D’improvviso l’Italia radical-chic e post-comunista dell’estate 2019 si risvegliò filo democristiana.Tutti pazzi per la vecchia Dc. Tutti deliziati e incantati davanti alle foto di Alcide De Gasperi in vacanza in Valsugana eAldo Moro in giacca e cravatta sulla spiaggia di Terracina.

Che stile, che senso delle istituzioni, che sobrietà, che dignità, che “gravitas”. Elogi sperticati. Sono passati da “non vogliamo morire democristiani” a “che statisti quei democristiani”.

La “miracolosa” conversione è dovuta – come al solito – a Matteo Salvini, o meglio alle immagini di Salvini al mare a torso nudo.

Poco importa se da decenni tutti i politici vanno sulla spiaggia in costume come lui: ieri lo ha mostrato la galleria fotografica di “Libero” e perfino “Il Fatto quotidiano” ha ripubblicato foto di politici progressisti in costume (da Napolitano a Rutelli a Fassino) irridendo il “Corriere della sera” per il quale “Salvini è il primo politico a torso nudo al mare”.

Il giornale di Marco Travaglio ha scritto: “Contro il salvinismo va senza dubbio condotta una severa battaglia politica, culturale, antropologica, scientifica, estetica, filosofica, persino militare. Però c’è un limite. Intestargli pure la ‘mutazione antropologica di noi italiani’ come ha fatto ieri il ‘Corriere della sera’, per via della storia di lui a torso nudo a fare il dj al Papeete è un po’ troppo. Soprattutto se si risale alla famosa foto di Aldo Moro in giacca, cravatta mocassini e calzini sulla spiaggia di Terracina”.

Oltretutto non è affatto vero che quella fosse la tenuta abituale di Moro al mare. C’è chi – come Guido Crosetto – ha pubblicato una sua foto sulla spiaggia vestito come tutti, in pantaloncini corti, ciabatte e camicia estiva sbottonata. Crosetto ha così commentato quell’immagine: “Giusto per ricordare che anche Moro era un uomo. Per questo era grande, perché poi, quando finiva la vacanza, sapeva essere tornare ad essere uno statista”.

Ma ciò che colpisce è la riabilitazione postuma dei democristiani (del resto a Sinistra stanno riabilitando perfino Berlusconi, come campione di stile, per attaccare il “volgare” Salvini).

De Gasperi in vacanza in Valsugana è stato osannato per il suo stile dignitoso come se – nella vita – non avesse fatto niente di più importante che indossare quel vestito severo.

Si potrebbero ricordare decenni di disprezzo e di virulenza verbale e ideologica dei comunisti nei confronti dei democristiani e in particolare di De Gasperi, a cominciare da quando – per le elezioni del 1948 – Togliatti  in un celebre comizio urlò: Voglio comprarmi un paio di scarponi chiodati per dare un calcio nel sedere a De Gasperi” (immaginate se oggi fosse Salvini a esprimersi così verso Zingaretti o Renzi o verso la Commissione europea…).

Altro che stima e ammirazione per lo statista democristiano. Nemmeno in privato (dopo la morte) ne aveva.

Nell’agosto 1954, sei giorni dopo il decesso di De Gasperi, ai cui funerali Togliatti scrisse di non voler andare per non essere ipocrita, in una lettera al compagno Fausto Gullo (poi pubblicata da “Critica marxista” ) formulava giudizi duri e malevoli verso il leader Dc che lo aveva battuto alle elezioni salvando l’Italia dal comunismo.

Il capo comunista gli rimproverava le “dichiarazioni volgari, vergognose” a suo tempo “fatte da De Gasperi per la morte di Stalin”. In realtà De Gasperi non aveva pronunciato nessuna vergognosa volgarità, ma certo non poteva applaudire il sanguinario e crudele tiranno sovietico di cui Togliatti era sempre stato un devoto tanto da far uscire sull’ “Unità” questo incredibile titolo: “Stalin è morto. Gloria eterna all’uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso dell’umanità”.

In quella lettera il capo del Pci scriveva che le polemiche di De Gasperi “avevano sempre qualcosa di torbido e di ottuso ”, parevano mosse “non da una passione grande, ma da una cattiva piccineria ”.

Ovviamente non è vero niente e la “cattiva piccineria” sembra proprio quella di Togliatti. In quella lettera arrivava perfino ad attaccare De Gasperi sulla sua religiosità, esprimendo la “convinzione che sia la religione che renda gli uomini cattivi, perché li spinge a giudizi e condanne assoluti, privi di comprensione per la coscienza e la causa degli altri. Forse è la religione nel modo che De Gasperi la intendeva” (come si vede già allora la Sinistra – che professava l’ateismo marxista – pretendeva di spiegare ai cattolici come dovevano vivere la fede ).

Oltre al malanimo dei comunisti verso i democristiani c’erano poi la stampa radical-chic e gli intellettuali che guardavano dall’alto in basso (e con sarcasmo) i politici democristiani. Non solo gli Scalfari, ma anche i più moderati. Marco Follini, in un suo libro sulla Dc, riportava due significative pagine.

Una di Enzo Forcella:

“Il primo impatto con i cattolico-democristiani provocò una reazione di sorpresa e di incredulità. Sapevamo qualcosa del liberalismo, del socialismo, dell’azionismo; non sapevamo assolutamente nulla di questi uomini che si presentavano all’insegna piuttosto buffa dello scudo crociato, cantavano Biancofiore, andavano a messa tutti i giorni e citavano in continuazione le encicliche e i messaggi papali […] Più propriamente, non immaginavamo neppure che potessero esistere”.

La seconda di Pietro Citati:

“Chi era ragazzo negli anni tra il 1945 e il 1948 vide improvvisamente apparire alla luce una razza che non aveva mai conosciuto: i democristiani. Fino ad allora, avevano condotto una vita nascosta attorno agli arcivescovadi, le sacrestie, le scuole e le associazioni cattoliche; e sembravano stupefatti di comparire ai raggi del sole. Della loro lunga esistenza segreta conservavano una specie di profumo: quel profumo di tisane, sonno, sudore, borotalco e marmellata di prugne, che intride gli ambienti ecclesiastici”.

Follini commenta: “È evidente che queste rappresentazioni del mondo democristiano erano un po’ caricaturali”.
Con il tempo poi gli attacchi della Sinistra e della stampa radical-chic allo “stile democristiano” si feceromolto più drastici. Basti pensare agli anni di Fanfani, per finire poi con la triste vicenda di “Mani pulite” che affondò i partiti democratici.

Ultimamente per qualcuno “democristiano” è diventato quasi un insulto. E addirittura in una polemica calcistica, finita in querela, è stato il giudice di un tribunale a dover sentenziare che dare del democristiano a qualcuno non è reato, non è diffamazione.

Oggi di colpo i democristiani sono riabilitati (almeno per qualche giorno) come campioni di stile e come grandi statisti. Tutto fa brodo contro Salvini.

Per la Sinistra i democristiani buoni sono quelli che non ci sono più o quelli che si arruolano nelle loro file “illuminate”.

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 7 agosto 2019