Dei nostri due santi patroni d’Italia, il primo – Francesco d’Assisi – è popolarissimo. Mentre Caterina da Siena (che si festeggia proprio oggi) è pressoché sconosciuta a tutti. Eppure avrebbe delle  caratteristiche straordinariamente “moderne”.

RIVOLUZIONARIA

Si tratta infatti di una delle poche donne che fu protagonista del suo tempo al punto che perfino dei papi – oltreché degli uomini di Stato – furono influenzati dal suo carisma, dalla sua personalità.

Ma non era solo una donna: era una giovane donna (è morta a soli trentatré anni), oltretutto non di famiglia nobile o ricca, ma figlia del popolo (il padre era tintore), che – suo malgrado – si troverà a viaggiare per le sue missioni addirittura fino ad Avignone, cosa questa assai mal vista per una ragazza e che la esporrà a mille pettegolezzi maligni. Per di più era (inizialmente) analfabeta ed è stupefacente che la Chiesa in seguito l’abbia proclamata addirittura “Dottore della Chiesa” per la sua sapienza teologica e mistica.

In pratica una giovane ragazza del popolo, con straordinari doni soprannaturali, che – sebbene appassionata solo alla fede in Cristo e alla carità (amava servire giorno e notte i malati nell’antico ospedale della sua Siena) – si è trovata a incidere nella vita del suo tempo, tanto quella della Chiesa (in quegli anni provatissima dalla lunga “cattività avignonese” del papato) quanto quella di città e regni.

Potremmo aggiungere che ebbe la “modernità” di un forte temperamento con cui fin da adolescente impose la sua scelta di vita alla famiglia.

Massimo Roncoroni in “Caterina da Siena e l’intelletto d’amore” (Fede e cultura) ricorda che “a quindici anni, per sbaragliare una volta per tutte i progetti dei suoi su di lei… si rade a zero i ‘bellissimi’ capelli, facendosi, come Chiara d’Assisi, ‘fanciulla tonduta’, sottratta alla vanità dell’esistenza mondana e, così, tutta per Dio. Gesto, questo, da lei compiuto proprio nel giorno del programmato fidanzamento ufficiale, combinato dai familiari”.

ANIMA ITALIANA

La vivace bellezza delle sue lettere a papi, cardinali e re ha poi fatto epoca (“ahi stolti, degni di mille morti!” scrive ad alcuni porporati, “come ciechi non vedete il mal vostro: e venuti sete a tanta confusione, che voi stessi vi fate menzogneri e idolatri!”).

“Mario Apollonio, studioso insigne di letteratura” scrive Roncoroni “osserva che il suo essere tutta senese rende Caterina partecipe delle forme, uniche e singolari, del modo di vivere, pensare, parlare e dire di quella città. Il vernacolo originario senese, linguisticamente diverso dal fiorentino, è segnato infatti da una irrequietezza, appassionata sino all’intelligenza delle cose tutte, ‘che continuamente rilutta allo scaltro intellettualismo dei vicini di Firenze’, concretandosi in ‘un desiderio d’esperienze estreme perseguite con repentini slanci seguiti da subiti abbandoni alla dolcezza della melanconia’, con ‘un’attenzione vivacissima al particolare e un’ebrezza spirituale che trabocca nell’indefinito’”.

Sorprendenti e molto significative – sottolinea Roncoroni – le pagine che a Caterina dedica Francesco De Sanctis nella sua “Storia della letteratura italiana” fondamentale opera ideologica e politica dell’Italia risorgimentale.

Il laico De Sanctis pare affascinato da Caterina e “la assume a punto di riferimento, insieme con Dante, della nazione italiana, quanto a identità e tradizione culturale di natura linguistica e letteraria, etica, politica e religiosa”. Per De Sanctis le sue Lettere sono “il codice d’amore della cristianità”.

 

 

Antonio Socci

Da “Libero”, 29 aprile 2022

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