale.

Ma le contromisure della Sinistra e di un certo establishment non si limiteranno a questo. Contro i leader e i partiti del Centrodestra sicuramente partirà una micidiale macchina da guerra propagandistica, sia nazionale che internazionale, che metterà a dura prova la coalizione che oggi è data per vincente.

Che effetti avrà questa offensiva? Molti elettori di centrodestra sono abituati da decenni al bombardamento mediatico ostile e alla demonizzazione dei loro leader.

Ma i leader di questa coalizione non possono illudersi che basti mostrarsi vittime di una campagna di odio. Perché – insieme agli argomenti ideologici e di mera propaganda – ci sono anche problemi realiche forniranno ai loro avversari il pretesto per gli attacchi e su quelli il Centrodestra deve elaborare, già oggi, delle risposte serie che tranquillizzino gli elettori e gli interlocutori internazionali dell’Italia.

Quali sono questi problemi aperti? Anzitutto ci sono i vincoli di natura economica – come l’enorme debito pubblico, ingigantitosi con il Covid – che rendono l’Italia pesantemente condizionabile, insieme ai vincoli contratti a livello di Unione Europea che limitano enormemente la possibilità dei nostri governi di impostare una politica economica autonoma.

In secondo luogo ci sono i vincoli politici delle alleanze internazionali che – soprattutto nell’attuale scenario internazionale – non possono sopportare scossoni o incertezze.

Su entrambi questi fronti gli avversari del Centrodestra giocheranno la solita carta sostenendo che, con questa coalizione al governo, l’Italia entrerebbe in rotta di collisione con UE, Nato e Mercati, perdendo la fiducia e la credibilità internazionale, con ricadute economiche e politiche immediate e devastanti.

Dunque su questi temi il Centrodestra – già prima delle elezioni, se vuole vincere e governare – deve dare risposte rassicuranti e costruire rapporti internazionali solidi. Pur senza rinunciare alle proprie idee, deve porsi come “una forza tranquilla”.

Dovrà accettare compromessi sostanziosi sia sui contenuti (questo non è il tempo del “tutto e subito”: meglio avere obiettivi di medio e lungo termine), sia sulla classe di governo: chi (magari essendo giovane) sa sacrificare oggi le sue pur legittime aspirazioni personali a vantaggio un disegno politico di vasto respiro si dimostra un vero leader per il futuro.

Ma il primo nemico da affrontare è quello interno: sono i personalismi. Quando una coalizione si divide fra Montecchi e Capuleti, finisce male per entrambi. In un attimo si passa dal dramma shakespeariano alla tragicomica sorte dei polli di Renzo.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 27 giugno 2022