… e, in coda, un impressionante reportage di AsiaNews: “Turchia, don Andrea Santoro: come se nulla fosse successo”. Lo dedico al disastroso Berlusconi che ha celebrato Erdogan e i turchi e ha snobbato don Andrea.

Continua la campagna elettorale del Corriere della sera, il partito che ha come simbolo la Rosa nel pugno e come leader Paolo Mieli. Ieri squilli di tromba per Giorgio Albertazzi: “Andai a Salò, voterò Rosa nel Pugno”. L’attore rivela: “mai rinnegherò la mia scelta per la Repubblica sociale” (aggiunge: “il pentimento è un sentimento cattolico che disprezzo”, “di cosa dovrei pentirmi? Perché era la parte perdente?”).
Seconda rivelazione: “una cosa sola mi pesa” che, nel corso successivo della vita, quel passato repubblichino sia stato “un freno” per schierarsi “a fianco della sinistra”, perché “le stesse cose che mi avevano spinto a Salò mi spingevano a impegnarmi con la sinistra”. Fra queste “l’anticlericalismo”. Terza: il 9 aprile Albertazzi voterà “per la Rosa nel pugno anche per fronteggiare l’invadenza della Chiesa” ed Emma Bonino “la vedrei bene al Quirinale”.

Qualcuno dirà che è un grande attore, ma ha idee politiche molto confuse. Credo invece che abbia una sua coerenza, perché il fascismo fa parte della storia della Sinistra italiana. Poi c’è un “fil rouge” nell’avventura dell’attore ed è dichiarato: l’anticattolicesimo. Ed è questo che l’ex repubblichino condivide con i radicali, con i socialisti e con Lanfranco Turci, vecchio dirigente del Pci finito nella Rosa. La nascita di un vero e proprio “partito anticattolico” – com’è quello di Pannella e Boselli, per quanto minuscolo – porta alla luce e coagula attorno a sé il livore ideologico delle élites, le più diverse e apparentemente distanti. Pier Ferdinando Casini ha rilevato che oggi in Italia si è aperta un’allarmante “questione anticattolica”. Moltissimi episodi lo confermano. Al congresso della Cgil è accaduto qualcosa di clamoroso. Lo ha raccontato sempre il Corriere della sera con questo titolo: “Base affascinata dalla Rosa nel Pugno.
E Guglielmo (Epifani) si riscopre laico-socialista”. L’evento è straordinario perché ormai da qualche anno i radicali e la Cgil sembravano essere – sulle questioni sociali – il cane e il gatto. Basti ricordare lo scontro del referendum sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (i radicali lanciarono perfino l’attacco frontale, quello sulle trattenute sindacali).
Ebbene, tutto è stato dimenticato e non perché i radicali e la Cgil abbiano rinnegato le rispettive posizioni sulle questioni sociali, ma perché ritengono che ci sia qualcosa di più importante che li unisce più profondamente: il livore contro la Chiesa e i cattolici. Ecco perché al congresso della Cgil erano tutti pazzi per la Rosa. Maria Teresa Meli ha raccontato che la platea si è infiammata solo quando gli intervenuti attaccavano a testa bassa le “ingerenze” degli “amici del Vaticano”.

La Cgil del resto è stata sostenitrice del referendum radicale contro la legge 40, la primavera scorsa, e sempre nell’ambito della Cgil è nata la surreale manifestazione “in difesa della legge 194”. Quel che è buffo è che identiche propensioni si trovano dall’altra parte della barricata, quella dell’alta finanza che è rappresentata (anche dal punto di vista proprietario) dal Corriere della sera. La sfegatata campagna elettorale che Paolo Mieli, uno dei veri leader politici del Paese, sta facendo per la Rosa nel Pugno ha ormai trasformato il giornale di via Solferino in “Notizie radicali”. Tutti i giorni, ma proprio tutti, il Corriere ospita interviste o interventi di Pannella, Capezzone o della Bonino. Il massimo della comicità è stato toccato quando in prima pagina è stata annunciata un’intervista a Capezzone su George Bush (di certo il presidente americano se la sarà divorata). Del resto il “Magazine” del Corriere ha fatto propria la campagna per portare la Bonino al Quirinale.

Perfino il radicale Benedetto della Vedova ieri ha rilevato questo straordinario fenomeno: “il Corriere della Sera ormai da settimane sta facendo una vera e propria campagna di promozione della Rosa nel pugno all’interno dell’Unione. Si tratta di una stampa che ha referenti noti nel potere confindustriale e bancario”.

