Siamo così abituati a essere nell’occhio del ciclone, ad essere travolti da emergenze e da crisi di ogni genere, siamo così abituati ad essere considerati – come Italia – “il malato d’Europa”, che non ci rendiamo conto che si sta verificando una situazione opposta ed è sotto i nostri occhi: siamo il più stabile e solido fra i grandi Paesi fondatori della Cee/Ue. È un traguardo storico, un fatto inedito.

Lo ha rilevato, giorni fa, perfino Giuliano Ferrara che di sicuro non è un simpatizzante di questo governo. Sul Foglio ha infatti ironizzato su chi è indispettito perché l’Italia è diventata un Paese normale e su chi trova “inaccettabile” questo cielo sereno sulla Penisola.

A irritarsi per la nostra raggiunta normalità e solidità non sono gli italiani, ma i giornali e quella parte di mondo politico-intellettuale “progressista” che aveva previsto la catastrofe con l’arrivo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi.

Mai la smentita della storia fu più clamorosa. La serie di riconoscimenti internazionali collezionati da Giorgia Meloni in questi giorni, insieme ai risultati oggettivi, come il record dell’occupazione (in due anni 847 mila nuovi occupati) o il crollo dello spread e la pace dei mercati, rendono ancora più evidente che, mentre Francia e Germania sono in piena crisi politica ed economica, l’Italia è oggi un Paese stabile e solido. Le parti si sono invertite.

A chi ricorda le risatine della Merkel e di Sarkozy verso Berlusconi (e verso l’Italia) nel 2011 – con la crisi che ne seguì – appare evidente che lo scenario è completamente ribaltato. Tanto che, con l’attuale terremoto franco-tedesco che fa traballare pure la UE (da loro egemonizzata), l’Italia viene accreditata come l’interlocutrice migliore del nuovo presidente americano Trump.

Eppure, nonostante questa situazione positiva, in Italia c’è una parte politica molto chiassosa che fomenta ansia e allarmismo, capeggiata da un segretario della Cgil, Maurizio Landini che – dopo anni di sonnolenza sindacale – oggi“vuole rovesciare il Paese come un guanto in nome della rivolta sociale contro la normalità, invece di aprire alla contrattazione decentrata che aumenterebbe i salari e la produttività” (Ferrara).

È palesemente una sua battaglia politica contro il centrodestra che ha vinto le elezioni. A Roma si dice “nun ce vonno sta’ ”. Il problema è che gran parte della narrazione giornalistica è sintonizzata con la campagna ansiogena di quella sinistra e sembra voler alimentare un clima teso e conflittuale.

Naturalmente in democrazia l’opposizione deve fare il suo mestiere di opposizione, ma se grida costantemente “Al lupo! Al lupo!” rende incandescente il clima sociale, danneggia la vita del villaggio e si scredita perché il lupo non c’è.

È chiaro che anche l’Italia ha dei problemi, per esempio l’automotive, ma sappiamo che è una crisi che investe tutta l’Europa (la Germania in primis), che ha cause vecchie e che in gran parte risalgono al Green Deal europeo entusiasticamente sostenuto dalla maggioranza di centrosinistra della UE di quegli anni (l’attuale calo della produzione industriale è dovuto proprio al crollo del settore dell’automotive).

Così come c’è un problema di retribuzioni, ma anche in questo caso gli addetti ai lavori hanno rilevato che la perdita di potere d’acquisto risale agli anni scorsi e nell’ultimo biennio le retribuzioni sono in ripresa. Se l’attuale esecutivo non avesse dovuto accollarsi i costi del Superbonus – ereditato dai governi precedenti – molto di più poteva essere fatto.

In ogni caso l’Italia è in un momento davvero positivo. Lo si può (e lo si dovrebbe) riconoscere anche se non si ha simpatia per il governo di centrodestra. Aspettarsi dai media una narrazione più obiettiva e una valutazione serena della situazione del Paese è chiedere troppo?

Siamo a due settimane dal Natale e sappiamo che anche il clima di serenità – o di ansia – incide sugli acquisti. È noto infatti che la fiducia fa girare l’economia e questo significa più occupazione e più benessere per tutti. L’ansia invece deprime gli animi e i consumi.

La nostra gente merita di assaporare finalmente un po’ di tranquillità, specialmente nelle feste natalizie. Lasciamola in pace. Accantoniamo la narrazione ansiogena e l’esasperata conflittualità.

Se proprio non vogliamo farlo per sintonizzarci con l’annuncio natalizio degli angeli – “pace in terra agli uomini di buona volontà” – facciamolo almeno per il bene di questa Italia, che è la barca in cui tutti stiamo e che vive un inizio di rinascita.

Antonio Socci

Da “Libero”, 13 dicembre 2024