L’establishment di Bruxelles ha fretta di varare le sue disastrose politiche green, probabilmente per il timore che dal prossimo voto europeo la sinistra esca sconfitta e sia spedita all’opposizione.

Così, fra 11 e 12 luglio, arriva al Parlamento europeo la controversa Legge Natura che ha scatenato l’opposizione degli agricoltori, degli allevatori e dei pescatori, provocando pure la rottura fra Ppe e socialisti per i suoi contenuti estremisti.

La “Nature Restoration Law” è parte del Green Deal europeo e punta – nelle intenzioni della Commissione – a “ripristinare” quegli habitat animali e vegetali che sono stati “danneggiati” dalle attività umane e dai cambiamenti climatici.

L’idea appare discutibile se si considera – dati del 2020 – che negli ultimi trent’anni le foreste in Europa sono aumentate del 9 per cento.

In particolare la superficie verde è cresciuta in Italia: fra 2015 e 2020 abbiamo 320 mila ettari di foreste e aree boschive in più. Un incremento, nel quinquennio, del 2,9 per cento che è del 25 per cento negli ultimi trent’anni e del 75 per cento negli ultimi 80 anni (dati Sole 24 ore). Le foreste e le aree boschive oggi occupano in Italia 11,4 milioni di ettari (il 40 per cento della superficie nazionale). Secondo gli addetti ai lavori non abbiamo mai avuto così tanto verde da secoli.

Con questi dati perché andare a nuocere alle attività produttive con il pretesto di “ripristinare” la natura? Inoltre è del tutto discutibile l’idea che i “cambiamenti climatici” abbiano danneggiato la natura.

Intanto va ricordato che – secondo autorevoli scienziati – il cambiamento climatico in corso in realtà è minimo, non è un’emergenza e fa parte del costante mutamento fisiologico del clima, da quando esiste la terra. È anch’esso natura.

Ma prendendo per buona (e non lo è) l’ideologia politica dominante, secondo cui l’attuale riscaldamento è causato dall’uomo, dalle emissioni di CO2 (anidride carbonica) delle sue attività, non è vero che tale aumento della CO2 sia andato a detrimento della Natura.

Infatti proprio la CO2 è la prima causa dell’incremento delle foreste, perché l’anidride carbonica, che non è un inquinante ed è essenziale alla vita biologica degli uomini e degli animali, è anche alla base della vita vegetale.

Luigi Mariani, professore di agrometeorologia, scrive nel libro “Dialoghi sul clima” che è in corso “il fenomeno noto come global greening che indica il notevole aumento della produttività degli ecosistemi (agricoli e naturali)” e “alla base di questo fenomeno globale vi è l’aumento della concentrazione di CO2 atmosferica”.

Al contrario del diffuso catastrofismo mediatico sulla desertificazioneche incomberebbe sul mondo, Mariani sottolinea che “il global greening interessa gran parte del pianeta con un arretramento generalizzato dei deserti (sia deserti caldi delle latitudini tropicali sia quelli freddi delle latitudini più settentrionali)”.

Inoltre – come si è detto – la CO2 non causa solo l’incremento delle foreste, ma anche quello della produttività agricola.

Spiega Mariani: “l’aumento di CO2 rispetto alla fase preindustriale ha finora portato ad un aumento del 20-40 per cento della produzione agricola mondiale annua, il che è assai vantaggioso in termini di sicurezza alimentare globale”.

Dunque, al contrario di quanto si crede, Mariani rileva che “la più elevata disponibilità di CO2 sta dando luogo ad un arretramento generalizzato dei deserti e a un rinverdimento del pianeta”.

Inoltre, “in assenza del global greening guidato dalla CO2 si avrebbe una diminuzione rilevante della produzione agricola con impatti negativi significativi sulla sicurezza alimentare globale”. Si può quantificare “tale diminuzione nel 18 per cento della produzione agricola di mais, riso, frumento e soia in caso di ritorno della CO2 ai livelli preindustriali”.

I dati scientifici perciò ribaltano l’ideologia green della UE. Non solo la CO2 – che loro considerano alla base del riscaldamento globale – non danneggia la natura, ma la alimenta. E rende molto più produttival’agricoltura.

Peraltro Mariani spiega pure che “l’agricoltura è responsabile del 50 per cento circa dell’aumentato assorbimento di CO2, il che dimostra il ruolo ecosistemico essenziale dell’agricoltura”, quindi una politica razionale – anziché approvare la Legge Natura – dovrebbe, alcontrario, “rafforzare il ruolo dell’agricoltura come sistema per il governo del ciclo del carbonio”.

Occorre “più attività umana”, non meno. Purtroppo alla base delle politichegreen della UE non ci sono dati scientifici, ma c’è l’ideologia secondo cui l’uomo è il cancro del pianeta e la Natura sarebbe un meraviglioso giardino dell’Eden se non fosse devastata dagli uomini.

Questo banale mito romantico dimentica che la natura è sì bella, ma anche feroce, come si può osservare nel mondo animale (dove il più forte sbrana il debole), e devastante come dimostra il fatto che è la natura stessa a distruggere se stessa: per esempio con i vulcani, i terremoti, le inondazioni, i fenomeni atmosferici, ma anche i microrganismi patogeni.

L’uomo è parte della natura, come gli altri esseri viventi, e per migliaia di anni ha avuto una vita durissima per la sua fragilità fisica, soccombendo per caldo, freddo, fatica, malattie, animali, fame e sete. E’ stato per millenni sovrastato dalla natura, vivendo poco e male.

Appena ieri (meno di 100 anni fa), con l’ingegno e il lavoro, è riuscito a conquistare condizioni di vita migliori, a vincere fatica disumana, caldo, freddo, malattia e fame. Vivendo di più.

Ricavando, fra l’altro, dal creato prodotti alimentari che – per quantità e qualità – neanche esistevano “in natura” e prendendosi cura della natura stessa, limitandone le devastazioni e trasformandola in un giardino: quelli che noi oggi godiamo come “bei paesaggi” in realtà sono creazioni – insieme – della natura e dell’uomo stesso.

Lavoro e progresso tecnico dell’uomo non sono nemici della Natura, ma suoi alleati. Con le politiche green della UE torneremmo indietro, con un grave danno nostro e della natura stessa.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 10 luglio 2023

 

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