Mieli dà corpo a una decisa scelta politico-ideologica dei poteri forti. Scelta ancora più stupefacente se si pensa che la Rosa nel pugno in realtà è pressoché inesistente nel Paese. I sondaggi le attribuiscono percentuali da prefisso telefonico, fra 1 e 2 per cento. Quanto la “Lista Di Pietro” per capirci. Un partito minuscolo, che pesa un terzo dell’Udc. Considerando questi dati si capisce quanto spropositato sia lo spazio promozionale che il Corriere dedica da mesi ai pannelliani. Ma perché il Corriere e il mondo finanziario che rappresenta sono scesi pesantemente in campo per pompare artificialmente le posizioni ideologiche della Rosa nel pugno, all’insegna di un fanatico anticlericalismo ottocentesco? Si vuole far scoppiare nel Paese una “questione anticattolica”?

Mieli già schierò il suo giornale come un organo di partito nel referendum sulla legge 40. La disfatta di quel referendum, il più fallimentare della storia repubblicana, che si somma a tutte le recenti disfatte pannelliane (come quella sull’amnistia con la desolante “marcia di Natale” che andò deserta), non è sfuggita di certo a Mieli, il quale sa bene che il pannellismo è morto e sepolto e pure gli anni Settanta. Mieli sa che l’aria che tira nel Paese non è affatto “radicale”, ma – come confermano tutti gli studi sociologici – di grande avvicinamento ai valori religiosi.

Ma, allora, qual è il senso di questa operazione? Poteva sembrare un’operazione di disturbo ai danni dei Ds (dopo il “caso Turci”), ma i Ds, come l’Unità e come i comunisti di Diliberto e quelli di Bertinotti, sono invece molto vicini alle crociate pannelliane. Paradossalmente rinfocolare l’anticattolicesimo può solo delegittimare il leader del centrosinistra, Romano Prodi, che – in linea teorica – sarebbe un cattolico (sia pure pronto a tradire come ha dimostrato al referendum). Ma è curioso che proprio Prodi sia andato a “sposare” in toto il congresso della Cgil e che banchieri prodiani siano nella proprietà di un Corriere della sera così sbracato. Forse però gli “amici del Vaticano” contro i quali sparava il congresso della Cgil sono piuttosto Rutelli e i margheriti. In questo caso saremmo di fronte a uno scontro di potere interno al centrosinistra. La Margherita in effetti ha candidato la Binetti, presidente del Comitato “Scienza e vita”, quello che ha vinto il referendum (diversamente da quelle faine del centrodestra che invece candidano con grande clamore propagandistico coloro che hanno perso il referendum, come Giulia Bongiorno in An). Per capire il pompaggio mediatico della “Rosa nel pugno” (anche di Scalfari sull’Espresso) alla fine non si trova una chiara motivazione politica contingente. E’ piuttosto il segnale di un livore ideologico trasversale, di un desiderio delle caste al potere di dare una lezione alla Chiesa, di ridurla all’insignificanza come nel resto d’Europa. Sembra infatti riflettere quella febbre dei salotti politici europei che si sono accanitamente battuti contro la menzione delle “radici cristiane” nella Costituzione europea. Una febbre che John Weiler, brillante intellettuale ebreo-americano, ha definito “cristofobia” e che – a suo parere – è deleteria per l’Europa. E’ un sordo e ottuso odio anticattolico. L’intollerante Voltaire strillava: “Ecrasez l’infame” (“schiacciate l’infame”, riferendosi a Cristo e al cristianesimo) e – come aveva previsto Augusto Del Noce – alla fine tutte le ideologie del Novecento si danno appuntamento in questo deserto nichilista. Qui, per incanto, si trovano d’accordo Paolo Mieli ed Eugenio Scalfari, la Cgil e i salotti dell’alta finanza, chi viene da Salò e chi viene dalle Botteghe Oscure. Le gerarchie cattoliche dovrebbero riflettere su tutte le forze che fanno squadra (e talora anche compasso). Leggendo “La Cattedrale e il cubo” di George Weigel si trovano delle chiavi di interpretazione. E’ sempre più necessario un forte e autonomo movimento cattolico di laici, che sia presente direttamente nella società e che eviti ai vescovi questo eccesso di esposizione. E di ritorsione.

(Antonio Socci, “Libero”, 5 marzo 2006)

________________________

DA ASIANEWS

4 Marzo 2006
TURCHIA
Turchia, don Andrea Santoro: come se nulla fosse successo
di Mavi Zambak

A un mese dall’assassinio del sacerdote a Trabzon, nel Paese il caso è già dimenticato. Nessuna notizia sul processo al giovane killer; l’unico argomento che i mass media nazionali continuano a rinfocolare sono le accuse di proselitismo contro don Andrea. Vescovo dell’Anatolia: solo un pretesto per alimentare una polemica insieme anticristiana e antioccidentale.

Ankara (AsiaNews) – Domani ricorre il primo mese dalla morte di don Andrea Santoro. Era domenica 5 febbraio quando, a Trabzon – città turca sul mar Nero – al culmine di una giornata di proteste e di violenze nel mondo islamico per le caricature di Maometto apparse su alcuni giornali occidentali, dopo aver celebrato come consueto la messa domenicale del pomeriggio, mentre stava pregando inginocchiato nelle ultime panche della chiesa, il 60enne sacerdote romano viene freddato alle spalle con due colpi di proiettili.

A sparare, urlando “Allah è grande”, secondo la polizia turca, un giovane 16enne. L’omicida è stato arrestato, i vertici politici e religiosi hanno condannato il gesto, la maggior parte dell’opinione pubblica si è mostrata allibita di fronte ad un simile gesto, la sparuta comunità di cristiani ha pianto il suo amico, testimone e martire.

Ora, se non fosse per i mass media che di tanto in tanto buttano di nuovo fuoco sulla brace, con le loro accuse di proselitismo, tutto sembra essere tornato ad una fredda normalità.

E’ ancora del 28 febbraio, la notizia sul quotidiano nazionale Vatan, in cui ancora una volta si dichiara che don Andrea distribuiva dollari per invitare i giovani in chiesa. E ancora una volta il vescovo dell’Anatolia, mons. Luigi Padovese è costretto a gridare: “Se davvero c’è stata una così grande distribuzione di denaro da parte di don Andrea – come sembrano sostenere i giornali – per proselitismo, come mai non si contano battesimi nella sua parrocchia di santa Maria in Trabzon? Conoscevo bene questo mio sacerdote fidei donum, escludo una simile ipotesi. Se l’avesse fatto, non avrebbe avuto “solo” i tre-quattro catecumeni che frequentavano la sua chiesa. La verità è che il proselitismo è un alibi a cui si sta facendo ricorso per rinfocolare una polemica che è insieme anticristiana e antioccidentale”. Così mons. Padovese ha dovuto dare incarico ad un avvocato amico cristiano di querelare i giornali che rilanciano queste accuse prive di fondamento, ottenendo la pubblicazione di alcune rettifiche.

Eppure le autorità tacciono.

Non si sa nulla nemmeno sul processo indetto contro il ragazzo accusato di aver sparato a freddo a don Santoro. Ma sarà poi stato davvero questo esile giovane 16enne – che una volta arrestato confessa di aver voluto uccidere il prete italiano, perché sconvolto dalle vignette blasfeme contro l’islam – il vero autore dell’omicidio?

Appoggiandosi sulla testimonianza di Loredana, la giovane collaboratrice pastorale di don Andrea, che è riuscita solo ad intravedere la sagoma dell’omicida e ad udire la sua voce al momento dello sparo, pare che la stazza fosse molto più grande e il tono di voce che gridava “Allah è grande” fosse molto più grossa di quella di un ragazzo.

Per ora le indagini della polizia non lasciano trasparire nulla. Si teme che essi facciano di tutto per chiudere il caso: un arresto fatto per far tacere le coscienze e coprire qualche pesce di più grosso.

Se come loro sostengono è stato solo un gesto isolato di un ragazzino psicolabile, come mai ancora oggi, dopo un mese dall’omicidio di don Santoro, numerose chiese, sacerdoti e religiosi vengono tenuti sotto stretta sorveglianza dalla polizia? Gli abitanti di Trabzon e la popolazione turca non sembrano molto interessati a questa questione. L’argomento non fa audience.

Domani la chiesa di santa Maria sarà riaperta e alla stessa ora di un mese fa, nel pomeriggio, sarà celebrata una semplice messa di suffragio. A celebrarla sarà p. Pierre Brunissen, il parroco della chiesa di Samsun – altra città turca sulla costa orientale del mar Nero – con un piccolo gruppo di cristiani e sotto presidio della polizia, visto che anche questo anziano sacerdote francese ha ricevuto più volte minacce telefoniche e “visite poco piacevoli” nella sua chiesa da parte di gruppo di giovani, l’ultimo dei quali giorni fa, urlando slogan minacciosi e strappando alcuni cartelli. La messa sarà un piccolo lumicino di fede e di speranza, che – nel segno del martirio di don Andrea – va oltre la paura e l’indifferenza.

Fonte: AntonioSocci.it

Print Friendly, PDF & Email